Il trionfo della non democrazia deliberativa

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Il trionfo della non democrazia deliberativa

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di Federico Giusti

Le disuguaglianze sociali ed economiche crescono e non saranno fermate dalla semplice indignazione.

Premessa

Quasi 15 anni fa, davanti all'ennesima crisi economica proveniente dagli States e all'impennata dei processi finanziari speculativi, nacque il  movimento Occupy Wall Street a cui si deve lo slogan "siamo il 99 per cento della popolazione" marcando la contrapposizione con quell'1% rappresentato dalle elites che iniziavano ad accumulare ricchezza e privilegi crescenti.

Dagli Usa all'Europa il movimento si espanse e anche negli anni successivi ha rappresentato un modello da seguire per innumerevoli altre proteste, ora senza fare le pulci al No Occupy possiamo, una volta tanto, concordare con la stampa maistream (La lezione di Occupy Wall Street, il movimento che ha cambiato il modo di protestare | L'Espresso (lespresso.it)) nel sostenere che si è trattato del primo grande movimento di massa amplificato attraverso i social.

Partiamo da questa considerazione perchè da oltre un decennio esiste a livello mondiale un forte sdegno verso la natura speculativa delle operazioni di borsa e il crescente impoverimento di masse crescenti della popolazione, se vogliamo si è preso atto del fallimento del capitalismo come sistema attraverso il quale le condizioni economiche anche delle aree economicamente arretrate sarebbero migliorate.

Per esigenze di sintesi non ci dilungheremo ulteriormente  ricordando che la critica verso gli eccessi del capitalismo è sempre stata presente negli ambienti radical statunitensi e nei nostalgici europei neo keynesiani ma gli uni e gli altri non hanno colto la effettiva natura del capitalismo nel nuovo millennio guardando per lo più a contenerne gli eccessi.

L'idea che democrazia e capitalismo debbano coesistere per correggere gli eccessi del libero mercato non hanno portato  a maggiore eguaglianza sociale e la visione tipicamente riformista , l'approccio complessivo al modo di produzione e alla società alla fine non hanno prodotto rotture radicali ma movimenti sporadici per lo più legati ai diritti civili. Un po' come avviene sulle questioni ambientali con la democrazia deliberativa al posto di quella partecipativa per eliminare sul nascere la centralità del conflitto, sottovalutare la dimensione del potere e dei rapporti di forza illudendosi che ogni forma di protesta sia destinata a correggere gli eccessi del mercato restando in piena subalternità allo stesso

I fondi di investimento padroni assoluti dell'economia

La concentrazione del potere economico nelle mani di alcuni Fondi che detengono quote azionarie di aziende pubbliche a loro volta controllate, o controllori, di altre società nelle quali ritroviamo gli stessi Fondi con quote azionari rilevanti che condizionano ogni scelta. E' il caso in Italia delle Multiutility, aziende  pubbliche, con partecipazione privata, quotate in borsa che trasformano la gestione dei beni comuni in profitti azionari invece di pensare che la nascita di grandi società potrebbe permettere una gestione in economia dei servizi reinternalizzando la gestione del personale.

Per quanto vera non è convincente la classica narrazione che vede lo 1% arricchirsi a discapito del restante 99%.  I multimilionari hanno  non solo speculato in borsa ma nell'arco di pochi anni sono stati i protagonisti e i beneficiari della crescita dell'inflazione. la loro ricchezza,  proprio perchè non tassata, è cresciuta a dismisura.

Un sistema fiscale a uso e consumo dei dominanti

A sinistra ci si presenta sovente come i paladini della lotta alla evasione fiscale senza mai fare i conti con le responsabilità dei governi tecnici e di centro sinistra nel costruire un fisco a misura del grande capitale. Meloni si è mossa nell'alveo degli Esecutivi precedenti con la differenza di stabilire per le partite iva, bacchettata per questo dal grande capitale finanziario, una irrisoria tassazione che non ha precedenti in altri paesi Ue.

Sarebbe intelligente non prendersela moralisticamente con il singolo cittadino moroso, che a scanso di equivoci le tasse dovrebbe pagarle e le pagherebbe se lo Stato volesse assicurare al welfare le risorse necessarie invece di privilegiare le privatizzazioni, urge invece guardare  ai sistemi fiscali creati nel tempo con diminuzione della aliquote fiscale e a quanti, accumulatori seriali di ricchezza, alla fine non versano che briciole allo Stato. Pensiamo agli utili delle grandi società, se solo versassero parte delle tasse in rapporto ai profitti fatti nel nostro paese, oggi avremmo risorse a sufficienza per aprire nuovi ospedali pubblici, rifare delle strade e bonificare i siti inquinati

La guerra alimenta i profitti

Negli Usa non manca letteratura critica, si  parla degli oltre 70 mila super ricchi globali, i cosiddetti "ultra high net worth individuals"

La guerra della NATO contro la Russia in Ucraina e il genocidio del popolo palestinese non sono incidenti di percorso ma rientrano in una strategia globale, la guerra alimenta appetiti e interessi e le azioni delle industrie belliche (ove si ritrovano i Fondi) sono aumentati a dismisura. L'economia di guerra non è data solo dall'impoverimento delle masse popolari e del welfare ma anche da processi di accumulazione di capitale e dalla nascita di blocchi economici vincenti trasversali agli Stati nazione.

La ricchezza netta delle classi dirigenti in tutti gli Stati-nazione è accresciuta visibilmente soprattutto in Nord America, uno Stato nazionale compiacente e in subordine al mercato e alla speculazione è lo strumento ideale per accrescere le ricchezze.

E'  quindi lecito parlare di nuova aristocrazia e oligarchia finanziaria e capitalista? Risposta affermativa ma rispetto al passato  siamo davanti a una oligarchia composta da entità finanziarie e speculative dietro alle quali ci sono sempre blocchi di potere, basti ricordare che in un solo anno il capitale finanziario Usa è cresciuto del 9 per cento e anche le correnti del capitalismo woke sono parte attiva di questo processo

Ci viene anche chiesto se questa tendenza a ristrette elites di super ricchi riguardi anche paesi orientali, a scanso di equivoci i super capitalisti crescono anche in Cina e dovrebbero prenderne atto quanti, ancora oggi,  sognano il comunismo in salsa orientale.  Nei paesi Ue è singolare la crescita di questa classe di super ricchi e avviene soprattutto in Germania nonostante la crisi della manifattura e del modello renano.

Il rapporto tra super arricchimento di elites e progressivo e rapido impoverimento delle masse popolari dovrebbe essere colto e sviluppato come tendenza attuale del capitalismo e messo in rapporto direttamente con la svolta cosiddetta green che non a caso rischia di piegare la industria europea ai dettami di quella statunitense (ma la situazione sta cambiando radicalmente e il ritorno di Trump cambierà le carte in tavola).

La classe lavoratrice non ha ancora preso atto che il ricorso strutturale alla guerra colpirà alla lunga salari, welfare e pensioni, in questa sorta di oblio gioca il ruolo nefasto dei sindacati e dei partiti del centro sinistra, basti vedere il voto dei verdi al Parlamento europeo

Controriforme, distruzione dei diritti sociali  e rilancio dell'economia capitalista

E' il caso di sviscerare il legame esistente tra le riforme in materia di lavoro, welfare, fisco e pensioni avviate negli ultimi 25 anni e la situazione attuale, i bassi salari o meglio la tendenza alla precarietà lavorativa e retributiva nascono in Italia con la Legge Biagi e in Germania con le "riforme" del welfare e del lavoro "Hartz" ("Assegno di cittadinanza") e la creazione di settori a basso salario a livello nazionale.  In Italia appalti e subappalti rientrano a pieno titolo in questo processo di austerità salariale . Senza  queste controriforme, avvenute con i Governi di centro sinistra, i diritti sociali non sarebbero stati surclassati determinando rapporti di forza a mero discapito dei salariali, per questione di tempo ci limiteremo a queste osservazioni riflettendo al contempo sul rapporto tra processi contro riformatori e benefici economici che non sempre hanno partorito i risultati sperati. In ogni caso,  innalzare l'età pensionabile, tagliare il welfare, ridurre al minimo i diritti sociali, privatizzare servizi, precarizzare il lavoro ha permesso al capitale di ristrutturarsi ovunque, poi in questa fase ci sono paesi, come il nostro, che hanno perso innumerevoli treni.

In Italia esistono problemi strutturali che limitano fortemente la crescita dell'economia, per anni  sono state coltivate politiche concertative che hanno messo in ginocchio potere di acquisto e di contrattazione disinnescando il conflitto dei dominanti in cambio di contro riforme più blande.  La concertazione ha ingabbiato i lavoratori , alla fine ha indebolito il sindacato e senza conflitto sociale il capitale ha agito indisturbato, questa sintesi un po' estrema è la sola conclusione possibile.

Conflitto e capitale

E' invece diffusa la tendenza a ridurre le aliquote fiscali, in Italia le tasse si pagano meno che in altri paesi Ue e da qui il depotenziamento del welfare e le politiche di privatizzazione.

Non faremmo un ragionamento sociologico ma piuttosto vorremmo analizzare i flussi e le scelte del capitale, troppe volte si è pensato che in fondo la crescita delle disuguaglianze sia un problema per il capitalismo e non il risultato di alcune scelte ben studiate e ponderate

Forse lor signori non hanno ancora fatto i conti con l'Oste ossia con la ripresa del conflitto, negli Usa ci sono stati piu' scioperi nell'ultimo triennio che nei 10 anni precedenti, eppure questi scioperi non hanno quasi mai scongiurato licenziamenti di massa . Tuttavia alla fine il capitale in qualche misura deve sempre scendere a compromessi e in diversi paesi il sindacato ha portato a casa aumenti salariali adeguati al costo della vita come non faceva da decenni tacendo tuttavia sui processi di ristrutturazione che vanno determinando licenziamenti di massa.

La tendenza sindacale di portare a casa incrementi salariali accettando i licenziamenti è una tendenza diffusa tanto in Germania contro gli Usa andando così a rompere quel patto di solidarietà tra salariali ed esercito industriale di riserva, tra nuovi e vecchi assunti. Questa sorta darwinismo sociale porta i sindacati a ritenere ineluttabili i processi di ristrutturazione e i licenziamenti, si mira in altri termini a monetizzare il danno

Abbiamo in sostanza perduto una bussola di riferimento, gli appelli diffusi riguardano la necessità di tassare le grandi ricchezze  senza mai porsi l'obiettivo reale di costruire strumenti e percorsi atti a questo scopo, prevale una critica etica e moralista al capitalismo o alla guerra senza mai coglierne la complessità e gli effetti a media e lunga scadenza. E letture semplificate e riduttive non saranno di aiuto.

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