Karlsruhe, il conflitto è insanabile. Ma l'Italia ha un Piano B?
di Lidia Undiemi*
6 maggio 2020
La sentenza della Corte Costituzionale tedesca è una ulteriore tappa di quello che ormai appare come un conflitto insanabile tra la Germania e le istituzioni europee, in particolare la Banca Centrale Europea e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Nulla di nuovo per chi avesse letto il mio articolo “Crisi, MES e l’incredibile verità sull’entrata in scena di Draghi: spiegato facile”, in cui risulta chiaro come il problema emerso ieri con la sentenza della Consulta tedesca si interseca con quello del Mes.
Siccome c’è molta confusione su cosa sia stato effettivamente detto, proverò a sintetizzare la reale portata della decisione sul futuro dell’UE, sempre più in bilico.
La Corte di Karlsruhe aveva rimandato alla Corte di Giustizia Europea per un giudizio sull’operato della Banca Centrale Europea con il cosiddetto Quantitative Easing, in particolare con una serie di strumenti di acquisto dei titoli pubblici sul mercato secondario definito PSPP (Public Sector Puchase Programme). Già in sede di rinvio pregiudiziale i giudici tedeschi avevano sollevato parecchi dubbi sulla legittimità delle azioni poste in essere dalla Bce.
Bene, nella esplosiva sentenza di ieri, i giudici della Consulta tedesca inviano messaggi forti e non certo concilianti a 5 istituzioni:
- al governo e al parlamento tedesco, per la verifica del loro mandato costituzionale, in particolare sulla loro mancata vigilanza rispetto all’operato della Bce;
- alla Bce, chiedendo ulteriori spiegazioni sul programma PSPP, al fine di consentire una indagine sulla effettiva violazione dei trattati;
- alla Corte di Giustizia Europea, sostenendo a gran voce che la sovranità appartiene agli stati, e che spetta alla Corte Costituzionale valutare se ai sensi della legge fondamentale tedesca le istituzioni europee abbiano agito nel rispetto del manato conferitogli dagli stati mediante i trattati. Su questi presupposti, ha dichiarato che alcune parti della sentenza della Cgue dell’11 dicembre 2018 – con cui i giudici europei hanno sancito la legittimità delle decisioni della Bce – fuoriescono dal mandato che conferito dai trattati ai giudici europei, in particolare in merito all’applicazione del principio di proporzionalità nel giudizio fornito sulla Bce. Il principio di proporzionalità implica che le istituzioni europee debbano agire mantenendo una proporzionalità tra gli obiettivi che si sono conferiti e le azioni poste in essere. In particolare, i giudici tedeschi hanno ritenuto che nel valutare il programma di acquisto della Bce, la Corte europea non abbia indagato correttamente sul fatto se vi sia proporzionalità tra gli obiettivi di politica monetaria in capo alla Bce e gli strumenti dalla stessa posta in essere.
- Alla Banca tedesca, Bundesbank, che non può per tali motivi partecipare all’attuazione del programma della Bce, a meno che il Consiglio direttivo della Bce non adotti una nuova decisione che dimostri in modo comprensibile e giustificato che le azioni messe in campo non siano sproporzionate rispetto agli obiettivi di politica monetaria.
Le cose stanno quindi così:
- La Consulta ha rimandato il proprio giudizio sulla Bce, e per derivazione quello sul governo e sul parlamento tedesco;
- La Consulta ha delegittimato la Corte di Giustizia Europea, trasferendo a sé stessa il potere giudiziario di decidere sull’interpretazione dei trattati in questa specifica circostanza. Fatto mai accaduto nella storia d’Europa.
Tutti quanti siamo in grado di renderci conto che ormai il conflitto tra le Corti è insanabile, e che quindi il declino dell’UE è un evento quasi certo da consumarsi in tempi incerti.
Nel frattempo, la Bce non le manda a dire, con un messaggio invero un po’ criptico ma chiaro a chi ha seguito la vicenda sin dall’inizio. La Bce dichiara che prende atto della sentenza dei giudici costituzionali tedeschi, e che proseguirà nel suo impegno a garantire l’obiettivo della stabilità dei prezzi, e aggiunge però che le azioni intraprese verranno trasmesse a tutte le giurisdizioni dell’area euro, specificando che già comunque la Corte di Giustizia Europea ha stabilito il rispetto del suo mandato. In pratica, anche se sembra che ci sia un’apertura della Bce alle disposizioni della Corte tedesca, appare ferma la sua posizione in linea con quanto già deciso dalla Corte europea.
Resta da capire se il complicato compromesso possa essere mantenuto, oppure se a breve dovremo aspettarci una crisi europea senza precedente.
L’Italia ha eventualmente un piano B? Sembra proprio di no.
*Autrice del libro “Il ricatto dei mercati” edito da Ponte alle Grazie, sui temi della nuova governance economica e internazionale, sull’evoluzione del lavoro nel nuovo capitalismo finanziario e sull’influenza delle multinazionali sui sistemi di governo sovranazionali. Membro dell’ASDIE, Associazione degli Studiosi di Diritto Internazionale ed Europeo.