In morte di Gorbaciov

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In morte di Gorbaciov

 

E’ morto ieri Mikhail Gorbacjov dopo una lunga malattia.  Fu eletto presidente il 15 marzo 1990, primo e ultimo presidente dell’Unione Sovietica. A 54 anni, a marzo del 1985, divenne Segretario generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Sovietico, dopo il 74-enne Konstantin Cernjenko, sembrava giovanissimo. Un dirigente che per primo “andò al popolo”, le sue uscite pubbliche erano sempre in compagnia della moglie Rajssa, che ha giocato un ruolo non indifferente nelle scelte del marito. Gorbacjov annunciò la politica della “glasnost’” (trasparenza) e “perestrojka” (ricostruzione) – di per sé un fenomeno antisovietico. Proprio questi cambiamenti diventarono la spinta verso l’inizio della disintegrazione dell’Unione Sovietica.

In Russia dicono che Gorbacjov è stato l’illustrazione del fatto di come le buone intenzioni del leader nazionale siano capaci di portare l’intero paese all’inferno. E così è stato. La caduta dell’Unione Sovietica è stata la più grossa catastrofe geopolitica del secolo. – disse Vladimir Putin. Decine di milioni di connazionali si sono trovati all’improvviso fuori dai confini del proprio paese, per il popolo russo divenne un vero dramma. Certo, una enorme responsabilità ricade sul cinico, ambizioso e anti comunista El’zin e gli altri due capi delle repubbliche sovietiche di Ucraina e Bielorussia, Kravcjuk e Shushkevic’. Il trio degli autoproclamatesi “becchini dell’URSS”, che il 3 dicembre 1991, firmarono l’illegittimo accordo nel parco nazionale della foresta Belovezhkaja e liquidarono l’Unione Sovietica. Tuttavia, dal punto di vista giuridico, l’URSS esistette come minimo ancora 18 giorni. Gorbacjov avrebbe potuto arrestare i tre della congiura, che in sostanza avevano realizzato un colpo di Stato, avrebbe potuto non riconoscere quell’accordo. Ma Gorbacjov aveva “paura della guerra civile”, in realtà si è rivelato un uomo debole, che non ha lottato, non ha difeso la Patria, in nome della quale sacrificarono la propria vita 27 milioni di cittadini sovietici per vincere il nazismo. Fu perfino ingenuo nel credere agli Stati Uniti e alle promesse della Nato che non si sarebbe allargata ad est “nemmeno di un pollice” e non pretese accordi scritti.  Tutto questo a Gorbacjov i russi non glielo perdonano. E’ logico perciò che Gorbacjov sia più famoso e venerato all’estero che non in patria. Negli Stati Uniti, in Gran Bretagna alla caduta dell’URSS esultarono, il loro sogno si era avverato. L’ambasciatore americano a Mosca, Jack Matlock, disse: “il crescente caos nell’URSS rappresenta un’opportunità senza precedenti per gli Stati Uniti di influenzare il corso interno ed esterno dell’Urss; Madeleine Albright: “il nostro compito è gestire il crollo dell’impero sovietico, perché ciò è nel nostro interesse”; Bush, informato della congiura di Belovezhk, disse che era “una vittoria non solo della democrazia, ma anche della CIA”.

 Il 13 dicembre Gorbacjov, nel corso di una delle sue abituali telefonate a Bush, manifestò chiaramente di essere più preoccupato di dare un carattere legittimo alla trasformazione del paese, che non di salvarlo. La sera del 25 dicembre, dopo la sua apparizione in tv dove annunciò le sue dimissioni da presidente, telefonò di nuovo a Bush e gli disse: “Festeggiate tranquillamente il Natale, l’Unione Sovietica non esiste più”. Era ancora formalmente presidente dell’URSS!  Nella telefonata a Washington egli fu preceduto da El’zin, il quale volle dare per primo la notizia a Bush, prima ancora che a Gorbacjov stesso.  La risposta che Bush diede a Gorbacjov era prevedibile: “Ciò che hai fatto entrerà nella Storia.  Ti saluto e ti ringrazio per tutto ciò che hai fatto, per la pace e per l’amicizia”

E adesso tutte le parole di ringraziamento verso Gorbacjov arrivano dall’estero. Putin non dirà nulla di cattivo verso Gorbacjov, allo stesso modo si è comportato verso El’zin.  Il suo telegramma di condoglianze alla famiglia contiene le seguenti parole: “Mikhail Gorbacjov è stato un politico e statista che ha avuto un enorme impatto sul corso della Storia mondiale. Ha guidato il nostro paese in un periodo di cambiamenti drammatici e complessi, di politica estera su larga scala, di sfide economiche e sociali. Capì profondamente che le riforme erano necessarie, si sforzò di offrire le proprie soluzioni a problemi urgenti. Voglio notare le sue grandi attività umanitarie, caritative ed educative che ha condotto Mikhail Gorbacjov negli ultimi anni.” 

Tuttavia l’inferno rimane. L’energico, giovane Segretario generale, infervorato dalle riforme che realizzò senza indugio, all’inizio era un idolo per la società sovietica, stanca della gerontocrazia e dei tempi della stagnazione. Non durò molto.  Pochi anni dopo Gorbaciov divenne e rimase fino alla fine della sua vita, oggetto di odio ardente di una larga parte dei suoi concittadini che attribuirono a lui la principale responsabilità di ciò che hanno dovuto sopportare, la responsabilità per il paese distrutto, per l’incubo degli anni ’90, i milioni di vite perse nelle guerre, pulizie etniche, attacchi terroristici, guerre tra bande, milioni di vite mai nate.

Il destino storico di Mikhail Gorbaciov è una lezione per tutti gli statisti: non importa quanto e cosa si desideri, quali siano gli alti ideali che ti guidano, alla fine vengono presi in considerazione solo i risultati reali delle decisioni prese.

Le conseguenze della disintegrazione dell’URSS sono state evidenti e dolorose per varie ex repubbliche sovietiche e durano ancora oggi. Quella più terribile la viviamo tutti da 8 anni: è la tragedia dell’Ucraina, il sangue del Donbass che è un tributo spaventoso ed enorme per scelte affrettate e non ponderate, tradimenti, fatti 31 anni fa.

 

Marinella Mondaini

Marinella Mondaini

Scrittrice, giornalista, traduttrice. Vive e lavora a Mosca

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