I frutti avvelenati dei fondamentalisti del DDL Zan
La legge Zan non ha una maggioranza in parlamento, come era abbastanza evidente da tempo.
Ci sono proposte molto ragionevoli di emendamento, che eliminano le criticità già segnalate da molti: lo sproloquio filosofico iniziale sull’identità di genere, l’uscita incostituzionale (e scritta con i piedi) dell’art.4, l’indottrinamento obbligatorio nelle scuole.
Resterebbe in piedi la sostanza della legge, cioè l’aggravante prevista per leggi già esistenti (nel nostro ordinamento non è possibile picchiare una persona impunemente, e non è certo la legge Zan a sancirlo). Si obietta che questo “snaturerebbe la legge” ed è perciò da respingere con sdegno.
Atteggiamento rivelatore, che fa intendere come il vero intento della legge non sia tutelare una minoranza, ma perseguire penalmente le opinioni contrarie all’ideologia e alla prassi dei gruppi promotori.
Di fatto è entrata in gioco, per la prima volta, la messa in discussione di libertà di opinione e di espressione, riconosciute “legittime” ma sottoposte al giudizio aleatorio di possibilità di istigare comportamenti violenti non si sa bene decisa da chi.
Era questa la vera questione centrale, che non mi pare sia stata riconosciuta come tale da un dibattito che si è soffermato su problemi rilevanti ma secondari.
E’ abbastanza incredibile l’atteggiamento del PD che ha rifiutato qualunque mediazione e si è voluto legare mani e piedi alla lobby più arrogante e strampalata tra quelle prodotte dal delirio di onnipotenza della sinistra liberal.
La cosa si risolverà probabilmente con un nulla di fatto, ma resteranno i frutti avvelenati di questa lunga campagna illiberale, di cui le squallide delazioni su Facebook sono solo una manifestazione fra le tante.