Israele: Netanyahu vince le primarie del Likud e si rilancia

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Israele: Netanyahu vince le primarie del Likud e si rilancia



Piccole Note
 

Si rafforza Benjamin Netanyahu grazie alla grande vittoria ottenuta alle primarie del Likud, che ha vinto con più del 70% dei consensi. Riesce così a rilanciarsi con una vittoria che mette in ombra i procedimenti giudiziari che lo perseguitano.


Un regalo inatteso, ottenuto grazie alla sfida temeraria del suo rivale interno, Gideon Sa’ar, che evidentemente, prima di candidarsi alla guida del partito ha sbagliato tutti i suoi calcoli.


Sarebbe bastata anche una sconfitta di misura per porre criticità a Netanyahu, il quale non avrebbe potuto presentarsi alle elezioni politiche di marzo con metà partito contro. Ma era evidente da giorni che questa prospettiva non era solo lontana, ma impossibile.


Primarie di prospettiva


Un regalo doppio quello – involontario – di Sa’ar al suo rivale, dato che per giorni le primarie del Likud hanno spostato l’attenzione dell’opinione pubblica israeliana dal piano giudiziario a quello politico, riuscendo così nell’impossibile opera di ridare lustro all’immagine del premier, offuscata dalla contesa con la magistratura.


Non solo, la sfida temeraria ha riproposto agli israeliani un premier vittorioso contro tutto e tutti. Una capacità che Netanyahu ha sempre vantato e usato per attrarre consensi, e che era stata messa in discussione dopo le ultime due elezioni politiche non vinte, circostanza che aveva iniziato ad alienargli i consensi di chi lo votava per mancanza di alternative altrettanto vincenti.


E ciò è avvenuto nonostante si sia trattato di una elezione secondaria, consumatasi nel chiuso del suo partito. Il premier israeliano, infatti, sta vendendo questo trionfo con la consueta abilità, elevandolo a evento di rilevanza nazionale, se non globale.


Non una vittoria su un rivale interno, ma un trionfo che apre prospettive, dato che lo proietterebbe a riprendere in mano saldamente il timone dello Stato israeliano.


Torna lo spettro Iran


E, infatti, chiuse le primarie, Netanyahu ha iniziato a parlare come un premier che ha davanti un lungo mandato “promettendo di portare a casa il riconoscimento degli Stati Uniti alla sovranità israeliana sugli insediamenti in Cisgiordania – una mossa equivalente all’annessione” (Timesofisrael).


Non solo, se fino a ieri l’opzione “guerra all’Iran”, da tempo auspicata dal premier israeliano, era derubricata a mera velleità, oggi non è più così.


Indicativo in tal senso un articolo di Haaretz dal titolo: “A Netanyahu non dovrebbe essere permesso di iniziare una guerra con l’Iran per salvarsi”.


Nella nota, scritta da Shlomo Brom e Shimon Stein, si legge:”La preoccupazione è che [Netanyahu] possa iniziare un grande conflitto con l’Iran nella speranza di convincere l’elettorato israeliano che non vi è alcun sostituto alla sua leadership, ciò nonostante i costi che dovrà sopportare Israele per una guerra del genere”.


Certo, l’articolo spiega anche che l’incerto esito di una tale iniziativa, cioè l’impossibilità di ottenere una vittoria sicura e conclusiva, potrebbe essere controproducente per il premier israeliano.


E che tanti sono i freni in proposito, a iniziare dal fatto che non la vuole l’Iran né la maggior parte degli israeliani (come indicano vari sondaggi). E però, il fatto che si riparli di tale opzione la rende non più impossibile, ma solo improbabile (1).


Il ritorno del mago


Insomma, Netanyahu è tornato a vestire il suo abito preferito, quello del “mago” capace di vincere tutte le contese e cavalcare prodigiosamente le avversità.


Se Gideon Sa’ar non ci fosse stato, probabilmente lo avrebbe inventato lui stesso. Non si tratta di maramaldeggiare su un esponente politico cui va certamente riconosciuto un coraggio notevole (dato l’enorme potere del rivale), quanto di registrare ancora una volta che se si abbandona il realismo consegnandosi totalmente a (pur nobili) slanci ideali, si rischia di produrre l’esatto contrario di quanto si era prefissato.


Detto questo, le elezioni politiche si svolgeranno tra 3 mesi, troppo in là perché Netanyahu vi arrivi sfruttando in pieno l’abbrivio dell’attuale trionfo interno.


Certo, le primarie del Likud hanno anche avuto come conseguenza l’annichilimento mediatico degli altri partiti e dei loro rispettivi leader, ma l’effetto non durerà tempo, per sfortuna di Netanyahu che sarà costretto a estrarre altri conigli dal suo cilindro.


Nel frattempo, pare che voglia chiedere in Parlamento uno scudo protettivo per le sue vicende giudiziarie, dopo che per anni aveva irriso quanti prospettavano tale eventualità (Haaretz). Sembra che lo voglia fare ora che si sente più forte. Futuro incerto, da seguire.

 

(1) Oggi iniziano le esercitazioni navali congiunte tra navi iraniane, russe e cinesi “nell’oceano Indiano e nel Golfo dell’Oman, in quella che Mosca ha definito un’esercitazione di cooperazione e addestramento navale senza precedenti” (Yedioth Ahronoth). Una conferma del fatto che le criticità del Golfo hanno implicazioni globali e che Mosca e Pechino non recedono dallo loro alleanza con Teheran.

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