«La Colombia non è un paese, ma una fossa comune con inno nazionale»
di Fabrizio Verde
C’è un paese In America Latina dove si susseguono senza soluzione di continuità gli assassinii di leader comunitari e difensori dei diritti umani. Gli omicidi selettivi vengono compiuti da gruppi paramilitari e finanche dalle forze di sicurezza.
Un paese dove la cosiddetta democrazia liberale è soltanto un simulacro sbiadito. Un paese dove la libertà di stampa non è rispettata. Dove il popolo è costretto a languire nella fame più nera, sommerso dalla povertà e praticamente nessuna protezione sociale.
Lo sappiamo, tutti, come per un riflesso condizionato la vostra mente sarà corsa ad immaginare il Venezuela come il paese in questione. D’altronde anni su anni di propaganda a reti unificate contro la Rivoluzione Bolivariana aveva questo obiettivo. Screditare agli occhi dell’opinione pubblica il Venezuela per meglio coprire gli abomini che quotidianamente avvengono nella vicina Colombia. Nell’indifferenza generale. La Colombia è un alleato di ferro di USA e Israele, quindi non bisogna disturbare il manovratore.
Le organizzazioni politiche e sociali in Colombia provano in tutti i modi a far sentire forte la propria voce di protesta una settimana dopo il vile assassinio di Javier Ordóñez, colpito alla testa.
Con lo slogan #ColombiaEnAlertaRoja sfilano e denunciano che nelle ultime ore, inoltre, nuove minacce di morte contro i difensori dei diritti umanisono giunte dai gruppi di estrema destra, coccolati e protetti dal governo di Bogotà.
Lo scorso 8 di settembre, la polizia colombiana a Bogotá ha ucciso Javier Ordóñez, un avvocato di 46 anni, con una pistola taser.
Il giorno successivo nel Paese della capitale colombiana si è generata un'ondata di forti proteste che si sono poi estese ad altre città come Cali, Medellín, Popayán, Pereira e Manizales. Le proteste hanno fatto segnare un tragico bilancio: 15 morti sul selciato a causa della feroce repressione praticata dalle forze di sicurezza.
I video circolati sui social network mostrano il momento in cui gli agenti di polizia bloccano Ordóñez mettendogli le ginocchia sul collo, e per almeno due minuti lo hanno bersagliato con scosse elettriche tramite la pistola, colpendolo brutalmente al capo.
Anoche la policía mató a Javier Ordóñez de 43 años en la ciudad de Bogotá. Lo tenían indefenso en el piso y le hicieron descargas eléctricas hasta ocasionarle la muerte y escuchando sus súplicas de que "por favor ya no más"
— David. (@DonIzquierdo_) September 9, 2020
Esto no es EEUU,ni es George Floyd, es Colombia. pic.twitter.com/MVvYFPGY21
Ordóñez è morto all'interno di una sede del CAI e, secondo le autopsie preliminari, aveva ricevuto colpi alla testa che hanno provocato almeno nove fratture craniche.
La vittima, padre di due bambini di 11 e 15 anni, è deceduta in ospedale a causa dei colpi e delle ferite che gli hanno inflitto le forze dell'ordine quando era già detenuto per aver contravvenuto alle misure contro il coronavirus.
Come recita un cartello portato in piazza dai manifestanti: la Colombia non è un paese ma un’immensa fossa comune. La stessa dove è stata seppellita la credibilità dei media mainstream che sfornano fake news di continuo sul Venezuela nel goffo tentativo di occultare i crimini che avvengono nella vicina Colombia.
‘El mundo al revés’, come scriveva il grande Eduardo Galeano.