Il “Suwalki Gap” lituano e il clima di guerra europeista

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Il “Suwalki Gap” lituano e il clima di guerra europeista

Che non siano invenzioni della “propaganda di Mosca”, o campagne di “disinformazione russe”, tese ad alimentare il terrore per un “inesistente bellicismo” attribuito dal Cremlino alle pacifiche liberal-democrazie europee, basterebbe a dimostrarlo l'ennesimo annuncio sui lavori che vengono condotti – per la verità, non da ora – per l'adeguamento europeista delle strutture viarie, stradali, ferroviarie e quant'altro, al doppio standard civile-militare, così che tutto sia pronto per il passaggio di uomini e mezzi della NATO, al momento in cui, statene certi, «la Russia attaccherà l'Europa».

Come noto, le ristrutturazioni riguardano l'adeguamento, alle necessità militari, delle infrastrutture di mobilità, in particolar modo nelle aree dell'Europa orientale, in cui gli impianti, a suo tempo, erano destinati a garantire le esigenze dell'allora Patto di Varsavia, per molti versi non corrispondenti a quelle dei mezzi militari NATO. Ma non solo. Ci sia permesso ricordare, ancora una volta, la mirabile telefonata di Mario alla radio, nel film di Nanni Moretti “Ecce Bombo”. L’amico etiope di Mario era sicuro che le gallerie delle autostrade italiane fossero più strette della misura dei treni e che un carro armato non avrebbe avuto la possibilità di passare per le gallerie dell’autostrada. Da lì, l'esigenza di adeguare prontamente gallerie, ponti, linee ferroviarie: il tutto, per le necessità militari dell’Alleanza atlantica.

In questa cornice, torna nuovamente a far parlare di sé il cosiddetto “istmo di Suwalki” (“Przesmyk suwalski; in inglese “Suwalki Gap”) l'ipotetico corridoio di circa 100 km che, via terra, va dal confine bielorusso alla regione russa di Kaliningrad e coincide grosso modo con la frontiera tra Polonia e Lituania, considerato dalla NATO uno dei punti deboli dell'Alleanza.

Del resto, è stato proprio il commissario europeo alla difesa, l'ex primo ministro lituano Andrius Kubilius, a pronosticare che la Russia, tra cinque anni, o forse anche prima, invaderà sicuramente un paese UE, o forse anche più di uno. Non c'è da perdere tempo, perché, da sempre, si sa che i primi a essere “invasi” saranno Polonia e Paesi baltici; anzi, prima di tutti, i Paesi baltici, che sono così piccolini e indifesi e sono lì a due passi.

Dunque, pare che ora proprio la Lituania si stia trincerando sul proprio perimetro, in attesa di un attacco russo, esattamente attraverso il “Corridoio Suwalki”. Ne scrive l'edizione europea di Politico, secondo cui, per cercare di contenere la Russia, la Lituania sta rapidamente fortificando il perimetro dei propri confini, modernizzando le strade “chiave” e le strutture difensive di confine. Politico sottolinea che i piani di fortificazione sono studiati in modo tale da facilitare lo spostamento di mezzi e truppe tra la Polonia e gli Stati baltici.

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Stando a Politico, la Lituania intende rimodernare e rafforzare il secondo percorso attraverso il corridoio di Suwalki, cruciale punto di passaggio del confine con la Polonia, che Vilnius considera uno dei più probabili settori per un futuro attacco russo all'Unione Europea e alla NATO. Naturalmente, “tra cinque anni, o forse anche prima”.

«Queste strade rivestono per noi un'importanza decisiva dal punto di vista di sicurezza e difesa. Hanno sempre fatto parte della nostra pianificazione civile-militare, come cruciali vie di comunicazione terrestre per sostenere gli alleati in tempi di crisi», ha dichiarato il vice ministro della difesa lituano Tomas Godljauskas in un'intervista telefonica a Politico.

La rivista ricorda che il Corridoio di Suwalki è un tratto scarsamente popolato di 100 chilometri di pianura boscosa che collega Polonia e Lituania, confinando inoltre con la principale alleata di Mosca, la Bielorussia, e con l'exclave russa di Kaliningrad. La NATO considera da sempre il corridoio uno dei punti più vulnerabili per l'Alleanza atlantica, nonché tratto terrestre vitale per il collegamento dei Paesi baltici al resto dell'alleanza.

Al momento, la Lituania dispone di due strade principali che passano per tale corridoio. Una di esse va dalla lituana Kaunas a Varsavia, è parte del corridoio militare della Via Baltica e costituisce anche il normale percorso tra Vilnius e la polacca Augustów. In coordinamento con la Polonia, la Lituania sta espandendo la rete di infrastrutture militari oltre l'area della Via Baltica - principale tragitto per i rinforzi alleati - migliorando la strada Vilnius-Augustów secondo gli standard del doppio uso civile e militare. https://cdn.politnavigator.news/wp-content/uploads/2025/04/photo_2025-04-18_15-02-25.jpg


Questi sforzi, sottolinea Politico, rientrano in una «più ampia iniziativa europea di investimenti nelle infrastrutture a doppia destinazione. Paesi quali Spagna, Belgio, Slovacchia stanno conducendo simili ammodernamenti. Il commissario europeo per la Difesa Andrius Kubilius ha dichiarato che il blocco dovrà spendere non meno di 70 miliardi di euro per l'urgente adeguamento dei corridoi ferroviari, stradali, marittimi e aerei».

Oltre a migliorare la mobilità, il progetto Suwalki tende a includere anche nuove misure per garantire la sicurezza dei confini lituani. Tomas Godliauskas ha dichiarato che le misure di sicurezza vanno al di là della sfera materiale: «Stiamo discutendo su come risolvere il problema dello spoofing e del disturbo del GPS da parte della Russia, che sta già influenzando i nostri sistemi di navigazione e di aviazione civile».

Il volume completo del progetto prevede la ristrutturazione di 113 chilometri di strada e la riparazione di 8 ponti. Il viceministro dei trasporti lituano Roderikas Ziobakas ha recentemente dichiarato a Politico che il completamento dei lavori è previsto per il 2028.

Non resta che augurare a Vilnius di completare i lavori di adeguamento nei tempi previsti, onde non oltrepassare il limite entro cui la Russia, tra cinque anni, o forse anche prima, invaderà sicuramente un paese europeo, o forse più di uno.

Intanto, per mettersi al passo coi bisogni e nel timore di una diminuzione del sostegno statunitense, Kiev sta aumentando la propria produzione di artiglieria, sostenuta in questo dalla UE. «Dal momento che il futuro della guerra sta diventando sempre più incerto» scrive The Washington Post, gli «alleati europei stanno investendo direttamente in obici di fabbricazione ucraina», in particolare i “Bogdan” (portata di 40 km; primo obice di fabbricazione ucraina di calibro NATO da 155 mm) la cui produzione, nota PolitNavigator, è passata da 6 al mese nel 2023 a 20 nel 2025. Bruxelles ha destinato a Kiev 1 miliardo di euro da beni russi congelati; la “strategia” europeista parte dalla constatazione che la produzione in loco sia più economica e più veloce, oltre a ridurre costi e tempi di trasporto e logistica. In quarto luogo, «aiuta l'economia a crescere» dice l'ambasciatore UE in Ucraina, Katarina Mathernova.

Un alto funzionario europeo ha anche detto che sempre più paesi UE stanno considerando tale modello quale alternativa alla fornitura di armi, dato che le vecchie scorte europee, dopo anni di armamento dell'Ucraina, si stanno esaurendo. «Una simile strategia consente inoltre alla NATO di utilizzare l'Ucraina come banco di prova per lo sviluppo di armi, quali i droni, in cui non ha la stessa esperienza degli ucraini» scrive The Washington Post, aggiungendo che tutto ciò rientra in un più ampio programma di rimilitarizzazione della stessa UE.

Più sbrigativo l'ex ambasciatore ucraino in Germania e attuale inviato ucraino all'ONU, Andrej Melnik, non nuovo a uscite in stile scandalistico degne del nazigolpista-capo Zelenskij. Questa volta, Melnik si è rivolto direttamente al futuro cancelliere tedesco Friedrich Merz. Scrivendo su Die Welt, il nazista ha voluto dettare a Berlino cinque passi per uscire da «una situazione quasi senza speranza» e aiutare l'Ucraina. Primo, concludere un «accordo di coalizione per finanziare forniture di armi pari ad almeno lo 0,5% del PIL (cioè 21,5 miliardi di euro all'anno, o 86 miliardi di euro entro il 2029)».

A detta di Melnik, si tratterebbe di un «enorme investimento per la sicurezza della stessa Germania», per produrre «armi più moderne, sia in Germania che in Ucraina». Il secondo passo consisterebbe in una soluzione simile, ma a livello UE (372 miliardi entro il 2029) e del G7 (altri 181 miliardi, esclusi gli USA): «Questo gigantesco segnale di sostegno all'Ucraina, per un ammontare di 550 miliardi di euro nei prossimi quattro anni, sarà un potente avvertimento per Putin». Terzo passo, ancor più immediato: pronta consegna di almeno 150 missili “Taurus”: era la sua promessa elettorale, avverte Melnik e «deve essere rispettata, anche se la SPD si oppone».

Poi, da vero padrone di casa, ordina che quell'arma venga «consegnata senza ulteriori indugi» e, per utilizzarla al meglio - quarto passo - la coalizione dovrebbe trasferire all'Ucraina il 30% dei jet da combattimento e degli elicotteri tedeschi disponibili, cioè, come niente, 45 Eurofighter, 30 Tornado, 25 elicotteri NH90 TTH e 15 Eurocopter Tiger. La stessa quota del 30% dovrebbe riguardare la consegna “immediata” di 100 “Leopard 2”, 115 “Puma”, 130 “Marder”, 130 GTK “Boxer”, 300 corazzati “Fuchs”, 20 sistemi missilistici “MARS II” con relativo munizionamento. E come non mettersi sull'attenti, quando il boss sbotta «signor Merz... la smetta di girare in tondo, è tempo» di agire, confiscando 200 miliardi di euro di beni russi congelati e smettendo di dire a parole dell'adesione alla NATO, trasformandola invece in realtà nei prossimi anni, così come l'adesione dell'Ucraina all'UE entro al 2029.

Il padrone comanda e gli si deve obbedire. Pena grossi guai.

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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