La Cina può colpire Wall Street

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La Cina può colpire Wall Street

di Guido Salerno Aletta - Teleborsa

 

Siamo su un crinale sottilissimo: la ripresa economica è sostenuta solo dalla fiducia che i cittadini, le imprese ed ancor di più gli investitori ripongono nella capacità dei Governi e delle Banche di sostenerli nel superare le difficoltà e le complessità di una situazione davvero senza precedenti a memoria d'uomo.

Negli Usa ed in Europa si assiste, ormai da oltre un anno e mezzo, da quando è iniziata una crisi sanitaria e poi economica, al completo decoupling tra gli andamenti dell'economia reale e quelli del sistema finanziario: le immense iniezioni di liquidità immesse dalle banche centrali hanno sostenuto e gonfiato le quotazioni azionarie ed evitato che i tassi di interesse sui debiti crescessero esponenzialmente per via dell'aumento dei rischi per la stabilità di imprese. I massicci interventi di spesa in deficit dei governi e le garanzie apprestate sui nuovi debiti delle imprese, hanno consentito di superare le fasi più critiche.

Prosegue intanto il riposizionamento strategico statunitense nei confronti della Cina, che ormai viene vista come il principale competitor sul piano geopolitico e non solo su quello economico.

Di converso, a Pechino si stanno regolando i conti pesantissimi di un intero decennio di iniziative economiche d'emergenza che furono assunte, in particolare nel settore immobiliare ed infrastrutturale, per contrastare gli effetti straordinariamente gravi, gli spill-over, della crisi americana del 2008 che aveva fatto collassare il commercio mondiale. Un intero sistema economico basato sulla produzione di merci destinate all'esportazione si trovò improvvisamente di fronte ad un blocco della domanda internazionale: lo Stato, le Autorità politiche locali, il sistema bancario lanciarono una serie di iniziative senza precedenti per la costruzione di immobili ad uso abitativo e per la realizzazione di ogni genere di infrastrutture, dalle autostrade alle ferrovie ad alta velocità. Questa nuova domanda interna, destinata ad assorbire la disoccupazione, ha messo in moto una serie di vettori difficilmente controllabili: la scelta delle aree su cui costruire gli immobili o delle infrastrutture pubbliche era decisa a livello locale dagli stessi dirigenti politici che avevano anche la possibilità di spingere le banche a finanziarne la realizzazione. Tutto questo ha assorbito enormi capitali, anche speculativi, così come è stato effettuato spesso a fini speculativi l'acquisto di immobili. Si è creata una bolla immobiliare, sia in termini di nuove costruzioni fisiche che di maggior valore delle case, tutto finanziato a debito da parte delle banche e degli sviluppatori.

Le banche usavano per queste iniziative parecchio del risparmio depositato, sottoscrivendo i titoli di debito emessi dagli "sviluppatori", entità finanziarie che facevano da intermediari con i costruttori degli immobili e poi con i compratori di questi. E molti cinesi, soprattutto gli imprenditori benestanti, non solo hanno usato i propri risparmi per comprare una prima casa, ma ne hanno comprato anche una seconda ed a volte altre ancora, magari indebitandosi, contando sul fatto che i prezzi salivano in continuazione: si erano indebitati per una casa che inizialmente valeva cento, ma questa cresceva rapidamente di valore. Arricchimento facile e speculazione, a tutti i livelli: un po' come accadde negli Usa fino alla crisi dei sub-prime.

Anche in Cina si sentono gli effetti indiretti della recessione causata dalla crisi sanitaria: sono cominciati a venir meno sia i presupposti di solidità finanziaria e di crescita economica che erano stati riacquistati dopo gli interventi straordinari di cui si è detto, considerando soprattutto la ripresa della domanda mondiale.

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