I racconti dell’orrore dei prigionieri palestinesi liberati
di InfoPal - Di Angela Lano. Hanno collaborato: Jinan Hannoun, Mahmoud Hannoun, Falastin Dawoud.
Hanno scolpito in volto l’orrore a cui sono stati sottoposti nelle carceri dell’occupazione coloniale israeliana per anni, alcuni per decenni, e, in particolare, dal 2023 in poi, cioè dall’operazione della resistenza palestinese Al-Aqsa Flood.
Un gruppo di circa 30 ex prigionieri si trova attualmente in Turchia – uno dei luoghi di deportazione, oltre a Indonesia, Malesia e altri Paesi, in cui sono costretti a vivere, per volere di Israele, a cui non basta arrestarli, privarli della libertà, torturarli, stuprarli, farli ammalare e quant’altro, ma deve anche separarli dalle loro famiglie e dalla loro terra.
Dei suoi 41 anni, Haitham Ismail al-Battat ne ha passati 20 in varie prigioni israeliane. E’ di Hebron/al-Khalil, nella Cisgiordania occupata, ed è stato liberato pochi mesi fa, nell’accordo di scambio di prigionieri tra Israele e la Resistenza palestinese che ha portato al cessate il fuoco durato due mesi e poi violato e interrotto dal regime di Tel Aviv.
Torture, stupri e abusi di ogni genere nelle carceri del regime sionista.
I suoi occhi esprimono l’orrore di cui è stato vittima e testimone: “E’ difficile spiegare questo dolore… – inizia a raccontare – Israele non ha tralasciato alcun tipo di tortura contro di noi. Le violenze sono continue, giornaliere, ininterrotte. Basta niente per essere ammazzati di botte dai secondini israeliani: un gesto, un vestito in più, tra i pochi permessi, un avvenimento esterno al carcere che coinvolge Hamas, un errore di un altro prigioniero, una richiesta… Tutto è motivo di violenza bestiale che si abbatte sui prigionieri. Io ho passato sei mesi senza poter prendere una boccata di aria. E poi, anche quando si esce, si viene picchiati. Picchiano per tutto. Chi si ammala di qualche patologia o infezione contagiosa, oltre a non essere curato, viene spostato nelle altre celle, in modo da infettare anche gli altri carcerati… Sono perpetrati abusi di ogni tipo”.
“La situazione dei prigionieri è orribile – gli fa eco Ahmad Abu Awwad, di Jenin, 42 anni, di cui 22 passati nelle carceri sioniste -. Non ci sono parole per raccontarla… Siamo molto preoccupati per i nostri fratelli lasciati lì. Le prigioni israeliane sono come Guantanamo, Abu Ghreib, Aushwitz: i carcerieri israeliani commettono violenze estreme, indescrivibili. Quando uno entra in prigione gli fanno la “festa”: maltrattamenti di ogni tipo e gli tolgono tutto. C’è chi esce con problemi fisici, chi con problemi psichici… Ci fanno indossare tute sporche, utilizzate da decine di altri detenuti, così le malattie della pelle si diffondono… In celle di 3 metri per sette ci sono in genere 18 prigionieri; un materasso è diviso per 4 persone… Sono materassi pieni di batteri e dove i carcerieri urinano sopra come forma di tortura ulteriore. Ci viene negato il diritto all’acqua, alla doccia, al cambio di vestiti – io sono stato mesi con gli stessi indumenti sporchi. Non possiamo tenere prodotti di igiene e pulizia, neanche lo shampoo per i capelli… Se ci si lamenta per un dolore o un problema di salute, arrivano e picchiano”.
Donne prigioniere torturate e abusate sessualmente.
“La situazione carceraria delle prigioniere è ancora peggiore – spiega Haitham -. Non hanno accesso a nessun materiale igienico-sanitario. Vengono spogliate e costrette a indossare tute sporche. Subiscono maltrattamenti e abusi sessuali”.
La politica della fame presa dai Nazisti.
Continua Ahmad: “Un pezzo di pane, un peperone, vengono divisi per tutti i prigionieri nella cella. Al sabato danno dalle 13 alle 17 olive per tutti, 250 ml di liquidi (non sappiamo neanche cosa sia); quattro uova alla settimana, riso scotto, mezzo cetriolo… Ci affamano. C’è chi ha perso 30 kg, chi 50. Si diventa come degli scheletri. Fanno come i nazisti con i prigionieri nei campi di concentramento. Dopo il 7 di ottobre 2023, la situazione è peggiorata in modo drastico. Anche il pregare o il leggere il Corano è motivo di violenza folle, di morte. I prigionieri di Gaza e quelli di Jenin sono trattati con ancora più crudeltà”.
Missing, scomparsi nel nulla…, come nelle dittature latino-americane.
“Uccidono tutti i giorni – spiegano Haitham e Ahmad -, mettono i cadaveri nei carretti e poi in sacchi neri, che finiscono chissà dove. Ci sono tanti prigionieri spariti nel nulla. E’ negata la comunicazione sulle persone scomparse. Quando muoiono, spesso non si sa più nulla del loro destino. Davvero peggio che i nazisti o a Guantanamo. Ci sono prigionieri che sono legati mani e piedi tutto il giorno e non riescono neanche ad andare in bagno. Gli stupri sono sistematici, 24 ore al giorno, con cani, con bastoni, con carote, con qualsiasi cosa. Filmano questi abusi. Nel carcere del Naqab (Negev) sono soliti stuprare i prigionieri anche con i cani e le soldatesse filmano… Ci trattano peggio che gli animali”…

Continua…
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