Il PNRR e gli investimenti sui porti italiani: il caso Ancona

Pubblichiamo questo articolo che la redazione di "Cumpanis" ci invia come anticipazione

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Il PNRR e gli investimenti sui porti italiani: il caso Ancona

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di Laura Baldelli, docente; redazione di "Cumpanis"

Ancona nacque come approdo sicuro scelto dai Dori greco-siracusani, da cui il nome Ankon, gomito; stanziarono anche i Piceni, come testimoniano i preziosi reperti al museo archeologico e in seguito i Romani costruirono un porto  monumentale e strategico per le conquiste dell’Illiria e della Dacia, come illustra la colonna traianea a Roma; una città che ha sempre guardato il mare e verso oriente: commerci e alleanze con i Bizantini, un passato testimoniato da un patrimonio storico di 2000 anni, fatto di multiculturalità per la presenza stanziale di Armeni, Greci ed Ebrei, in un contesto paesaggistico straordinario.
Le guerre l’hanno segnata con i bombardamenti, distruggendo gli eleganti edifici sul porto e il popolare quartiere sotto il colle Guasco del duomo che affaccia sul golfo, di cui rimane traccia storica delle scalinate a mare nel film “Ossessione” di Visconti, girato prima dei bombardamenti degli Alleati; ma l’hanno segnata, più dei bombardamenti, i piani di fabbricazione post bellici, il terremoto nel ’72, la frana nell’82, le speculazioni edilizie e gli scempi ambientali dell’interramento del golfo, perpetrati per costruire la ZIPA, ora zona industriale dismessa, che rivelano una città male amministrata da troppo tempo, senza un progetto di autentica valorizzazione storico-culturale ed economico-ambientale in un equilibrato rapporto costi-benefici.

Oggi Ancona, neanche 100.000 abitanti, è una città annerita dallo smog: in centro “vanta” 6 parcheggi multipiano, che attirano traffico di mezzi privati per fare cassa, a cui si aggiungono gli obsoleti diesel dei mezzi pubblici e i fumanti traghetti con la fiumana dei tir che paralizzano l’unica strada percorribile verso l’imbocco della grande viabilità. Un porto internazionale con un volume di traffico passeggeri superiore a Barcellona, che transita su una strada comunale dove c’è la storica frana Barducci, il quartiere di Torrette, dove c’è l’ospedale regionale. In estate nel pieno andirivieni dei traghetti, le ambulanze fanno lo slalom tra 2 file incolonnate di veicoli.

Ancona ha una morfologia e un’orografia particolare che dividono l’originario nucleo antico sul porto dal resto degli altri insediamenti storici limitrofi e successivi nel tempo, fino a quelli più recenti; il porto commerciale, industriale e storico convivono in uno spazio asfissiante a ridosso delle abitazioni, causando insalubrità dell’aria, causata dai traghetti e navi crociera che bruciano combustibile con alte percentuali di zolfo, riconoscibili dal fumo nero, e nelle operazioni di imbarco e sbarco, movimentando migliaia di tir e altri veicoli, che alimentano anche l’inquinamento acustico e vibrazioni percepibili anche dalle abitazioni più lontane dall’area.


Ma il porto non è un’area scollegata del territorio limitrofo: ad una decina di km a Falconara Marittima troviamo la raffineria API, che ci colloca subito dopo Taranto per la pericolosità ambientale, costruita davanti ad una delle roccaforti monumentali, avamposti di difesa territoriale.

Ma non basta: dentro la raffineria passa la linea ferroviaria verso nord e a poche centinaia di metri c’è l’aeroporto internazionale Raffaello Sanzio. 
Le lotte di associazioni e comitati di cittadini più consapevoli non hanno trovato ascolto in questi anni e nessuna giunta regionale ha mai ha avuto la volontà di risolvere problema della sicurezza ambientale e della salute dei cittadini collegata alle attività produttive. 

Un territorio nella deregulation neoliberista, senza un progetto lungimirante che abbia valorizzato il patrimonio monumentale e preservato il paesaggio, coniugando soluzioni logistiche per l’economia legata alle attività economiche del porto e garanzie per il lavoro stabile in sicurezza ed in primis la salute dei cittadini. 

Sono le politiche del PD e dei suoi alleati, a governo ininterrotto della città e fino al 2019 anche della regione Marche, considerata “rossa” come Ancona, che vanta “la sindaca più brava del mondo”, ma di rosso è rimasta solo la maglia della squadra di calcio, perché le politiche sono quelle che continuano a favorire solo gli interessi privati, che non coincidono affatto con quelli della città. 

Molti cittadini anconetani non sono rimasti passivi: sono nati molti comitati a difesa dei luoghi della città e della costa a sud e del parco del Conero e ci sono forze politiche all’opposizione in Comune che sono una sponda politica per la lotta contro le scelte delle giunte che si sono avvicendate tutte a guida PD, come i consiglieri del M5S e della lista civica Altra Idea di Città, vigili ed attive presenze che denunciano i frequenti colpi di mano perpetrati dalle amministrazioni in accordo con la precedente Autorità Portuale, ora vacante, tutti a favore degli imprenditori del porto, incuranti dei disastri ambientali: basti pensare che hanno ottenuto la chiusura della metropolitana di superficie che collegava i treni dalla stazione di Falconara a quella marittima di Ancona in pieno centro, un utile servizio per lavoratori, studenti e turisti, ma d’ingombro agli sbarchi ed imbarchi. Da qualche anno c’è anche il transito e sosta di 24 ore delle mega navi crociera SNC a completare un quadro disordinato di una città che punta tutto sul commercio e i traffici marittimi senza un progetto che favorisca una logistica adeguata, lavoro garantito e salute tutelata. 

L’associazione Italia Nostra è in prima linea nella battaglia per l’ambiente sia come salute pubblica, che salvaguardia del patrimonio culturale e paesaggistico, con azioni concrete che hanno verificato l’insalubrità dell’aria. 

Infatti dal 2013 non si conoscevano più i dati sull’inquinamento dell’aria, perché l’amministrazione cittadina aveva eliminato le centraline di rilevamento, ad eccezione di quella nel parco della Cittadella, nonostante la serrata attività nel M5S e di AID con interrogazioni in consiglio comunale e richieste per il ripristino. 

Italia Nostra, dopo gli inascoltati interventi sulla stampa rivolti alla giunta, nel 2018 ha installato rilevatori passivi di diossidi di azoto No2 in 4 aree cittadine dentro il porto e a ridosso nelle vie del centro città. Tutto grazie al finanziamento dall’associazione “Cittadini per l’aria”, l’ONLUS, che promuove attività contro le emissioni di No2 nel Mediterraneo con un progetto di scienza partecipata; dopo un mese di rilevamenti i dati sono stati analizzati da un laboratorio inglese e certificati dalla NABU, un’associazione tedesca abilitata alle certificazioni. I dati registrati in 1 mese superavano del 20% quelli consentiti in 1 anno, denunciando una situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini.

Il dott. Maurizio Sebastiani, medico e presidente di Italia Nostra afferma che l’ARPAM della regione Marche, chiamata in causa per la verifica, non ha mai smentito questi dati. Le forze di opposizione M5S e AID hanno perseverato nell’azione politica, chiedendo il ripristino delle centraline per monitorare costantemente l’inquinamento dell’aria, in quanto l’No2 è pericolosissimo per tossicità ossidante e irritante sugli occhi, mucose e polmoni, tanto da provocare patologie gravi dell’apparato respiratorio che possono portare fino al decesso; inoltre, con il forte irraggiamento solare provoca lo smog fotochimico, generando anche piogge acide che provocano danni ambientali nell’eco-sistema. 

Nel 2019 l’ARPAM finalmente ha acquistato 22 centraline per rilevare le emissioni di NO2, ma non è dato sapere alla cittadinanza la loro collocazione, né sono mai stati pubblicati i dati; solo recentemente il 24/11/21, in un inquietante consiglio comunale sul PIA (piano inquinamento Ancona) più volte sollecitato dalle opposizioni, sono stati comunicati che i dati riguardanti No2, diossido di azoto, riferiti alle emissioni della combustione dei carburanti delle navi, sono superiori ai limiti OMS (organizzazione mondiale della sanità), ma entro i limiti consentiti dalla normativa italiana; troppo elevata anche la concentrazione delle Pm 2,5 (polveri sottili) rilevate tra il 2013 e il 2019, causate da contributi emissivi di trasporto stradale, soprattutto dei tir in entrata e in uscita dal porto, movimentazione navale e dagli impianti di riscaldamento. L’Autorità portuale limita al minimo i controlli a camino delle navi-traghetto, alcune vere e proprie carrette del mare che non potrebbero usufruire delle banchine elettrificate se ci fossero, e tralascia di sanzionare anche il mancato rispetto delle rotte che passano vicinissime alla costa con conseguenze importanti per le spiagge specie in estate. Solo i traghetti croati emettono lo 0,1 di zolfo, perché nel loro paese è la regola.

Nella seduta del 24 novembre è intervenuto il dott. Bonifazi, pneumologo ed allergologo presso gli ospedali riuniti di Ancona, incaricato dall’amministrazione comunale per valutare l’impatto sulla salute pubblica, che ha evidenziato gli effetti nefasti dell’esposizione cronica al diossido di azoto No2 e alle Pm 2,5 sulla salute dei cittadini residenti nel centro storico, Archi e stazione: i dati rivelano significativi aumenti di decessi per tutte le cause di morte, in particolare per malattie cardiovascolari e respiratorie, notevole aumento dell’accesso al pronto soccorso per crisi respiratorie, soprattutto per infezioni respiratorie acute nei bambini, rispetto alla popolazione in altri quartieri, e il numero preoccupante di 550 decessi prematuri, su una popolazione in un’area molto circoscritta.

Il dott. Bonifazi ha posto l’urgenza di una legge regionale, che comprenda in un’unica agenzia, le principali risorse che lavorano per raccogliere e studiare i dati epidemiologici, ambientali e sanitari sui temi dell’inquinamento, clima, ambiente e salute, perché è tutto inattivo da anni; inoltre ritiene indispensabile un censimento del verde cittadino a ridosso del porto, evidenziandone gli effetti salutari per le persone e per l’ecosistema. 

Su questo fronte è recente l’azione della giunta, che nel “progetto di riqualificazione” del quartiere Archi a ridosso del porto peschereccio, ha eseguito l’abbattimento di molti platani sani, presenti da 150 anni, nonostante le proteste dei cittadini, delle associazioni ambientaliste, delle forze politiche di opposizione M5S, AIC e dei Consigli Territoriali. Eppure, in giunta c’è anche un assessore all’ambiente del Movimento dei Verdi, del quale mi chiedo che idea abbia dell’ambiente!

Ma la giunta e l’Autorità portuale hanno anche idee grandiose per la città: intendono portare l’attracco delle grandi navi proprio nel porto storico con il banchinamento del molo Clementino per l’attività di “home port” crocieristico per le grandi navi, con una previsione di 130 attracchi all’anno con più di 2 ore di moto per entrata ed uscita dal porto; a completare l’opera un parcheggio multipiano di grave impatto ambientale e paesaggistico, che comporta un ulteriore aggravio d’inquinamento dai veicoli privati e dai movimenti dalle attività dell’indotto, che andrebbe a riversarsi sulla città. 

Il progetto è portato avanti dalla Giunta del consiglio comunale dal 2014, nonostante Ancona sia già attenzionata come area di elevato rischio ambientale per la vicinanza con la raffineria di Falconara, per cui non è consentito aumentare il carico inquinante. 

Infatti il progetto, che ha una previsione di costi intorno ai 22.2 milioni di euro di soldi pubblici, deve ancora superare la valutazione ambientale strategica (VAS) e la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e secondo la valutazione dell’Autorità portuale i costi sociali derivati dall’aumento del traffico croceristico sono contabilizzati in “soli” 15,37 miliardi di euro l’anno. È il colmo: soldi dei contribuenti per favorire privati e come ritorno danni alla propria salute!

La realizzazione del progetto comunque evidenzierebbe la cronica assenza di infrastrutture internodali adeguate in grado di collegare l’attività portuale agli snodi della grande viabilità stradale, in continuità con la scelta dell’inquinante trasporto su gomma, piuttosto che investire sul trasporto ferroviario molto meno d’impatto sulla città e sulla viabilità. 

Infatti la pesante criticità della logistica pone da anni il problema dell’uscita dalla città, per liberare la martoriata strada comunale, che costeggia la ferrovia e il mare, strategica per raggiungere l’ospedale regionale, l’aeroporto e il quartiere di Torrette, da anni assediato da fiumane di tir e mezzi privati di turisti verso Croazia, Grecia, Montenegro, Albania.

L’ uscita è prevista a nord-ovest, perché il volume di traffico è verso quella direzione, ma per la costruzione del nuovo collegamento non si tiene conto del pericoloso impatto ambientale, in quanto attraverserebbe il piede della frana Barducci ed implicherebbe la costruzione di una galleria su un’area già nota come paludosa, dove purtroppo fu costruito il nuovo ospedale regionale. Ma è anche necessario ripristinare la metropolitana di superficie, collegamento importante per servire l’hinterland e la città, nonché realizzare l’arretramento della linea ferrovia, che corre lungo il mare, se si vuole realizzare la linea dell’alta velocità.

Il Comitato per il Porto Storico è un’altra associazione di cittadini attiva per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio monumentale presente, affinché torni ad essere parte integrante della città, svincolato dalle attività economiche-produttive portuali, e si avvale del contributo dell’università politecnica di Ancona del dipartimento di architettura che ha svolto studi importanti ed avanzato proposte che riqualificherebbero urbanisticamente la città da un punto di vista storico-artistico, paesaggistico-antropologico, salvaguardando salute ed economia.  

Infatti il prof. Fausto Pugnaloni, già docente del dipartimento, considera il golfo naturale di Ancona, generato dal sistema morfologico del promontorio del Conero, e sottolinea come il grande architetto Luigi Vanvitelli nel XVIII sec. lo valorizzò realizzando il sistema urbano del porto partendo dal Lazzaretto, da lui costruito, fino alla Lanterna, includendo il porto Traianeo con l’arco trionfale e gli antichi mercati, fino ad arrivare nella zona archeologica del grande anfiteatro romano.

Ma l’elegante Lazzaretto, Mole Vanvitelliana, è circondato dalla zona industriale, oggi dismessa e l’arco eretto all’imperatore Traiano sul molo Clementino si mescola, annerito dai tir, alle gru della Fincantieri. Inoltre la città, a ridosso del porto, ha un sistema architettonico monumentale di 27 edifici di valore storico ed architettonico che si snoda dalle banchine e dalle storiche portelle, fin dentro all’area urbana del centro storico. Oltre il brutto moderno della zona industriale della ZIPA e della Fincantieri, i monumenti sono anche soffocati dall’attuale sistema navale dei traghetti e dalle navi-crociera SNC in transito e ormeggio. 

Va chiarito con forza che le navi crociera non porteranno alcun significativo incremento economico al commercio e quella che viene sbandierata dall’amministrazione comunale e dell’autorità portuale è un’economia bugiarda che non aumenta posti di lavoro stabili e garantiti, bensì conseguenze nefaste sulla salute della collettività. 

Tutto questo nell’assordante silenzio della Soprintendenza ai beni artistici, mentre invece c’è necessità di controllare anche i rapporti visivi dal mare che sono un patrimonio paesaggistico importante, che contestualizzano i monumenti e offrono la visione di continuità con il resto della città storica, di cui rimangono ancora gli 8 Forti sui colli con il sistema murario, baluardi della difesa della città. 

Il PNRR prevede una pioggia di soldi pubblici per i porti, i progetti andrebbero gestiti e pensati per il bene della collettività e non per la spartizione tra un manipolo di operatori del porto che pensa solo ai propri profitti in assenza di un vero progetto pubblico di riqualificazione di tutta la città nella sua complessità artistica ed economico-produttiva, tutelando ambiente e salute.  

Oggi l’acqua rappresenta l’ultimo dei grandi investimenti immobiliari, sostiene il prof. Pugnaloni, e tutti i grandi porti del Mediterraneo hanno separato e restituito alla fruizione dei cittadini le zone storiche, separandole dal sistema-navi con le attività dei traffici commerciali e produttivi, allargando il porto in mare aperto con banchine elettrificate e servizi logistici per un traffico internazionale di merci e terminal-bus per passeggeri verso la rete ferroviaria e l’aeroporto; ad Ancona, invece, nel corso degli anni si è perpetrato nell’interramento del golfo anche per costruire il porto turistico per nautica da diporto, che ha provocato, per il cambio delle maree, l’erosione della costa verso nord. Attualmente si stima che nell’area portuale ci siano 6000 addetti occupati nella logistica, nella pesca, ma il volume di lavoro importante viene dalla cantieristica di grandi navi e yatch da diporto, che occupa, nella quasi totalità, mano d’opera straniera di ditte appaltatrici che offrono lavoro precario, sottopagato, senza tutele per la sicurezza, come testimoniano i numerosi incidenti sul lavoro. 

Non c’è una visione strategica e un piano regolatore neanche per l’area cantieristica, ma si prevede per Fincantieri, purtroppo costruita accanto all’arco di Traiano e all’arco Clementino, il raddoppio dell’area, senza tener conto che è collocata a ridosso delle falesie del Conero, dove sorge il duomo ed altri edifici di valore storico-artistico. 

Per questo il Comitato per il Porto Storico chiede che l’area produttiva cantieristica sia ricollocata verso nord-ovest, liberando e restituendo così il porto storico alla città e ai cittadini senza danneggiare le attività produttive. 

Per valorizzare la città è stata inoltrata anche la richiesta che tutta l’area, data la preziosa concentrazione monumentale di diverse epoche, sia riconosciuta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. 

Attualmente, chi può scappa dal centro per l’inquinamento, ma anche per l’invasione di eventi commerciali “mangia-bevi-compra”, provocando un cambio antropologico-sociale di vissuti abitativi: case per affitti temporanei ed insediamenti di comunità multietniche tra l’incuria ambientale dell’amministrazione e l’assenza di progetti di reale integrazione.

Ma la Sindaca, l’avvocata Valeria Mancinelli, considera le associazioni impegnate per la salvaguardia del proprio territorio dei “dilettanti”, senza conoscenze tecnico-scientifiche e parliamo di docenti universitari, medici, ricercatori; e l’amministrazione per dimostrare che fa sul serio, ha organizzato un vero e proprio “greenwashing”, neologismo inglese usato per smascherare l’ecologismo di facciata, per spiegare la transizione ecologica.  

Ma le politiche neoliberiste della giunta PD e dei suoi alleati hanno fatto della “legalità”, uno strumento per legalizzare abusi e nascondere verità palesi e comprovate scientificamente. Basti pensare al recente condono di una piscina in pieno Parco del Conero in un albergo ricavato da un forte napoleonico che fu costruito sulla baia di Portonovo, ricca di monumenti storici come la Torre De Bosis e soprattutto la chiesetta romanica di S. Maria celebrata anche da Dante; ma la spiaggia con tutta l’area che comprende lagji salmastri alle pendici del m. Conero, a 10 km dalla città, è abusata, violata e trasformata in una Rimini sui sassi, intrappolata nella macchina da soldi di alcuni operatori turistici, mentre si respinge un progetto per un’area marina protetta ed un recupero pubblico di edifici per un turismo ecologico nel rispetto del patrimonio ambientale. 

Mi chiedo che differenza ci sia tra la sedicente sinistra e la destra e perché li dovremmo votare in nome di un antifascismo di facciata che calpesta la Costituzione, violando l’articolo 9 che tutela i beni culturali e il paesaggio.

Eppure la città per la particolare cornice fu ritratta proprio dal porto da Filippo Bono, Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio, Tiziano, Carlo Crivelli, Pinturicchio, Andrea Lilli, Jakob Philipp Hackert e Barnaba Mariotti, Francesco Podesti e molti altri, oggi esposti nei più grandi musei europei.

Il neoliberismo nel suo sviluppo infinito e predatorio porta false promesse di lavoro, distruzione di storia, identità e soprattutto inquinamento, degrado e morte. Oggi si è impadronito della “legalità” per propri scopi di sviluppo infinito, che depreda occupando e sfruttando luoghi che appartengono, creando lavoro precario e sfruttato e consumi indotti. Occorre coinvolgere nell’informazione e nella lotta sempre più persone, renderli cittadini attivi, consapevoli della sottrazione di luoghi, danni alla salute e sfruttamento nel lavoro.

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