A Bruxelles non si arrendono alla pace: come l'UE potrebbe far continuare il conflitto in Ucraina
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
“L'unica pace è la vittoria di Kiev”; l'importante è “non umiliare i futuri sconfitti”, in riferimento alla Russia, anche se i termini più in voga riguardo a Mosca sono sempre stati «punire»» e «costringere»; e via di questo passo. Quante ne hanno dette e quanto a lungo le hanno ripetute. E anche oggi, il Ministero degli esteri tedesco non trova di meglio che dichiarare che i «nostri obiettivi comuni devono essere quelli di mettere l'Ucraina in una posizione di forza», cioè di continuare la guerra a tempo indefinito, mentre i Ministri degli esteri di Germania, Francia, Polonia, Italia, Spagna, Gran Bretagna e UE insistono sul fatto che «Ucraina e Europa devono esser parte di qualsiasi negoziato».
Oggi si riempiono la bocca con i “negoziati”, mentre aizzano Kiev a colpire il sarcofago di Cernobyl, secondo uno scenario ormai consolidato tra i nazisti di Kiev. Pretendono di esser parte dei negoziati: certo; come no. Hanno abbaiato per tre anni (parevano avere le corde vocali anchilosate, dal 2014 al 2022, quando Kiev bombardava e massacrava i civili in Donbass) e, nonostante tutto, continuano a farlo tuttora; non smettono di latrare sulla necessità di armare a più non posso i nazigolpisti di Kiev, perché, hanno detto, “l'unica garanzia è la sconfitta della Russia” e dunque si devono mandare missili a lungo raggio per colpire Mosca.
Lo stanno ripetendo anche in queste ore, coi giornalacci italici che fanno da cassa di risonanza ai nazigolpisti di Kiev: oggi tocca a Mikhail Podoljak, consigliori di Zelenskij, dire che Kiev vuol «porre fine alla guerra in modo equo per un lungo periodo» e, per questo, dice all’Europa che «l’investimento in Ucraina è un investimento sulla propria sicurezza e va aumentato. Mi attendo più integrazione europea, maggiori sforzi per la difesa comune, più iniziativa, più cooperazione bellica con l’Ucraina». E, per non dirlo direttamente – perché, oltre che bellicisti, i media di regime sono altamente ipocriti – fanno dire agli altri, cioè al ras Podoljak, che di «Putin non ci si può fidare perché altrimenti si è visti come un avversario debole, schiacciabile, e si finisce per fare il gioco russo». Dunque, europei, dice il nazigolpista, non accontentatevi di trattative, perché «Le garanzie di sicurezza non devono essere documenti legali, ma azioni concrete, come basi con un gran numero di missili di una certa gittata e con obiettivi specificati sul territorio della Russia e la presenza dell’Ucraina in varie alleanze militari». Ancora oggi i golpisti chiedono «Missili che raggiungano Mosca» e i media bellicisti fanno loro da portavoce.
Hanno ringhiato per tre anni di volere la guerra, anche se, dagli ipocriti che sono, hanno continuato a proclamare che stavano “operando per la pace”, mettendo alla fame milioni e milioni di masse popolari europee per armare i nazisti di Kiev, togliendo a operai e lavoratori ogni residuo di stato sociale per sanità, pensioni, assistenza sociale. Hanno voluto la guerra: sin da quella truffa bellicista definita “accordi di Minsk” nel 2014 e 2015; l'hanno fomentata, per ubbidire ai dettami della Casa Bianca; l'hanno alimentata, alzando anno dopo anno le spese di guerra per rimpolpare i profitti dei complessi militari-industriali: tutti d'accordo, Verdi e socialdemocratici “europeisti”, fascisti dichiarati e liberali, socialfascisti che aizzavano la folla di majdan nel 2014 e che poi, per dieci anni, da via Sant'Andrea delle Fratte, hanno inneggiato alla “democrazia” del regime golpista di Kiev. Non hanno pensato ad altro che alla guerra e a come farla durare il più a lungo possibile, perché questi erano gli ordini che arrivavano da Washington: più la guerra va avanti, più la Russia si impoverisce e più gli USA ne saranno avvantaggiati nella loro competizione con l'altro stato canaglia, la Cina, dicevano da oltreoceano e ripetevano servilmente a Bruxelles. Hanno avuto in mente solo la guerra. E ora? Ora che si è aperto un piccolo spiraglio, fragilissimo e per molti aspetti dubbio, ma pur sempre una minima speranza di metter fine al massacro di centinaia di migliaia di vite, cui hanno contribuito scientemente e barbaramente, mentre mettevano occhi e mani su un territorio da cui aspiravano a portar via ricchezze mentre dura la guerra e su cui ambiscono a volare come avvoltoi quando verrà il momento della ricostruzione, ecco che ora si inginocchiano al confessionale e chiedono gesuiticamente che «Ucraina e Europa devono esser parte di qualsiasi negoziato».
La risposta più appropriata e l'illustrazione più puntuale di come stiano, ora, le cose, viene dal politologo ucraino Kost Bondarenko, secondo cui il colloquio tra Trump e Putin ha riguardato i reali interessi delle parti, mentre nella conversazione con Zelenskij, molto probabilmente, «la parte americana ha comunicato alla parte ucraina che “ci siamo consultati e ho deciso”». È così per Zelenskij; ma ci auguriamo che sia così anche per quei lacchè sciocchi e bellicisti delle cancellerie europee. Per ora, il presidente yankee li ha semplicemente ignorati.
Ma Bondarenko guarda anche un po' oltre e ipotizza che Trump e Putin potrebbero accordarsi su determinati punti, mentre i paesi europei potrebbero benissimo suggerire a mezza voce a Zelenskij qualcosa del tipo “non badare a loro, meglio continuare la guerra, nonostante tutto...” e cercare di convincere Kiev a combattere fino a quando in USA i democratici non prenderanno la rivincita.
Non era vero prima e non lo è nemmeno ora che i tagliagole di Bruxelles, Londra, Parigi, Roma, Berlino o Varsavia intendano “operare per la pace”; nient'affatto. Sono solo spaventati dal dover sborsare sempre di più per armare i nazisti di Kiev, se e quando, davvero, Washington chiuderà i rubinetti. Se ne infischiano del fatto che ancora una nuova generazione di giovani ucraini venga mandata al macello per la bramosia UE e lo zelo di Vladimir Zelenskij di continuare la guerra: i ras della junta continuano ad abbassare l'età di leva per la mobilitazione e, a corto come sono di armi, pensano di rimpiazzarle con carne da cannone ucraina che, per le “democrazie” europee, ha il solo valore di poter ritardare l'invio al fronte di carne propria.
Vogliono che si riservi loro un posto alle trattative per il cessate il fuoco, quando, per dieci anni, non hanno fatto altro che rinfocolare il principale falò che, alla fine, nel 2022, ha portato alla guerra: l'allargamento (ancora uno, ma questa volta, decisivo) della NATO con l'adesione dell'Ucraina golpista all'Alleanza di guerra. Ma ecco che ora Trump si è detto d'accordo di negare l'adesione dell'Ucraina alla NATO e, con ciò stesso, come nota Komsomol'skaja Pravda, ha praticamente ammesso che l'Occidente è responsabile dell'inizio del conflitto, avendo rifiutato in modo arrogante le proposte di sicurezza avanzate da Mosca nel dicembre 2021, il cui punto principale era la non espansione della NATO a est. Sarebbe stato sufficiente non cercare di trascinare l'Ucraina nel blocco atlantico e si sarebbero salvate centinaia di migliaia di vite. Ma Zelenskij e i suoi ras continuano a dire che l'adesione di Kiev all'Alleanza è la «garanzia di sicurezza» più affidabile. Ora, da Bruxelles, si giura che l'adesione di Kiev al Blocco non sia mai stata all'ordine del giorno: guerrafondai e insolenti, come se le persone non ricordino le cronache degli ultimi dieci anni.
Ma, loro, pretendono un posto al tavolo dei colloqui. Ha risposto Trump, dicendo di non vedere alcuna minaccia nel dialogo diretto con la Russia senza la partecipazione di Zelenskij, suonando così un requiem per lo slogan golpista “Niente sull'Ucraina senza l'Ucraina” e per il cosiddetto “piano di pace” di Zelenskij, il che sottintende anche il requiem, pur se non dichiarato esplicitamente, per la pretesa del “Niente sull'Europa senza l'Europa”.
Nella stessa Kiev golpista, non si trattengono lacrime per il vero “tradimento” di Trump: le sue parole a proposito del fatto che difficilmente l'Ucraina recupererà i territori occupati dalla Russia. Si tratta di un autentico pericolo di morte per Zelenskij: appena tre giorni fa, l'ex ministro degli esteri della junta, Dmytrij Kuleba, aveva detto: «La persona che firmerà il documento con cui rinunciamo alla NATO, ha ancora una possibilità di sopravvivere fisicamente e politicamente, ma la persona che firmerà un trattato con la rinuncia ai territori, sarà uccisa o eliminata dalla politica».
Ma, intanto, mentre tutti in coro chiedono di essere ammessi al tavolo negoziale, Berlino proclama che «non ci sarà pace in Ucraina senza la sua partecipazione e quella della UE»; Varsavia e Copenaghen vogliono ancora più armi per Kiev e Parigi, addirittura, spera ancora che l'Ucraina venga ammessa nella NATO. La stessa tedesca Bild mette nero su bianco che i «negoziati vengono condotti sopra le teste di ucraini e europei. Non ci sarà posto per gli europei al tavolo dei negoziati. Dovremo accettare il risultato. E purtroppo questo sembra valere anche per l'Ucraina... Putin ha vinto questa guerra».
Se davvero avessero voluto la pace, avrebbero smesso da tempo di stanziare miliardi e miliardi per la «disfatta strategica di Mosca». E questo vale per la socialbellicista Annalena Baerbock, per quell'aringa baltica dormiente (la definizione non è nostra, ma la troviamo appropriata) a capo della “diplomazia” guerrafondaia europeista, che risponde al nome di Kaja Kallas; ma vale anche per quel bellimbusto di Mark Rutte, che ora giura di non aver mai ritenuto reale l'adesione ucraina alla NATO. Il loro posto è fuori da ogni tavolo negoziale. Come osserva “Golos Mordora” su Absatz.media, il posto dell'Europa in questo processo «non è nel fienile e nemmeno nel cortile: è proprio fuori dal recinto. Proprio dove dovrebbe essere». Pur se questo non elimina il pericolo che «tutti loro facciano del proprio meglio per ostacolare il processo di pace. Perché, senza guerra, nessuno ha bisogno di loro».
Ipocriti tagliagole affamatori dei popoli. Si sono sgolati a chiedere sempre più sanzioni contro Mosca e sempre più armi e più distruttive da mandare a Kiev. Le sanzioni non hanno abbattuto la Russia e tantomeno le armi l'hanno vinta. Gli USA però, da cui arrivavano gli ordini (e gli ordinativi) qualche obiettivo l'hanno raggiunto: UE indebolita e ancor più dipendente da Washington, mentre anche la Russia avrà bisogno di un periodo di recupero; e anche questo va a vantaggio di Washington. Ma, in fin dei conti, se da Mosca non si sente più parlare di “denazificazione” e sempre meno si vedono immagini di soldati russi con le bandiere sovietiche, come era necessario finché c'era da raggiungere la mobilitazione psicologica della società russa, oggi la Russia può ben dire di essere sulla buona strada per arrivare, se sarà necessario, a rinviare al mittente quell'omelia cattofregnona del “non umiliare i futuri sconfitti”.
L'obiettivo strategico della Russia capitalista, quello vero, è sulla strada maestra.