L'occasione (ancora non colta) per l'Europa: la Belt and Road Initiative nella prospettiva strategica della RPC

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L'occasione (ancora non colta) per l'Europa: la Belt and Road Initiative nella prospettiva strategica della RPC

 

di Leonardo Sinigaglia per l'AntiDiplomatico


La dirigenza di Xi Jinping è stata finora contrassegnata da importanti sviluppi ideologici e trasformazioni economico-sociali, rendendola in ciò capace di rivaleggiare per portata se non direttamente con l’epoca di Mao Zedong, sicuramente con quella di Deng Xiaoping. Non è un caso che il Pensiero di Xi Jinping sul Socialismo con Caratteristiche Cinesi per la Nuova Era sia stato inserito nel preambolo della Costituzione, prima formulazione teorica a portare il nome di un segretario del PCC dai tempi della Teoria di Deng Xiaoping. Ciò riflette non solo il riconoscimento dell’alta statura politica del massimo dirigente della Repubblica Popolare Cinese, ma anche la dimensione globale e strategica del suo pensiero. Esso infatti comprende una progettualità completa sull’indirizzo che il paese dovrebbe seguire giunto in una fase cruciale del suo percorso di sviluppo, in cui il modello ereditato dalla fine del secolo scorso cede il passo a uno nuovo e si avvicina il completamento degli obiettivi dei Due Centenari. La Nuova Via della Seta, nota in inglese anche come One Belt, One Road, è uno dei progetti più rappresentativi della dirigenza di Xi Jinping. In essa si riassumono ed esprimono concetti come quelli di relazioni internazionali di nuovo tipo e di sviluppo condiviso, aperto e mutualmente vantaggioso, e trova la sua direzionalità nella costruzione di una Comunità Umana dal Futuro Condiviso. A dispetto delle apparenze superficiali, la Nuova Via della Seta non rappresenta unicamente una politica volta a facilitare i commerci tramite investimenti internazionali in infrastrutture e connettività, ma una vera e propria visione strategica capace di fungere da perno nello sviluppo cinese per i prossimi decenni. Per capirne la portata, basti pensare che l’unica politica precedentemente inserita nominalmente nel preambolo alla Costituzione della RPC fu quella di Riforme e Apertura promossa da Deng Xiaoping.


UN RICHIAMO AL PASSATO

Il richiamo all’antica Via della Seta non è casuale, e riflette una precisa lettura che la classe dirigente cinese dà di quell’esperienza pluri-secolare. Nel 1877, il barone Ferdinand von Richthofen coniò il termine Seidenstraße, “Via della Seta”, per definire quella rete di rotte commerciali che, tra il II Secolo A.C. e il XVIII Secolo D.C., misero in comunicazione i due estremi del continente eurasiatico, la Cina e l’area mediterranea, coinvolgendo decine di civiltà, popolazioni e mercati, estendendosi da Giava alla penisola arabica, da Costantinopoli alla Sogdiana, da Zanzibar alla Persia, dai comuni italiani ai regni indiani. La Via della Seta, o forse più correttamente le Vie della Seta, creò già in epoca antica una rete di relazioni afro-eurasiatica legata non solo agli scambi commerciali, ma anche a quelli culturali, artistici, tecnologici e religiosi oltreché alla diplomazia.

La Via della Seta ha assunto quindi nei Secoli un significato di apertura e collaborazione mutuamente vantaggiosa e pacifica. E’ proprio con questa prospettiva che, secoli dopo la sua scomparsa causata dalla progressiva decadenza degli Stati asiatici, l’attuale dirigenza politica cinese ne ha proposto una “ricostruzione”. Parlando all’Università Nazarbayev ad Astana , capitale del Kazakistan, il 7 settembre 2013 il presidente Xi Jinping, allora da pochi mesi alla guida del Partito Comunista Cinese e dello Stato, richiamò espressamente i vantaggi e i legami pacifici portati dalla Via della Seta per lanciare il progetto della Belt and Road Initiative, la Nuova Via della Seta che, superando per portata quella antica, coinvolge oggi più di 150 paesi, attraversando tutti e cinque i continenti: “Più di 2.100 anni fa, durante la dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), un inviato cinese di nome Zhang Qian fu inviato due volte in Asia centrale in missioni di pace e amicizia. I suoi viaggi aprirono le porte a contatti amichevoli tra la Cina e i paesi dell’Asia centrale e avviarono la Via della Seta che collegava l’Oriente e l’Occidente, l’Asia e l’Europa. Lo Shaanxi, la mia provincia natale, si trova proprio al punto di partenza dell'antica Via della Seta. Oggi, mentre sono qui e guardo indietro alla storia, mi sembra di sentire le campane dei cammelli echeggiare tra le montagne e vedere i fili di fumo che si alzano dal deserto, e questo mi dà una sensazione particolarmente bella” .

L’antica Via della Seta si fondava su diverse rotte, terrestri e marittime. Il cartografo e diplomatico Pei Ju (547-627) le descrisse durante la breve dinastia Sui, particolarmente importante per il consolidamento della Via della Seta: “Da Dunhuang al Mar Mediterraneo, ci sono tre percorsi che attraversano montagne e fiumi. La rotta nord: partendo da Yiwu nello Xinjiang, attraverso il lago Barkol, la tribù Tiele e i Khanati turchi, attraverso il fiume Beiliuhe, fino all'Impero bizantino, arrivando al Mar Mediterraneo. La via centrale: partendo da Gaochang nello Xinjiang, attraverso Karasahr, Qiuci, Shule, attraverso le montagne del Pamir, passando poi per Ferghana, Sutrushana, Samarcanda, Ishtika, Kushanika, fino alla Persia, arrivando al Golfo Persico. Il percorso sud: parte da Shanshan nello Xinjiang, passando per Khotan, Karghalik, Taxkorgan, sui monti Pamir, poi attraverso Wakhan, Tocharian, Balkh, Bamiyana, Ghazni, fino all’India settentrionale, arrivando all'Oceano Indiano” . Le vie di terra toccarono l’apice della loro attività proprio in quei secoli, contribuendo alla ricchezza e alla prosperità di colossali e cosmopolite città come Baghdad e Chang’an, le due capitali estremi simbolici della Via della Seta. 

A partire dall’VIII Secolo, a seguito della devastante ribellione di An-Shi e dello spostamento del centro economico della Cina verso sud e le città costiere, le rotte terrestri vennero progressivamente a decadere a vantaggio di quelle marittime, tornando momentaneamente a rifiorire sotto la dinastia mongola degli Yuan. Grazie ai commercianti arabi, indiani e persiani i porti cinesi fiorirono, così come la navigazione imperiale. Marco Polo, visitando la grande città portuale di Zartom, ossia l’attuale Quanzhou, la descrisse come “molto grande e nobile, ed è porto ove tutte le navi d’India fanno capo, co molta mercatantia di pietre preziose e d’altre cose, come di perle grosse e buone. E quest’è ’l porto dove tutte le navi d’India fanno capo, co molta mercatantia di pietre preziose e d’altre cose, come di perle grosse e buone. E quest’è ’l porto de li mercatanti de li Mangi , e atorno questo porto à tanti navi di mercatantie ch’è meraviglia; e di questa città vanno poscia per tutta la provincia de li Mangi. E per una nave di pepe che viene in Alesandra per venire in cristentà, sí ne va a questa città 100, ché questo è l’uno de li due p[o]rti del mondo ove viene piúe mercatantia” . A seguito della crescita della ricchezze delle città costiere e dell’aumento dei traffici navali, le autorità cinesi patrocinarono importanti spedizioni come quelle dell’ammiraglio Zheng He (1371-1434), eunuco d’origine islamica che, alla guida della sua famosa flotta composta da navi lunghe finanche 130 metri, compì numerosi viaggi tra le isole austronesiane e la costa orientale dell’Africa. L’ostilità dei mandarini e dei grandi latifondisti ostacolò la crescita del potere economico, e quindi dell’influenza politica, dei mercanti, ma sarebbe stato solo con la crisi degli Stati dell’Asia centrale e occidentale e con l’affermazione del controllo europeo dei mari che l’antica Via della Seta sarebbe tramontata.


LA CINA SI "ALZA IN PIEDI"

Dopo secoli d’interruzione, la Via della Seta oggi è tornata ad essere al centro delle dinamiche economiche internazionali. Come notato dal Dott. Zou Lei nel suo saggio The Political Economy of the Belt and Road Initiative, ciò è avvenuto in stretta connessione al rafforzamento integrale della Repubblica Popolare Cinese, al raggiungimento di una grande stabilità interna e al contenimento delle sfide che per gli ultimi due secoli erano state mosse alla sicurezza del paese . Per comprendere la nuova Via della Seta è quindi necessario contestualizzarla in quel grande processo di sviluppo che, dalla proclamazione della Repubblica Popolare all’inizio delle Riforme e dell’Apertura, ha portato la Cina non solo ad “alzarsi in piedi”, come affermato da Mao Zedong nel 1949 , ma a “diventare ricca e forte”, come riconosciuto dal presidente Xi Jinping al XIX Congresso del PCC . In questo percorso la Nuova Via della Seta ha giocato un ruolo fondamentale, promuovendo l’integrazione eurasiatica, i rapporti tra la Repubblica Popolare e il Sud del mondo e, soprattutto, fornendo un esempio pratico e tangibile di quel nuovo tipo di relazioni internazionali che la dirigenza comunista cinese vuole costruire, elemento di una più generale riforma della governance globale proposta, tra molti altri, da Pechino. Un editoriale apparso sul Rénmín Rìbào il 14 ottobre 2015 riconduceva la BRI proprio in questa dimensione: “Con l'aumento delle sfide globali, la tendenza generale è quella di rafforzare la governance globale e promuovere la riforma del sistema di governance globale. Ciò non è solo una risposta alle sfide globali, ma è anche legato alla definizione di regole e direzioni dell'ordine e del sistema internazionale; non è solo legato alla competizione per i livelli più alti di sviluppo, ma anche allo status e al ruolo di tutti i paesi nell’ordine e nel sistema internazionale. Proponiamo idee e misure come la Belt and Road Initiative, l’instaurazione di un nuovo tipo di relazioni internazionali caratterizzate da una cooperazione vantaggiosa per tutti, l’adesione al principio di sostenere la giustizia perseguendo interessi condivisi e la costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso. Tutto ciò è conforme alla tendenza dei tempi, essendo in linea con gli interessi di tutti i paesi e ampliando la convergenza di interessi tra la Cina e gli altri paesi" .

La Nuova Via della Seta non costituisce quindi né un progetto totalmente nuovo, né una semplice “restauro” delle reti commerciali del passato. Essa si fonda su rapporti economici e diplomatici che la RPC ha costruito nel corso di molti anni, da quelli con i paesi dell’Asia centrale a quelli con il continente africano, ma si caratterizza per l’applicazione dei più recenti contributi teorici del Partito Comunista Cinese sulle relazioni internazionali. La BRI è infatti un’applicazione di concetti quali quello dello sviluppo condiviso, della cooperazione mutualmente vantaggiosa, ma anche, come più recentemente affermato, di uno sviluppo sostenibile e di alta qualità. Rappresenta inoltre una chiara manifestazione dell’intenzione da parte di Pechino di affrontare un percorso di sviluppo pacifico, basato sulla condivisione dei suoi frutti e dei processi di sviluppo e sul rifiuto di ogni “gioco a somma zero” e della mentalità da Guerra Fredda.



UNO SVILUPPO PACIFICO PER UN MONDO ARMONIOSO

Con un documento ufficiale del settembre del 2011, il Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese individuava la scelta dello sviluppo pacifico come una “scelta strategica fatta dalla Cina per realizzare la modernizzazione, rendersi forte e prospera e dare un maggiore contributo al progresso della civiltà umana”, definendola come segue: “La Cina dovrebbe svilupparsi sostenendo la pace nel mondo e contribuire alla pace nel mondo attraverso il proprio sviluppo. Dovrebbe raggiungere lo sviluppo con i propri sforzi e realizzando riforme e innovazioni; allo stesso tempo, dovrebbe aprirsi all’esterno e imparare dagli altri paesi. Dovrebbe cercare il vantaggio reciproco e lo sviluppo comune con altri paesi in linea con la tendenza della globalizzazione economica, e dovrebbe lavorare insieme ad altri paesi per costruire un mondo armonioso di pace duratura e prosperità comune. Questo è un percorso di sviluppo scientifico, indipendente, aperto, pacifico, cooperativo e comune” . La Nuova Via della Seta, lanciata due anni dopo, si inserisce pienamente in questa dimensione strategica. Ma ciononostante le accuse sono state molteplici. Gli Stati Uniti vedono nella Belt and Road Initiative una sfida concreta all’ordine economico da loro guidato, e il noto economista e politologo Edward Luttwak è arrivato a descriverla come “la logica della guerra nella grammatica del commercio”, un disegno volto a facilitare l’ascesa cinese a discapito del declino statunitense . Nonostante il chiaro impatto della Nuova Via della Seta negli equilibri economici mondiali, essa non mira a costruire un “blocco cinese” in una riedizione moderna del Piano Marshall o del COMECON. Come più volte ribadito dalla dirigenza della RPC, la Belt and Road Initiative non è rivolta contro nessuno Stato, e qualsiasi paese, volendo, può contribuire alla sua realizzazione. Il Ministro degli esteri e direttore dell’Ufficio della Commissione Centrale per gli Affari Esteri del PCC Wang Yi in un’intervista del marzo 2015 si espresse proprio riguardo alle differenze tra la Nuova Via della Seta e il Piano Marshall, descrivendo la natura innovativa del progetto cinese: “La BRI è molto più antica e molto più giovane del Piano Marshall. Confrontarli sarebbe come paragonare mele e arance. La Nuova Via della Seta è più antica perché incarna lo spirito dell'antica Via della Seta, che ha una storia di oltre 2.000 anni e veniva utilizzata dai popoli di molti paesi per scambi e commerci amichevoli. Dobbiamo rinnovare quello spirito e aggiornarlo. La Nuova Via della Seta è più giovane perché nasce nell'era della globalizzazione. È un prodotto di cooperazione inclusiva, non uno strumento geopolitico, e non deve essere visto con la mentalità obsoleta della Guerra Fredda”.


L'OCCASIONE (ANCORA NON COLTA) PER L'EUROPA

A riprova delle parole della dirigenza cinese si può vedere come la Nuova Via della Seta, al contrario del Piano Marshall, abbia costruito percorsi di sviluppo condiviso con decine di paesi nella totale assenza di condizionamenti politici, fatto salvo il riconoscimento del governo di Pechino come unico governo legittimo della Cina. In questa prospettiva non ci sono state remore nell’includere nel progetto tanto tradizionali interlocutori della Repubblica Popolare, si pensi al Pakistan, alla Russia o al Vietnam, quanto diversi membri dell'Unione Europea, della NATO e paesi che intrattengono relazioni privilegiate con gli Stati Uniti come il Kenya e la Giordania.

Se per l’Europa essa rappresenta una grande occasione per aumentare i propri traffici commerciali con la Cina e il resto dell’Eurasia, per un gran numero di paesi in via di sviluppo la Belt and Road Initiative fornisce un fondamentale incentivo all’industrializzazione e alla costruzione di una rete infrastrutturale moderna, garantendo allo stesso tempo di differenziare le proprie relazioni economiche così da evitare eccessive dipendenze, ampliando così la propria indipendenza strategica. Lungo i corridoi della Via della Seta terrestre, paesi come  il Kazakistan, il Laos o il Kyghizistan hanno visto moltiplicarsi le reti ferroviarie, i nodi logistici  e le capacità d’esportazione: tra i vari esempi possibili, possiamo citare il porto della città kazaka di Aktau, che ha conosciuto un importante sviluppo proprio a seguito della creazione della Via della, la ferrovia ad alta velocità Boten-Vientiane, che ha permesso a un paese segnato da un gravissimo deficit infrastrutturale e dallo svantaggio competitivo di trovarsi senza sbocchi sul mare di dotarsi di linee ferroviarie moderne capaci di collegarlo alla Cina e ai mercati internazionali, o ancora la linea di trasmissione elettrica Datka-Kemin, che ha permesso al Kyrghizistan non solo di ottenere l’indipendenza energetica dalla rete elettrica unificata ereditata dall’epoca sovietica, ma di aumentare le proprie forniture energetiche verso i paesi dell’Asia meridionale .

Allo stesso modo anche i paesi coinvolti lungo la cintura marittima della Nuova Via della Seta possono contare sulle medesime occasioni di sviluppo. Tra tutti, è doveroso citare i paesi africani, i più numerosi ad aver aderito al progetto, nei quali in diverse regioni la Cina è il principale investitore nelle infrastrutture dopo i governi locali, devolvendo ad esse  più della metà dei capitali destinati ai progetti della Via della Seta nel continente, promuovendo la costruzione di porti, ferrovie, autostrade e l’espansione della copertura dei segnali telefonici e di internet. A ciò si è aggiunto, a partire dal 2020, un imponente sforzo per stimolare la produzione energetica, sia tradizionale che rinnovabile .

I progetti della Via della Seta solitamente prevedono che la RPC, a volte in maniera congiunta ad altri paesi o a istituzioni finanziarie, metta a disposizione finanziamenti concordati con il paese ospitante per progetti infrastrutturali, attraverso prestiti speciali o  fondi d’investimento cooperativi, garantiti o compensati da risorse o energia. Le aziende cinesi, in collaborazione con quelle locali o con quelle di altri paesi, portano quindi avanti i progetti. La connettività e lo sviluppo infrastrutturale, tanto fisico quanto digitale, sono alla base della Belt and Road Initiative. Nel 2014 il presidente Xi Jinping paragonò proprio la connettività alle “arterie” di un’Asia in ascesa: “Se la “Belt and Road” è paragonabile alle due ali dell’Asia in ascesa, allora la connettività è rappresenta le sue arterie e le sue vene. [...] La connettività di cui parliamo oggi non riguarda semplicemente la costruzione di strade e ponti o il collegamento lineare di diversi luoghi sulla superficie. Ancora più importante, dovrebbe essere una combinazione a tre vie di infrastrutture, istituzioni e scambi interpersonali. Si tratta di una rete di connettività ad ampio raggio e multidimensionale” . Nel documento “Visione e azioni per la costruzione congiunta della cintura economica della Via della Seta nel XXI Secolo”, pubblicato nel marzo 2015 dalla Commissione nazionale per la Riforma e lo Sviluppo, dal Ministero degli Esteri e dal Ministero del Commercio della RPC, la BRI è descritta come finalizzata a “promuovere la connettività dei continenti asiatico, europeo e africano, e dei mari loro adiacenti, stabilire e rafforzare partenariati tra i paesi lungo la Via della Seta, creare reti di connettività composite, a più livelli e omnidimensionali, e realizzare in questi paesi uno sviluppo diversificato, indipendente, bilanciato e sostenibile” .

La connettività promossa non è fine a se stessa, né risponde a semplici logiche di trasporto, ma funge da catalizzatore dello sviluppo industriale e tecnologico dei paesi coinvolti, portato avanti sia in maniera autonoma, sia grazie ai partenariati con le aziende e le agenzie cinesi. Ciò punta scientemente alla costruzione di sistemi industriali completi nei paesi che scelgono di collaborare con la RPC , in un processo che va di pari passo con la ricerca della dirigenza cinese per un modello di sviluppo sempre più incentrato sull’innovazione e sul mercato interno. Il progresso industriale dei paesi in via di sviluppo permette loro di emanciparsi dal ruolo di esportatori di materie prime, risalendo così le catene del valore e liberandosi dalla spada di Damocle di mercati fortemente monopolizzati da multinazionali straniere e totalmente dipendenti dalle influenze del dollaro americano. 

Il sistema economico internazionale maturato a seguito della Seconda Guerra Mondiale ha permesso unicamente a pochi paesi di ottenere una piena industrializzazione e alti livelli di sviluppo. La maggior parte dei paesi del Pianeta ha conosciuto crescite lente, irregolari e incomparabilmente inferiori rispetto a quelle del mondo occidentale. Questo sviluppo ineguale è l’effetto di relazioni asimmetriche centro-periferia in cui il primo è in grado, per ragioni storiche e capacità coercitive economiche e militari, di sottomettere ai propri interessi finanche l’intera economia dei paesi periferici. Come affermato da Samir Amin, la distorsione dei paesi periferici verso l’esportazione delle materie prime, causata non dalle mancanze del mercato interno ma dalla schiacciante superiorità produttiva del centro, è la principale ragione della limitatezza del loro sviluppo, reso dipendente da quello dei paesi del centro e loro subordinato: “Il fatto è che il fabbisogno del centro di prodotti primari (agricoli e minerali) provenienti dalla periferia segue, in generale, il tasso medio di crescita del centro. I paesi della periferia devono pagare per le loro crescenti importazioni con le esportazioni che devono aumentare a un ritmo più rapido in modo da garantire che i profitti esportati dai capitali stranieri siano coperti. Il tasso di crescita del centro determina quindi quello della periferia” . La costrizione nello sviluppo si traduce non solo in dipendenza politica, ma anche alti livelli di disoccupazione e indigenza, in gravi carenze tecniche e nella formazione di personale specialistico.

Solo tramite un forte intervento politico, indirizzato a piegare al mercato interno gli investimenti o a ricondurre a un piano di sviluppo nazionale le esportazioni, alcuni paesi hanno potuto raggiungere standard simili a quelli dei paesi occidentali, avvicinandosi così al centro, e dovendo costantemente lottare contro il “Washington Consensus” per impedire una nuova discesa nella dipendenza. In questo contesto ben si spiega la crescente attrattività di modelli di sviluppo e di relazioni economiche relativi a quelle che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. L’espansione di organizzazioni quali i BRICS e la SCO, come anche l’incremento delle interazioni economiche “Sud-Sud” e la progressiva, per quanto ancora limitata, de-dollarizzazione, testimoniano la grande trasformazione in corso. La Via della Seta, sia attraverso la promozione dello sviluppo dei paesi coinvolti, sia tramite la proposta di un nuovo modello di relazioni tra gli Stati, è un agente di questa trasformazione, che resterebbe incomprensibile senza il fattore chiave dato dall’ascesa della Cina come paese moderno, indipendente e socialista, capace per il suo mastodontico peso economico e per la sua crescente autorevolezza politica di far pendere la bilancia a favore di quelle forze che perseguono una ristrutturazione dei rapporti internazionali che sia più favorevole alla stragrande maggioranza dell’Umanità. 



NOTE BIBLIOGRAFICHE

1 Xi Jinping, Work Together to Build the Silk Road Economic Belt, in The Governance of China, Vol. I, Beijing, Foreign Languages Press, 2014, p. 357.

2 Wei Zheng et. al., Libro dei Sui, Vol. LXVII, Beijing, Zh?nghuá Sh?jú Yo?xìan G?ngs?, 1973, pp. 1579-1580.

3 Abitanti della zona sud-orientale della Cina, all’epoca non ancora sinizzati.

4 Marco Polo, Il Milione, Milano, Adelphi, 1975, p. 130.

5 Zou Lei, The Political Economy of the Belt and Road Initiative, Singapore, World Scientific Publishing Co, 2018, p. 125.

6 Mao Zedong, Indirizzo inaugurale alla prima sessione plenaria della Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese, in Opere Scelte, Vol. V, Beijing, Foreign Languages Press, 1977, p. 15.

7 Xi Jinping, Secure a Decisive Victory in Building a Moderately Prosperous Society in All Respects and Strive for the Great Success of Socialism with Chinese Characteristics for a New Era, 18 ottobre 2017.


8 To Promote a More Just and Reasonable Global Governance System and Create Favorable Conditions for China’s Development and World Peace, in Rénmín Rìbào, 14 ottobre 2015, p. 1.

9 China’s Peaceful Development, Information Office of the State Council, settembre 2011.

10 G. Luft, It Takes a Road China’s Belt and Road Initiative: An American Response to the New Silk Road, Institute for the Analysis of Global Security, Washington D.C., 2016, p. 8.

11 https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/wjb_663304/wjbz_663308/2461_663310/201503/t20150308_468552.html

12 R. Mogilevsky, Kyrgyzstan and the Belt and Road Initiative, University of Central Asia, Bishkek, 2019, p. 9.

13 A. Colarizi, L’Africa rossa, Roma, L’Asino d’Oro, 2022, p. 98.

14 Xi Jinping, Connectivity Spearheads Development and Partnership Enables Cooperation: Address at Dialogue on Strengthening Connectivity Partnership, in Rénmín Rìbào, 9 novembre 2014, p. 2.

15 Vision and actions on jointly building Belt and Road, marzo 2015, il testo completo è reperibile all’indirizzo http://2017.beltandroadforum.org/english/n100/2017/0410/c22-45.html

16 Gu Dawei, National Development and Reform Commission Introduces ‘Guiding Opinions of the State Council on Promoting International Cooperation on Production Capacity and Equipment Manufacturing’ at Regular Press Conference, 21 maggio 2015.

Leonardo Sinigaglia

Leonardo Sinigaglia

Nato a Genova il 24 maggio 1999, si è laureato in Storia all'università della stessa città nel 2022. Militante politico, ha partecipato e collaborato a numerose iniziative sia a livello cittadino che nazionale.

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