Italexit, sovranità e Nato. Alcune domande per il dibattito
Recuperare la nostra sovranità è il primo obiettivo che come popolo ci dobbiamo prefissare.
Tutte le forze progressiste che mirano al socialismo per relegare nella spazzatura della storia questo trentennio di barbarie liberiste sanno - o dovrebbero sapere per essere credibili - che tutti i loro proclama sono vani finché il potere reale viene detenuto da Bruxelles, Berlino, Francoforte e Washington. E, soprattutto, Washington.
Sul nuovo partito fondato dal senatore Paragone, Italexit, è veramente troppo presto per prendere una posizione netta. Siamo ad alcune dichiarazioni, un manifesto molto ben scritto, energie molto interessanti a cui diamo e daremo spazio per le battaglie in comune sulla sovranità monetaria e fiscale. Ma troppo poco (e male dal nostro punto di vista) è stato fatto e detto su un aspetto determinante che riguarda il pieno recupero della nostra sovranità, senza il quale, dal nostro punto di vista, i punti indicati dal Manifesto restano difficilmente perseguibili.
Due domande su tutte. Come si può pensare di recuperare la sovranità nazionale dentro la Nato...? E, ancora più nel dettaglio: Come si può pensare di mettere in un cassetto le barbarie degli ultimi trent’anni quando il tempio del neo-liberismo conserva 40 bombe nucleari sul nostro territorio?
E’ con questo spirito, assolutamente costruttivo e aperto a lanciare un dibattito, che riceviamo e rilanciamo uno scritto di Alessandro Pascale che articola queste domande. Del resto, non porsi questi problemi oggi potrebbe rendere vani tutti gli sforzi per il recupero pieno della nostra sovranità domani.
La redazione
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di Alessandro Pascale
Come ha giustamente fatto notare più volte il compagno Matteo Luca Andriola, a cui peraltro va la mia solidarietà per le gravi minacce ricevute in questi giorni, il problema principale di Italexit, la nuova organizzazione promossa da Paragone, è che non dice mezza parola sulla NATO, non cogliendo un dato essenziale: quasi tutti i paesi dell'UE sono anche membri della NATO, e seppur con qualche distinguo, sono tutti proni (Italia compresa) al progetto imperiale portato avanti da Washington, che prevede il mantenimento del controllo assoluto delle risorse dell'Africa e del Medio Oriente, oltre che l'eventuale repressione di avversari interni, da compiersi con ogni mezzo.
Non ci sarà emancipazione nazionale (e quindi anche popolare) possibile finché non avremo rescisso con una rivoluzione il blocco sociale e politico che ha mantenuto l'Italia su questi binari fin dal viaggio di De Gasperi negli USA. La lotta all'imperialismo è complessa e articolata ma occorre ricordare chi è il primo nemico alla cui tonaca si attaccano con disperazione i più importanti gruppi borghesi del nostrano "complesso industrial-militare".
Finché saremo nella NATO saremo complici dell'Impero. Potenza imperialista di medio livello, ma partner subalterno all'ordine americano fondato sul dominio delle multinazionali e di un'élite ristretta di migliaia di persone che pretendono di governare il mondo in virtù della propria forza militare o economica. Non c'è possibile riscatto popolare in un contesto simile, neanche dopo aver eventualmente compiuto il miracolo di scissione dall'UE. Finché non usciremo dalla NATO saremo sempre una semicolonia a sovranità limitata, con una classe borghese connivente che preferirà abbandonare al macello il popolo e la nazione, piuttosto che i propri averi.