Il monopolio del rame: come pochi attori determinano i prezzi globali
di Alessandro Volpi*
Alla faccia del mercato. Il prezzo del rame conosce una dinamica rialzista con un prezzo che si avvicina a 9000 euro a tonnellata, soglia che ha anche superato. Questo prezzo che dipende in larga misura dalle speculazioni rialziste, favorite da un numero limitatissimo di società produttrici. Si tratta di Bhp, Rio Tinto e Glencore. Questo ristretto oligopolio rischia di ridursi ulteriormente perché Rio Tinto e Glencore stanno trattando una fusione, che darà vita ad un'unica società con 160 miliardi di dollari si capitalizzazione. Dunque avremo due sole società, che però sono nelle mani di un azionariato decisamente ristretto.
Rio Tinto infatti ha come principale azionista la società cinese Aluminium Corporation of China cui seguono BlackRock e State Street con il 12%. Glencore è nelle mani del Ivan Glasenberg, del fondo sovrano del Qatar con il 14% e di State Street e di una serie di altri fondi. Bhp, invece, che è la più grande società per capitalizzazione, con 126 miliardi di dollari, ha come azionisti di riferimento Vanguard e Macquarie, con quasi il 9%.
In estrema sintesi con la fusione di Rio Tinto e Glencore il duopolio con Bhp sarà contraddistinto dal potere pressoché assoluto di una società di Stato cinese e dei grandi fondi in grado di determinare, praticamente da soli, il prezzo del rame, certamente spinto al rialzo dalle infinite scommesse fatte dai tanti speculatori, molti dei quali riconducibili agli stessi fondi, che proprio da questa concentrazione di proprietà trarranno alimento.
Certo che chiamare mercato un sistema in cui i prezzi sono definiti dal monopolio e dalla speculazione alimentata dal monopolio è davvero difficile. A riguardo vale la pena ricordare quanto il rame sia fondamentale per la produzione dei beni industriali, a cominciare da quelli ad alta intensità tecnologica, le cui sorti, ancora una volta, discendono dalla speculazione finanziaria.
*Post Facebook del 17/01/2025