Il regime di Kiev e le persecuzioni religiose. Intervista esclusiva de l'AntiDiplomatico al metropolita Pavel

Il regime di Kiev e le persecuzioni religiose. Intervista esclusiva de l'AntiDiplomatico al metropolita Pavel

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di Clara Statello per l'AntiDiplomatico





“Non si può proibire la Chiesa, è eterna“. Il metropolita Pavel, abate del monastero delle Grotte di Kiev (Kiev Pecherska Lavra), è saldo e calmo, non crede che il governo di Zelensky riuscirà a mettere fuori legge l’ortodossia canonica. L’SBU lo ha arrestato per attività sovversive il 1 aprile 2023, due giorni dopo la pubblicazione di un video in cui accusava Zelensky  di complicità nello sfratto di 200 monaci dalla Lavra. Il filmato è stato inteso come un anatema contro il presidente e i suoi figli e gli è valso un’incriminazione per giustificazione dell’aggressione russa e incitamento all’odio religioso. Due reati di opinione.  

“Non ho mai maledetto nessuno, non sostengo l’aggressione russa. Sono contro la guerra, perché la guerra porta dolore e distruzione per i popoli”, ha dichiarato nella sua intervista esclusiva a l’Antidiplomatico.

L’SBU lo ha accusato di aver parlato, in una telefonata privata, del conflitto in corso come di una guerra civile. Per lui è stata disposta la misura precauzionale degli arresti domiciliari presso la residenza di Boryspill, lontano dalla Lavra. Ciò gli ha precluso di presidiare la liturgia della Pasqua ortodossa e svolgere il servizio sacerdotale. La sera stessa degli arresti gli è stato posto il braccialetto elettronico ed in estate ha trascorso circa venti giorni in carcere senza processo, liberato poi su cauzione.

Il caso dell’abate della Pecherska Lavra, una sorta di Vaticano per il mondo ortodosso ucraino e il principale santuario dell’ortodossia afferente all’area post-sovietica, è solo il culmine di una più ampia persecuzione contro Chiesa ortodossa ucraina in armonia con il patriarcato di Mosca, che da oltre un anno è sottoposta alle retate dell’SBU e alle incursioni di estremisti di destra. Nel frattempo il governo conduce una pesante ingerenza negli affari interni della Chiesa, arrivando al punto di modificare per decreto presidenziale la data del Natale, che da quest’anno è celebrato il 25 dicembre, come in Occidente. Il 2024 l’ortodossia canonica potrebbe essere messa al bando in Ucraina, il disegno di legge è stato già approvato in Parlamento nelle scorse settimane.

La Chiesa è accusata di collaborazionismo con la Russia,  preti e fedeli sono considerati agenti del mondo russo, spie di Putin. Molti ortodossi, però sono al fronte. Alcuni, come il pugile Lomashenko, sono considerati eroi della Patria. Il Primate Onufrij ha proclamato l’autonomia e indipendenza da Mosca il 27 maggio 2022.

“Tra la Chiesa ortodossa ucraina e la Chiesa di Mosca non c’è né un’unione né questioni vitali in comune”, afferma Pavel ricordando che il cosiddetto mondo russo riguarda la Rus’ di Kiev e dunque è precedente l’esistenza di Russia e Ucraina, non ha nulla a che vedere con l’attualità.

Vladika Pavel paragona la persecuzione degli ortodossi e la sua a quella dei primi martiri di Roma e durante la nostra intervista si mostra sereno, affatto preoccupato.

“I governi cambiano, cambiano le circostanze di vita, ma la Chiesa è eterna”, esce rafforzata da ogni persecuzione e se il governo dovesse metterla fuori legge “pregheremo per le strade, sottoterra come succedeva ai primi cristiani perseguitati. Dio è sempre con noi”.

La persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina è un fatto eclatante che ha avuto poca risonanza nel cosiddetto mondo libero. La stampa italiana non ne ha quasi parlato e quando lo ha fatto non ha espresso alcuna preoccupazione per le possibili violazioni alla libertà di culto dei provvedimenti disposti da Zelensky per il “raggiungimento dell’indipendenza spirituale dell’Ucraina”.

Tuttavia una persecuzione religiosa condotta al giorno d’oggi in Europa, per di più in nome della libertà e della democrazia, è inquietante quantomeno per tre motivi:

  • La libertà religiosa è un diritto fondamentale, un principio di uguaglianza, alla base del concetto stesso di democrazia. Nel mese di dicembre l’UE ha avviato i negoziati per l’adesione dell’Ucraina, dopo averne accertato i requisiti per farne parte. Accettare per motivi geopolitici un Paese che nega il diritto di culto è un pericoloso precedente, che mostra come siano a rischio i diritti e le libertà di ogni singolo cittadino europeo.

  • La persecuzione religiosa in Ucraina fa parte di un più ampio processo di “ucrainizzazione” che è stato avviato nel 2014 con la decomunistizzazione, la derussificazione e la nazificazione. L’abbattimento delle statue di Lenin, la messa al bando del partito Comunista e la persecuzione dei suoi membri, la distruzione dei monumenti sovietici, il divieto di lingua russa, la messa al bando della musica, dell’arte e della letteratura russa, le leggi anti-Pushkin, le tonnellate di libri portati al macero (libri russi di ogni genere, anche per bambini e libri ucraini di epoca sovietica), i cambiamenti della toponomastica, non sono altro che momenti diversi di una complessa operazione di cancel culture la cui finalità è abbastanza evidente: cancellare l’unità storico- culturale dei popoli russi e ucraini per costruire un’identità puramente ucraina, basata sui valori occidentali e sul mito dei nazionalisti come Stepan Bandera. L’Ucraina di Zelensky è un laboratorio come il Cile di Pinochet. Alla stessa maniera, il modello di repressione ucraino potrà essere “esportato” nelle democrazie liberali.

  • Il governo italiano invia denaro e armi ad un Paese dove sono in corso persecuzioni religiose e i cittadini vengono arrestati per le loro opinioni, per la loro fede politica o religiosa. L’assistenza militare dell’Italia – che potrebbe contraddire l’articolo 11 della nostra Costituzione - è giustificata come sostegno nei confronti di una democrazia in lotta per i valori europei. Da quando le persecuzioni religiose e politiche sono diventate un nostro valore?

Per tutte queste ragioni si ritiene necessario e urgente seguire con attenzione ciò che sta avvenendo in Ucraina con gli ortodossi e tentare di dare voce a tutte le vittime della repressione di Kiev.

 

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