Krisenmodus: la Germania di nuovo "il malato d'Europa"

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Krisenmodus: la Germania di nuovo "il malato d'Europa"

 



di Fabrizio Verde


Krisenmodus, ovvero modalità crisi. La locomotiva tedesca ha frenato bruscamente e si è fermata. La Germania si è vista così affibbiare il poco lusinghiero titolo di “malato d’Europa”. Ormai la parola “crisi” domina il dibattito pubblico teutonico. Lo stesso cancelliere Olaf Scholz ha ammesso che il suo paese si trova in una situazione difficile. "Nelle conversazioni con i cittadini, mi viene ripetutamente chiesto se sia giusto per noi aiutare l'Ucraina su una scala così massiccia. Dico loro chiaramente che lo è. Anche se, ovviamente, ne subiamo le conseguenze finanziarie", ha riconosciuto il politico socialdemocratico.

Scholz ha sostenuto la necessità di un sostegno così massiccio, affermando che se il Presidente russo Vladimir Putin dovesse riuscire nella sua operazione, le conseguenze "cambierebbero i confini dell'Europa" e quindi "sarebbero molto più costose" dell'assistenza tedesca all'Ucraina.

Intanto il malcontento popolare verso Scholz e la cosiddetta coalizione ‘semaforo’ cresce. Oltre il 70% dei cittadini tedeschi è insoddisfatto delle politiche del governo, secondo i dati di un sondaggio condotto dall'istituto INSA per il quotidiano Bild. “Il Bundeskanzler Olaf Scholz è valutato particolarmente male. Il 72% degli elettori è insoddisfatto del suo operato - tre punti percentuali in più rispetto all'inizio di dicembre. Solo uno su cinque (20%) pensa che Scholz stia facendo bene il suo lavoro; ma anche questa valutazione è peggiorata di tre punti", si legge nella pubblicazione che riporta i risultati del sondaggio. Secondo l'INSA, il 76% degli intervistati è generalmente insoddisfatto dell'operato del governo federale tedesco. Solo il 17% dei tedeschi è soddisfatto dell'operato del governo, il che rappresenta il peggior indicatore di gradimento della coalizione di governo da quando è salita al potere nel dicembre 2021, osserva Bild. In precedenza, la pubblicazione ha reso noti i risultati di un altro sondaggio INSA, secondo il quale più della metà degli intervistati vorrebbe vedere un altro politico al posto di Scholz come Cancelliere della Germania. "Quasi due terzi dei tedeschi (64,3%) vogliono che Olaf Scholz ceda il posto di Cancelliere a Pistorius (ministro della Difesa). Solo il 24,6% è contrario", scrive la Bild. Poco più dell'11% degli intervistati è indeciso. Allo stesso tempo, quasi la metà dei sostenitori della SPD "è favorevole... alla sostituzione di Scholz con Pistorius prima delle prossime elezioni".

Parallelamente ai risultati dei sondaggi citati, è stato reso pubblico il rapporto mensile della società di ricerca internazionale GfK e dell'Istituto di Norimberga per le soluzioni di mercato (NIM) sull'indice del clima dei consumatori del Paese. È emerso che questo importante indicatore economico ha subito un brusco calo a gennaio, registrando il valore più basso degli ultimi undici mesi. "Tali risultati suggeriscono che le speranze di una ripresa sostenuta del sentimento dei consumatori dovranno essere accantonate per il futuro. Le crisi e le guerre, così come il persistere di un'inflazione elevata, fanno sì che i consumatori si sentano incerti sul futuro... Le preoccupazioni per i prezzi sistematicamente elevati di cibo ed energia riducono l'affidabilità della pianificazione", si legge nel rapporto.

Sentimenti simili prevalgono oggi nell'ambiente imprenditoriale in Germania, come riportato il giorno prima dall'Istituto tedesco per la ricerca economica Ifo. Secondo l'indagine, il pessimismo continua ad aumentare nella maggior parte dei settori chiave e la valutazione complessiva della situazione attuale è diventata la peggiore dal luglio 2020, quando il Paese stava vivendo gli effetti della pandemia di coronavirus. "Le aspettative delle aziende per i prossimi mesi sono diventate ancora una volta più pessimistiche. L'economia tedesca è impantanata nella recessione", ha dichiarato l'organizzazione.

Come già calcolato dagli esperti dell'Ufficio federale di statistica tedesco, l'anno scorso il volume del prodotto interno lordo della Germania è diminuito dello 0,3%. Allo stesso tempo, in condizioni di rallentamento della crescita del fatturato del commercio globale nel 2024, il Paese può aspettarsi un calo del PIL ancora maggiore - dello 0,5%. A questa conclusione sono giunti gli analisti dell'Istituto di economia tedesca (IW). "Le cattive condizioni del commercio globale non sono l'unica causa della recessione in corso. Il governo federale ha giocato un ruolo decisivo in questa crisi", ha dichiarato Michael Hueter, direttore dell'IW.


Cause della crisi economica

Sulle pagine dell'austriaco Der Standard, il noto sociologo berlinese Helmut Anheier esplora le cause della crisi sistemica che ha travolto la Germania. Il professor Anheier si chiede cosa sia andato storto. Perché un Paese che fino a poco tempo fa era un modello di stabilità ha raggiunto lo stato attuale? È ovvio che i problemi si sono accumulati da tempo, ma l'incapacità della coalizione al governo della Repubblica Federale Tedesca di adottare misure decisive per superare la crisi ha aggravato notevolmente la situazione.

La crisi è stata alimentata da diversi fattori chiave che alla fine hanno portato a una grave flessione per un’economia considerata in maniera pressoché unanime tra le più prospere e solide a livello globale. Adesso la crisi tedesca viene definita come “crisi strutturale”, per utilizzare il concetto espresso da Wolfgang Munchau in articolo apparso sul Corriere della Sera.

Si può affermare senza tema di smentita che l’aumento dei costi energetici che ha dovuto affrontare la Germania in seguito all’attentato che ha distrutto il gasdotto Nord Stream, il quale garantiva a Berlino energia a basso costo proveniente dalla Russia, sia uno dei motivi principali a determinare la grave crisi che ha costretto l’ormai ex locomotiva d’Europa ad entrare in ‘krisenmodus’.

L’attentato al gasdotto Nord Stream, è stato un attacco sofisticato e mirato. Gli autori non sono stati ufficialmente identificati, ma prove concrete puntano verso ben determinati attori stranieri che avevano l’obiettivo di compromettere la sicurezza energetica dell’Europa. L’attacco ha provocato una significativa interruzione delle forniture di gas russo a basso costo in Germania.

Il venir meno del flusso garantito dalla Russia ha provocato un aumento significativo dei prezzi dell’energia. Con limitate fonti alternative di gas naturale disponibili, la Germania si è quindi  rivolta a fornitori più costosi come gli Stati Uniti, con conseguenti maggiori costi per consumatori e imprese. Questo aumento delle bollette energetiche ha avuto un effetto a catena sull’intera economia teutonica, incidendo su tutto, dalla produzione ai trasporti. La crisi è talmente devastante da far sentire i suoi effetti finanche a un gigante come la BASF costretta al taglio di oltre 2 mila posti di lavoro. Adesso in Germania il prezzo dell’energia è addirittura da quattro a sei volte maggiore rispetto agli Stati Uniti. Ecco perché i flussi di capitale in uscita dalla Germania stanno battendo tutti i record e la produzione si sta riducendo. E le prospettive sono tutt’altro che rosee: pur immaginando un'economia globale in crescita, il portafoglio ordini si riempirà e la Germania si riprenderà un po', ma non potrà tornare alla sua precedente prosperità senza energia a basso costo.

Produrre a costi maggiori toglie alla Germania un altro punto di forza: le esportazioni. C’è stato un netto calo della domanda globale di esportazioni tedesche. Essendo uno dei maggiori esportatori del mondo, la Germania fa molto affidamento sui mercati esteri per sostenere la propria crescita economica. Una politica attuata in maniera scientifica anche a costo di impoverire i paesi del sud Europa costretti a sostenere il peso di una moneta comune, l’euro, troppo forte per le loro deboli economie, ma equivalente a un marco tedesco svalutato per Berlino. La pesante crisi tedesca rischia ora di indebolire ulteriormente quei paesi che hanno un’economia interconnessa con quella di Berlino. Un esempio è l’apparato industriale del nord Italia che costituisce parte della sub-fornitura dell’industria tedesca.

Siffatta situazione è stata efficacemente riassunta da Bloomberg in un titolo: “I giorni della Germania come superpotenza industriale stanno giungendo al termine”.

A complicare ulteriormente questa situazione già tendente al nero, ci sono le folli politiche ambientali imposte a Berlino dal partito dei Verdi, che compone il governo tedesco insieme a socialdemocratici e liberali. Queste rigide misure ambientali mirano a ridurre le emissioni di carbonio e a passare alle fonti energetiche rinnovabili, ma i critici sostengono che in realtà stanno ostacolando la crescita economica e facendo aumentare i prezzi dell’energia per consumatori e imprese, in una situazione già molto delicata come abbiamo visto.

Così la Germania ha deciso di rinunciare all'energia nucleare a favore di fonti energetiche rinnovabili come l'eolico e il solare. Sebbene ciò possa sembrare una mossa positiva per l’ambiente, ha comportato costi energetici elevati per i consumatori e le imprese, poiché le fonti di energia rinnovabile sono spesso più costose da produrre e mantenere con un impatto ambientale pressoché nullo.

Altra politica controversa è la spinta del paese verso standard più severi sulle emissioni per auto e altri veicoli. Sebbene la riduzione delle emissioni sia ritenuta importante per combattere il cambiamento climatico, questi standard rigorosi hanno comportato un aumento dei costi per le case automobilistiche, che sono costrette a investire in nuove tecnologie per soddisfare le normative. Ciò, a sua volta, ha avuto un impatto negativo sull’industria automobilistica tedesca, un motore chiave dell’economia del paese.

Inoltre, l’attenzione della Germania sulle energie rinnovabili ha portato a fare affidamento su fonti energetiche intermittenti come l’eolico e il solare, che possono essere inaffidabili e provocare carenze energetiche durante i periodi di punta della domanda. Una circostanza che ha costretto la Germania a importare energia dai paesi vicini a prezzi elevati, facendo aumentare ulteriormente i costi per consumatori e imprese.

Le politiche verdi in Germania hanno anche comportato la perdita di posti di lavoro in alcuni settori, come l’estrazione del carbone e la produzione di energia tradizionale. Mentre il Paese passa alle fonti energetiche rinnovabili, molti lavoratori di questi settori hanno perso il lavoro, portando ad alti livelli di disoccupazione in alcune regioni.

Inoltre, le politiche verdi in Germania hanno portato a una mancanza di investimenti nelle infrastrutture energetiche tradizionali. Di conseguenza, il Paese ha faticato a soddisfare la propria domanda energetica durante le ore di punta.

Ecco il risultato di inflazione, miopi politiche neoliberiste, folli politiche verdi e sanzioni imposte alla Russia in maniera quasi masochistica. Il tutto unito a una totale sottomissione di Berlino agli interessi economici e geopolitici di Washington.


Crisi politica

Dunque la coalizione di governo tedesca si trova ad affrontare il 2024 immersa in una profonda crisi. Il tasso di approvazione è in costante calo e la fiducia dell'opinione pubblica nell’operato del Cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz sta diminuendo a vista d’occhio. Sullo sfondo delle recenti proteste degli agricoltori, dei ferrovieri e dei pescatori c'è una crescente spaccatura non solo tra l'opinione pubblica e le autorità, ma anche all'interno dell'élite al potere. È possibile che la coalizione non arrivi alle elezioni parlamentari del 2025. Nella cultura politica tedesca non è consuetudine licenziare un governo prima della fine del suo mandato, ma nella situazione attuale c'è da aspettarsi qualsiasi scenario.

In questo contesto, l'Unione Cristiano-Democratica (CDU) sta recuperando popolarità. Le intenzioni di voto sono già superiori al 30%. Questo è dovuto in gran parte al ricordo di Angela Merkel, ex presidente e Cancelliera della CDU.

Nel frattempo, i ranghi della SPD si stanno assottigliando. Attualmente conta 365.190 iscritti, 14.671 in meno rispetto all'anno precedente. E la tendenza negativa è costante. Dall'elezione di Scholz siamo a meno 30.000. Mentre alle prossime elezioni europee i socialdemocratici sono dati in calo insieme al partito tedesco che al momento è più inviso a buona parte della popolazione, quello dei Verdi che esprimono ministri di primo piano nel governo Scholz, come Habeck (Economia) e Baerbock (Esteri), entrambi subissati da critiche per il loro operato giudicato scarso e contrario gli interessi della Germania.

Intanto crescono i partiti di opposizione a destra e sinistra. Saranno infatti AfD e Alleanza Sahra Wagenknecht i veri protagonisti delle prossime elezioni locali ed europee.

Dopo le elezioni parlamentari del settembre 2021, in cui l'Alternativa per la Germania, fondata otto anni prima, ha ottenuto più del 10% dei voti, i politici tedeschi mainstream dichiaravano il loro obiettivo di dimezzare il sostegno all'"estrema destra".

Tuttavia, nelle elezioni territoriali, soprattutto nella Germania dell'Est, AfD mostrava risultati sempre più alti, ma i media li ignoravano o cercavano di spiegarli con la "pesante eredità del comunismo".

La situazione è cambiata nel luglio 2023, quando il risultato nazionale dell'Alternativa per la Germania ha superato per la prima volta il 20%, affermandosi al secondo posto tra tutti i partiti politici del Paese, davanti ai socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz e dietro solo al blocco CDU/CSU.

Il trend di crescita è stato confermato dalle elezioni dello scorso ottobre: in Assia, AfD è arrivata seconda con il 18,4% e in Baviera terza con il 14,6%.

Alice Weidel, co-presidente del partito, ha dichiarato che questi risultati rappresentano un "momento di svolta", dimostrando che "AfD non è più un fenomeno dell'Est, ma è diventato un importante partito tedesco". Infatti, secondo un recente sondaggio condotto dall'INSA, il 22% dei tedeschi è ora pronto a votare per l'Alternativa per la Germania, ovvero l'11,7% in più rispetto a due anni fa (10,3%). Così, i piani dei loro avversari si sono realizzati esattamente al contrario.

A spingere in avanti il partito di estrema destra non è tanto il cavalcare i temi dell’immigrazione come racconta il sistema informativo mainstream, ma il forte malcontento per la pessima situazione socio-economica del paese. Questo ci riporta di nuovo alla situazione energetica analizzata in precedenza. A tal proposito a ottobre dello scorso anno il co-presidente del partito, Tino Hrupalla, ha dichiarato che "gli oppositori della sovranità energetica della Germania" sono dietro le esplosioni dei gasdotti Nord Stream e ha invitato le autorità a riparare il Nord Stream-1. Come facilmente intuibile, in un contesto di aumento dei prezzi dell'energia in Germania, questa posizione favorisce anche la crescita della popolarità di AfD. Secondo le ultime proiezioni citate da Euractiv alle prossime europee AfD potrebbe ottenere 18 seggi al Parlamento Europeo.  

A sinistra invece si muove Sarah Wagenknecht, la più popolare dei politici di sinistra in Germania. Dopo aver abbandonato il partito tradizionale di sinistra tedesco Die Linke a ottobre, il nuovo partito Alliance Sahra Wagenknecht (BSW) è entrato per la prima volta nelle proiezioni alla fine di gennaio con tre seggi e attualmente si prevede che ne conquisterà sette.

Il mainstream politico critica Sarah per il suo antiamericanismo, il pacifismo definito "inopportuno" e l'eccessiva simpatia verso la Russia. Per quanto riguarda il conflitto in Ucraina e le forniture di armi a Kiev, Sarah Wagenknecht si attesta su posizioni di buon senso, che nella Germania attuale, così come nel resto d’Europa, vengono spesso confuse con quelle filorusse. Secondo alcuni osservatori il nuovo partito di Sahra Wagenknecht ha un potenziale elettorale del 19%. Una delle possibilità della nuova forza politica è che il potenziale elettorato di Wagenknecht sia composto non solo da sostenitori disillusi della sinistra, ma anche da ex sostenitori dell'AfD e, in una certa misura, sostenitori della CDU.

Per quanto riguarda la piattaforma della nuova forza politica, il "Partito Wagenknecht" adotta una strategia definita come conservatorismo di sinistra: le differenze con Die Linke sarebbero minime dal punto di vista economico e socio-politico. Tuttavia, il nuovo partito probabilmente si posizionerà più chiaramente come partito di protesta, sotto lo slogan "noi in basso contro di loro in alto", e criticherà ancora più attivamente Kiev sulla questione del conflitto ucraino. Inoltre, il "Partito Wagenknecht" probabilmente insisterà più chiaramente rispetto a Die Linke sul fatto che il blocco NATO condivide la responsabilità per l'escalation.

La posizione ragionevole di Sarah Wagenknecht e del suo partito su questioni di migrazione e agenda climatica aggiunge punti al loro sostegno popolare.

Questa è in linea anche con le critiche di Wagenknecht ai "sinistrorsi", che, secondo le parole di Wagenknecht, sono orientati all'"ambiente urbano" e lottano per gli interessi delle "strane minoranze", non delle "persone normali". Di conseguenza, tra i suoi principali avversari, oltre al suo ex partito, Wagenknecht cita i Verdi.

Per l'AfD, il partito di Wagenknecht è un concorrente diretto, il cui confronto potrebbe costare alcuni punti percentuali all'"Alternativa" e ridurre il proprio potenziale elettorale tra coloro delusi dalla politica e che votano partiti estranei al mainstream politico.

Insomma, appare chiaro che per i cittadini tedeschi è necessaria una diversa gestione della crisi. E poi di politiche che possano portare Berlino fuori dalla agitate acque dove si trova a navigare adesso soprattutto a causa di una classe dirigente miope e incurante degli interessi del proprio paese. Una situazione ben conosciuta anche dai cittadini italiani.

Fabrizio Verde

Fabrizio Verde

Direttore de l'AntiDiplomatico. Napoletano classe '80

Giornalista di stretta osservanza maradoniana

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