I terroristi che controllano Aleppo diventano per i media "ribelli"

Per ora l'avanzata dei jihadisti è stata bloccata. L'Iran si è mosso, sostenendo Assad con le milizie sciite. Il ministro degli Esteri di Teheran si reca ad Ankara

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I terroristi che controllano Aleppo diventano per i media "ribelli"



PICCOLE NOTE


I terroristi di Tharir al-Sham, leggi al Qaeda, dopo la fiammata iniziale che li ha portati a prendere il controllo di gran parte di Aleppo (o tutta, le informazioni sono contradditorie), la seconda città siriana e la più importante per l’attività commerciale, sono stati fermati dalle forze siriane sostenute dall’aviazione russa.

Simpatico, o forse no, che in tutto l’Occidente si parli di questi tagliagole come ribelli, nonostante ieri sia stato addirittura il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa Sean Savett a ricordare che si tratta di “un’organizzazione terrorista”, come tale classificata nel libro nero degli Stati Uniti.

Potenza delle narrazioni dettate dall’interesse. Si ricordi, ad esempio, come l’impegno delle forze Usa nel Shael si diceva che fosse diretto contro le organizzazioni terroriste che l’insanguinavano. Dopo il ritiro delle forze Usa dalla regione, cacciate dai governi che hanno esautorato i vecchi padroni legati all’Occidente, i miliziani di tali organizzazioni sono stati identificati magicamente come “ribelli”.

Nel caso siriano, però, la sfortunata modulazione lessicale assume un connotato ancora più stralunato, dal momento che tanti dei terroristi che hanno insanguinato l’Europa in anni recenti, falciando la vita di migliaia di cittadini innocenti, provenivano dalle fila dei cosiddetti ribelli siriani.

Se al tempo della guerra siriana si poteva fraintendere la connotazione terroristica dei cosiddetti oppositori di Assad, perché la stagione delle stragi fu successiva, dopo tali eccidi il ritorno all’antica narrazione appare di più ardua giustificazione.

Gli Stati Uniti non sono sorpresi…

Per stare alla cronaca dello scontro in atto in Siria, nella nota precedente abbiamo fatto il quadro della situazione, inutile ripetersi. Di certo interesse, le dichiarazioni del Consigliere per la Sicurezza Usa Jake Sullivan, il quale ha affermato di non essere affatto sorpreso di quando avvenuto, dal momento che i sostenitori di Assad, Russia, Iran ed Hezbollah, erano “distratti e indeboliti”.

La mancanza di sorpresa si spiega forse anche con la potenza di fuoco che ha contraddistinto l’attacco di Tharir al-Sham, che si è avvalso di veicoli corazzati, lanciamissili e altri armamenti pesanti. Qualcuno deve pure averglieli forniti. Ma, ovviamente, gli Usa hanno negato qualsiasi rapporto, non potendo dichiarare pubblicamente di sostenere un’organizzazione terrorista.

Esaurita la fiammata iniziale dei terroristi, l’Iran si è mosso per sostenere l’alleato regionale: il ministro degli Esteri Abbas Araqchi si è recato a Damasco per poi dirigersi in Turchia, che conserva stretti rapporti con i terroristi che imperversano in Siria.

Come spiegato nella nota precedente, Ankara è uno dei protagonisti del ritorno della guerra siriana, ma è un antagonista con il quale Teheran (e la Russia) può trattare. Stati Uniti e Israele sono interessati a destabilizzare in via permanente la Siria in funzione anti-iraniana, un obiettivo che contrasta con quello di Erdogan, che vuole ampliare la sua influenza nella regione e teme la destabilizzazione permanente ai suoi confini perché potrebbe facilmente varcarli (ne accenna un articolo di Strana).

 

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L’Iran non si è mosso solo a livello diplomatico: come accennato da Araqchi, sta fornendo supporto alle milizie sciite irachene corse in aiuto di Assad, anche se tale iniziativa è contrastata di Stati Uniti e Israele.

Secondo Gianluca de Feo, che ne scrive su Repubblica, gli Usa avrebbero bombardato tali milizie, mentre Israele ha dichiarato di aver bombardato una base di Hezbollah in Siria. Secondo Tel Aviv tale operazione era diretta a impedire il transito di armi iraniane verso il Libano, ma sembra molto più probabile che voglia impedire a Hezbollah di aiutare le forze di Assad, dal momento che furono proprio le forze del partito di Dio a salvare la Siria prima dell’arrivo dei russi.

Siria, gli Usa attaccano gli alleati di Damasco che combattono i jihadisti


Il ritorno del regime-change siriano

Torna a ruggire, dunque il regime change siriano, che sembrava ormai un qualcosa appartenente al passato. E torna con le manipolazioni che hanno accompagnato il lungo conflitto pregresso, con l’Osservatorio dei diritti umani, uno strano organismo al quale lavora un singolo individuo ed è finanziato dal governo britannico, pronto a denunciare asseriti crimini di siriani e russi, al di là della loro veridicità o meno, e a obliare i tanti commessi dai terroristi de’ noantri. E sono tornati i Caschi bianchi, un’organismo per la protezione civile privata, fondata da un ex funzionario dell’intelligence britannica, che ha svolto un’analoga funzione.

La Storia dell'Osservatorio siriano dei diritti umani

Un déjà vu che però si ripresenta in un contesto geopolitico del tutto nuovo. Assad  è stato ricompreso nell’ecumene araba dopo esserne stato scacciato allora, così che tanti leader arabi si sono precipitati a esprimergli la propria vicinanza in questa difficile temperie.

Inoltre, si sono consumati gli orrori di Gaza, che rendono tale solidarietà meno di facciata, anche perché gli attuali regnanti del mondo arabo temono che il progetto di rimodellare il Medio oriente, che passa per la destabilizzazione siriana e che nella Striscia ha mostrato il suo vero volto, prima o poi travolga anch’essi.

Nell’equazione siriana gioca poi un ruolo non secondario la variabile curda, con le forze democratiche siriane, che rispondono agli Stati Uniti, che hanno nelle milizie filo-turche i loro nemici naturali. Secondo Strana potrebbero scendere in campo a fianco di Assad. Difficile, dati i legami con gli Usa, ma non impossibile. Per ora si stanno confrontando in via separata con i terroristi, spendendosi solo per la minoranza curda di Aleppo e delle aree limitrofe (al Arabya).

Tale variabile segnala quanto è profondo il caos siriano generato dal tentativo di regime-change del 2011, tanto applaudito dai media mainstream e aggravato dalle pesantissime sanzioni che gravano sulla Siria, cioè sul suo popolo, da oltre un decennio, non interrotte neanche dopo il terribile terremoto che l’ha devastata.

Kurdish-led force in Syria says seeking to evacuate Kurds from Aleppo

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