I media italiani e la normalizzazione di un massacro
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di Paolo Desogus*
Mi pare che la furia censoria sull'opera di distruzione e sterminio di Israele ai danni dei palestinesi sia nettamente calata. Sui giornali capita di imbattersi sempre più di frequente in articoli che descrivono lo stato di caos e morte a Gaza. Non di rado vengono anche riportate le parole degli inviati dell'ONU (recentemente ricacciati via da Israele), i quali non hanno esitato ad impiegare espressioni come "inferno" e "catastrofe".
Con questa osservazione non voglio dire che la stampa italiana sia improvvisamente diventata democratica e rispettosa della professione giornalistica. Quello che mi pare di avvertire è un processo di normalizzazione dell'orrore. La distruzione di Gaza è presentata come un fatto "naturale". La risposta dell'esercito israeliano e la sua profonda brutalità vengono presentati non come scelte politiche ma come conseguenze inevitabili, esiti della fiumana di progresso che ci sospinge in avanti.
Le cifre sui civili (16mila morti di cui due terzi composti di donne e bambini) non dicono nulla. Così come non dicono nulla le statistiche (l'80% degli edifici a Gaza distrutti dai bombardamenti). Sono numeri vuoti che non sollecitano alcuna risposta politica o anche solo emotiva. Si direbbe addirittura che l'indignazione e la presa di posizione politica siano dipendenti dagli indirizzi mediatici o identitari. Si sta in altre parole verificando una sorta di desistenza politica, una chiusura egoistica che limita l'attenzione a quei casi di cronaca che interferiscono con gli stili di vita secondo gli imperativi woke. L'estetica si è sostituita alla politica.
*Post Facebook del 11 dicembre 2023