Israele, era la barca della speranza. Portava 35 feriti
di Patrizia Cecconi
Mentre scriviamo Israele l'ha sequestrata, ha sparato, ha bombardato anche il porto di Gaza. Ha arrestato gli occupanti della barca che speravano di raggiungere Cipro per potersi curare. Chi non ha capito perché i gazawi hanno organizzato la Grande marcia del ritorno cercando di rompere, sebbene simbolicamente , la recinzione israeliana che delimita il confine dell'assedio tenendo imprigionate 2 milioni di persone da 11 anni, forse potrà capirlo ora. A nulla è valsa la comunicazione che tramite la Tv Al Jazeera il direttore dello Shifa Hospital ha dato due giorni fa. Il dr. Medhat Abbas sperava che rendendo pubblica la missione di salvataggio di 35 feriti non operabili a Gaza, avrebbe potuto proteggerli dalla furia degli assedianti. Purtroppo non è servito.
A noi resta il compito di chiederci come mai i nostri media main stream o tacciono o forniscono soltanto notizie basate su veline israeliane, una per tutte la comunicazione data da Rainews24 in cui il giornalista di turno afferma che la partenza di questi pescherecci con a bordo "pazienti e studenti" è "un'operazione volta a innalzare la tensione" volendo forzare il blocco israeliano. In tal modo il giornalista di Rainews24 si pone come fedele servitore della narrazione israeliana escludendo totalmente dalla comprensione dello spettatore che non conosce la realtà, l'idea che l'assedio sia illegale oltre che disumano.
Anzi, escludendo addirittura l'idea dell'assedio limitandosi a chiamarlo blocco violato dai pescherecci. A noi resta da chiederci ancora che fine farà il diritto internazionale se può essere calpestato in questo modo e, per di più, con l'assenso dei media democratici che alla funzione di informazione oggettiva hanno sostituito quella di lettori di veline dettate da chi al diritto sostituisce la forza. Al vecchio binomio oppositivo "socialismo o barbarie" basterebbe ormai sostituire più semplicemente "verità o barbarie", visto che la costante negazione della verità facilità il riconoscimento della barbarie come sostituto del Diritto internazionale.