Il funerale dell'Unione Europea
di Andrea Balloni*
Passati alcuni giorni dalla manifestazione per l'Europa di sabato scorso a Roma, oggi, a palle ferme, a cosa abbiamo assistito?
Per un paio di giorni non l’ho capito, sono rimasto basito e attonito a guardare le immagini di quella piazza e ad ascoltare alcuni degli interventi, ma non capivo: vedevo un’esplosione di isteria collettiva incomprensibile e mi domandavo che senso avesse avuto una manifestazione del genere; quando mai si è visto manifestare per qualcosa e non contro qualcosa, se non tornando con la memoria alle grandi adunate di regime? ma non mi sembrava questo il caso di simpatie nostalgiche, c’era qualcosa di più.
Come ce le porti in piazza cinquantamila persone oggi, se non per manifestare contro qualcosa che chi manifesta ritiene un sopruso? Ma in Italia le istituzioni erano tutte dalla parte della piazza, tutte o quasi le forze politiche rappresentate in parlamento, il governo e le opposizioni, non solo aderivano alla manifestazione, ma avevano già dato il via libera in Europa al piano di riarmo cui tenevano tanto gli organizzatori.
Dunque perché una manifestazione del genere e non una bella festa?
Avrebbero potuto organizzare un rave party di massa e offrire birra e bamba a tutti e avrebbero fatto il pienone.
Allora perché quelle facce scure?
Poi, piano piano, ho rimesso insieme dati, conoscenze, la storia, i miei studi e le idee mi si sono chiarite: è stato un funerale.
Un funerale di Stato e in grandissimo stile, come si conveniva all’illustrissimo estinto, celebrato da uno stuolo di sacerdoti vestiti per l’occasione con tutti i lustrini del caso.
Hanno messo insieme un popolo plaudente al passaggio della bara, le prefiche, gente che si strappava i capelli e chi imprecava contro fantomatici nemici: una marea di casi umani in preda a crisi isteriche di ogni sorta. La fiera della psicopatia di massa, roba che se Freud fosse passato di là per caso, sarebbe stato sconvolto dal constatare quanto lavoro di tassonomia dei fenomeni ancora gli restasse da fare.
Cosa dire di Vecchioni e di Guccini, dopo aver raccolto la mandibola caduta inevitabilmente a terra?
Può bastare un senile rincoglionimento a giustificare il loro essersi voluti unire a una talmente mirabile assemblea di liberisti, globalisti, militaristi e servi? può bastare a restituirci una chiave di lettura, anche solo in senso psicoterapeutico, delle parole di questi due storici rappresentanti in arte del pensiero sociale della sinistra italiana? a giustificare il rinnovo, sconclusionato nei contenuti, del concetto di superiorità europea, del concetto borrelliano che il resto del mondo è un Giungla?
E nei partecipanti all’evento, badate, non vi era niente di ipocrita o di falso: erano tutti sinceramente toccati dalla tragedia; tutti sinceramente sconvolti, dopo quarant’anni di propaganda, dal lutto improvviso.
Abbiamo assistito dunque a un funerale, al grandioso atto conclusivo di una tragedia immane: la morte dell’Occidente, la morte dell’idea di monopolarismo culturale, economico e politico, la morte dell’Unione Europea; la fine di un mondo che paradossalmente testimoniano a sè stessi e agli altri gli illustri menzionati manifestanti, proprio con la loro presenza in quella stessa piazza, al fianco di Calenda e sotto le insegne ucraine, attraverso lo spaesamento politico e culturale che traspariva sul volto di ognuno di loro: è finita, datevi pace.
Abbiamo guardato la disperazione di masse di privilegiati che sentono ormai suonare il filo della lama della ghigliottina che temono reciderà il cordone che li unisce alla placenta che li nutre da quarant’anni.
Coraggio, compagni, ora si tratta solo di elaborare il lutto e ricominciare a cantare. Io però non so se vi guarderò più con gli stessi occhi, se vi ascolterò più con le stesse orecchie...
*Laureato in Lettere e Filosofia, è attualmente dipendente della Regione Toscana, dove si occupa di politiche del lavoro