Il Parlamento europeo, il “piano della vittoria” di Zelenskij e il destino (scritto) per il popolo ucraino

Il Parlamento europeo, il “piano della vittoria” di Zelenskij e il destino (scritto) per il popolo ucraino

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di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico


Quando il cosiddetto europarlamento adotta a larga maggioranza una risoluzione (evidentemente, la data del 19 settembre “ispira” particolarmente quei farabutti: lo stesso giorno, cinque anni fa, coi voti anche delle canaglie del PD, avevano votato la famigerata risoluzione che accomunava nazismo e comunismo) che “esorta” i paesi UE a eliminare immediatamente ogni restrizione agli attacchi ucraini al territorio russo con armi occidentali, ecco che torna di
nuovo in ballo il “piano della vittoria” che Vladimir Zelenskij dovrebbe presentare alla Casa Bianca a fine mese.

Secondo alcune non verificate indiscrezioni, detta in soldoni, consisterebbe in questo: accoglieteci immediatamente nella NATO, aiutateci a metter paura a Putin coi missili occidentali e noi acconsentiremo a congelare il conflitto lungo la linea di contatto dei combattimenti. Una volta nella NATO – sembra esser questa la logica dei nazigolpisti – Putin farà marcia indietro e non comincerà certo una guerra nucleare; perché se Kiev perde, dicono gli ukromajdanisti, perderà anche l'Occidente, che così tanto ha investito in questo conflitto.

Di fatto, però, anche l'ammissione dell'Ucraina alla NATO cambierebbe poco il quadro della situazione: nessuno tra i paesi occidentali è pronto a entrare direttamente in guerra con la Russia. Senza parlare qui del coinvolgimento “indiretto”, già da anni ai massimi livelli, anche oggi, quando agitano spavaldamente la bandiera dell'autorizzazione a Kiev a colpire la Russia, lo fanno, da quei sanguinari filibustieri che sono nella UE, convinti che davvero «l'orso stuzzicato impunemente cinque volte, non risponderà nemmeno alla sesta volta» (Kennedy jr-Trump jr su The Hill) e loro potranno osservare il tutto, da infami spettatori, al sicuro dei loro covi di aspidi.

Ecco però che il solito consigliori presidenziale Mikhail Podoljak rimette le cose per il verso “giusto”, per come le intendono davvero i nazigolpisti: «nessun congelamento del conflitto, perché questo non porterebbe alla fine della guerra, ma solo alla possibilità per Mosca di accumulare ulteriori risorse e continuare a combattere». Un po' insomma alla maniera di come i majdanisti hanno sempre interpretato i “cessate il fuoco” in Donbass, a partire dai “Minsk 1 e 2” del 2014-2015: fingere di arretrare le artiglierie, per rimpolpare le truppe decimate nelle sanguinose avventure nelle varie Debaltsevo, Ilovajsk, ecc. Ecco, secondo Podoljak, Kiev è «disposta a concludere la guerra solo con la disfatta della Russia»; dunque, rientra nel “piano Zelenskij” anche l'avventura di Kursk che «influisce significativamente sugli umori della società russa e preme altrettanto significativamente sulla cerchia putiniana per cessare la guerra». Dice il nazimajdanista.

Ma, se è così, è molto difficile, per noi giocatori dilettanti, intuire l'intreccio delle recondite mosse del “professionista” che, parlando con invidiabile nonchalance di capitolazione della Russia, la invita ipocritamente al prossimo “summit di pace”.

Rimane il fatto che Washington lancerà comunque in grande stile, presentandolo come “piano di pace”, il “piano della vittoria” ucraino, in occasione dell'Assemblea generale ONU.

I precedenti piani di Zelenskij, nota su Ukraina.ru il presidente dell'Università americana di Mosca, Eduard Lozanskij, consistevano nel chiedere all'Occidente soldi, armi, informazioni di intelligence e sostegno politico. Ora invece punta direttamente al coinvolgimento USA-NATO nel conflitto diretto con la Russia, cominciando col permesso occidentale a colpire la Russia in profondità, per cui ha già inviato alla Casa Bianca l'elenco degli obiettivi da attaccare. A Kiev sono sicuri che, in un modo o in un altro – per il tramite dei guerrafondai UE, per esempio – Washington darà il proprio consenso alle avventure ukronaziste. Del resto, ancora per qualche mese, alla Casa Bianca resiste quel Joe Biden che tra fine 2013 e inizi 2014 aveva coordinato il golpe di majdan per cambiare il regime ucraino da neutrale in pro-NATO. Quel Joe Biden che, nel dicembre 2021, ha respinto l'appello di Mosca per colloqui sulla stabilità strategica basati sullo status neutrale dell'Ucraina e che poi, nell'aprile 2022, ha dato mandato a Boris Johnson per far deragliare i colloqui di pace a Istanbul. Dopo di che, Washington ha impedito ogni contatto negoziale tra Russia e Ucraina. E ora Zelenskij intende trascinare USA e NATO in un confronto militare diretto con la Russia, afferma Lozanskij, attribuendo forse ai secondi una inverosimile ubbidienza passiva ai giochi del primo, omettendo della precisa volontà bellicista di Washington e Bruxelles.

In realtà, a detta dell'osservatore Sergej Zuev, anche diversi esperti ucraini guardano con inquietudine al “nuovo” cosiddetto “piano della vittoria” di Zelenskij e si interrogano su cosa si possa intendere per “vittoria”.

Il politologo ucraino Andrej Zolotarëv constata che, per molti suoi compatrioti, oggi nemmeno più il raggiungimento dei confini del 1991 può essere considerato una vittoria, ma solo la completa sconfitta del nemico. Per quanto riguarda il disco verde a Kiev a colpire in profondità la Russia (parte significativa del “piano della vittoria”), non si può escludere, afferma, che il permesso occidentale giunga proprio in occasione del viaggio di Zelenskij in USA.

Nikita Vasilenko, dell'Università di giornalistica di Kiev, dice che anche con quel disco verde e a dispetto delle attese di Kiev, non riusciranno a imporre a Mosca di trattare alle condizioni ucraine. E poi, cosa si deve intendere per “vittoria”? Anche se Kiev riconquistasse «il territorio, il che è molto problematico, rimane il problema della gente», dice Vasilenko, ricordando la disastrosa situazione demografica ucraina, con sempre meno uomini e le donne in età fertile che lasciano il paese senza farvi più ritorno.

L'ex deputato della Rada (e ex comandante di reparti durante l'aggressione ucraina al Donbass sotto la presidenza Porošenko) Igor Mosijchuk è tornato a rimarcare il periodo critico attraversato dall'Ucraina, allorché, a causa della guerra, è in discussione l'esistenza stessa della nazione: per risolvere la questione, dice, si deve stabilizzare la situazione interna, uscire dalla crisi militare, riportare la pace, cosa che Zelenskij non è in grado di fare. Che, detta così, sembra un accenno nemmeno tanto velato al golpe di palazzo, di cui, per l'ennesima volta, si torna a parlare in Ucraina.

E, a proposito di crisi militare che rischia di trasformarsi in catastrofe militare, coi colpi della Russia sempre più precisi, le forze russe sempre più numerose, mentre Kiev è a corto di uomini e il sostegno dell'Occidente diminuisce, Mosijchuk nota che sono le stesse autorità politiche e militari a dire che tutto ciò porterà a una catastrofe militare, ma poi è come se nessuno sentisse quei discorsi.

Nei fatti, afferma il politologo ucraino Vadim Karasëv, la smilitarizzazione dell'Ucraina sta procedendo già ora, con le forze armate che al fronte subiscono gravissime perdite in uomini e mezzi, mentre all'interno «si sta verificando la smilitarizzazione delle coscienze», molto evidente dai problemi della mobilitazione: «la gente non vuole combattere». È vero, dice Karasëv, ci sono persone «militarizzate, fanatiche. Di regola, però, se ne stanno nelle retrovie o intervengono sui media, sono passionali. Ma quando gli uomini vengono presi in strada di peso per esser spediti al fronte, anche spezzando loro le braccia, quelli non sono certo passionali. Non combatteranno. Non vogliono combattere».

Ne è un crudele esempio, che andrebbe presentato alle canaglie di Strasburgo e Bruxelles, quanto riferito dal colonnello a riposo delle milizie della LNR, Andrej Marochko, secondo cui nel villaggio di Nevskoe, occupato dalle forze ucraine, i nazisti della 12° Brigata speciale di “Azov” hanno effettuato un'esecuzione dimostrativa di fronte ai ranghi, fucilando cinque subordinati per diserzione.

Finirà con Zelenskij come con lo sciagurato Riccardo III shakespeariano: «Vivono figli che tu hai fatti orfani, gioventù sparsa che vivrà nel rimpianto fino alla vecchiaia;vivono genitori, di cui hai massacrato i figli».

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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