La destra e la crisi climatica

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La destra e la crisi climatica

 

di Michele Blanco*

Il negazionismo climatico, come i negazionisti degli effetti nefasti del fumo di sigarette, del secolo scorso, è tornato ad avere molto spazio sui giornali e nelle televisioni.

Se milioni di persone sono costrette a lasciare le loro case per colpa dei disastri climatici, le loro sofferenze, come anche i sentimenti delle persone povere che vivono nei paesi occidentali, offrono alla destra politica, in tutto il mondo, la possibilità di aumentare il suo potere elettorale e politico.

Altra vittima delle destre politiche sono i programmi contro la crisi climatica, mai menzionati nei loro programmi elettorali, e ove vi fossero, una volta al potere, vengono inesorabilmente cancellati. Nel frattempo il riscaldamento continua ad esserci e aumenta costringendo altre persone a partire. Si tratta di un vero e proprio circolo vizioso, che sta diventando un aspetto dominante della nostra epoca. Una seria pubblicazione scientifica sulla rivista Nature – corroborata da dati inesplicabili – identifica la cosiddetta “nicchia climatica umana”, cioè le condizioni ideali, temperature e quantità di precipitazioni, in cui la nostra specie può prosperare. Nella millenaria storia dell’umanità, ci siamo stabiliti nelle aree del mondo che ci permettevano di vivere bene, ma purtroppo in molti di questi luoghi la “nicchia” -l’ambiente di vita umano – e la possibilità di sopravvivere si restringono inesorabilmente. Nel mondo contemporaneo circa seicento milioni di persone vivono in condizioni difficili ed inospitali. Allo stato attuale, senza un cambiamento delle scelte politiche dei governi, avremo un aumento della temperatura media di 2,7 gradi entro il 2100. Proseguendo di questo passo, due miliardi di persone si troveranno fuori dalla nicchia nel 2030, e nel 2090 saranno 3,7 miliardi, quasi la metà dell’odierna popolazione mondiale.

Se i governi riuscissero a limitare il riscaldamento all’obiettivo concordato di 1,5 gradi, il numero di persone esposte al calore estremo sarebbe all’ incirca di cinque volte inferiore. Se invece abbandonassimo le politiche climatiche, come da molti governi e movimenti politici auspicato, l’aumento della temperatura raggiungerebbe i 4,4 gradi. In questo terribile caso, entro la fine del secolo circa 5,3 miliardi di persone dovrebbero affrontare condizioni che variano dal “pericoloso” all’“impossibile”. Già oggi le stazioni meteorologiche del golfo Persico registrano temperature (35 gradi al 100% di umidità) superiori al limite oltre il quale la maggior parte degli esseri umani non riesce a sopravvivere. In altre stazioni meteorologiche lungo le coste del mar Rosso, del golfo dell’Oman, del golfo del Messico, del golfo della California e del versante meridionale dell’Asia (Malesia e Singapore ad esempio), le misurazioni sono state di poco inferiori. In ampie parti dell’Africa non c’è quasi nessun monitoraggio delle ondate di calore. India, Nigeria, Indonesia, Pakistan, Afghanistan, Papua Nuova Guinea, Mali e America centrale sono sempre più esposti a rischi estremi.

Nei paesi ricchi abbiamo ancora la possibilità di scegliere: possiamo limitare notevolmente i danni causati dalla crisi climatica di cui i nostri paesi sono storicamente i maggiori responsabili, ma queste scelte sono volutamente, politicamente, ridotte al minimo. Infatti molti mass media, sempre gli stessi, finanziati da miliardari e aziende multinazionali, fanno credere, alla sempre più manipolata opinione pubblica, addirittura fornendo dati falsi, che anche i tentativi più innocenti di ridurre il nostro impatto ambientale sono frutto di complotti che vogliono privarci della libertà. Con questo sistema di disinformazione, tutto viene messo in discussione: misure piccole ma indispensabili come i quartieri a traffico ridotto, pompe di calore e perfino i fornelli a induzione. Sta diventando difficile discutere in modo serio, sensato, veramente scientifico e razionale di problemi cruciali come l’inutilità dell’uso dei suv e il consumo eccessivo di carne.

Lo stesso era avvenuto nel secolo scorso con le multinazionali dei produttori di sigarette che per decenni confutarono, con falsi studi scientifici, corrompendo scienziati, giornalisti e mass media, il dato di fatto che il fumo di sigarette sia la causa diretta di gravissime malattie letali. Il negazionismo climatico, come i negazionisti degli effetti nefasti del fumo di sigarette, del secolo scorso, è tornato ad avere molto spazio sui giornali e nelle televisioni. Scienziati seri e attivisti sono accusati di essere dei paranoici, nella migliore delle ipotesi.

Mentre le gravissime conseguenze dei nostri consumi, spesso inutili, si fanno sentire nel globo e a migliaia di chilometri di distanza, uomini e donne si presentano ai nostri confini cercando rifugio da una crisi di cui non sono praticamente responsabili (e che provoca inondazioni o grave siccità). Alcune forze politiche, speculando per avere facili consensi elettorali, annunciano (in Italia annunciavano, ora sono al governo), che siamo “invasi” dagli immigrati, perché secondo loro non esistono profughi climatici. E così milioni d’individui, manipolati dai telegiornali e dalla stampa, si convincono che l’unica soluzione possibile sia chiudere i confini. Possiamo ritrovare una costante in tutto il mondo occidentale: i governi di destra cancellano le misure contro la crisi climatica.

Sembra evidente che le politiche di destra stiano diventando il muro difensivo creato dalle oligarchie, dai grandi capitalisti, dalle industrie che utilizzano metodi di produzione inquinanti, per proteggere i loro interessi economici. La destra politica nel mondo contemporaneo prospera elettoralmente nella catastrofe della crisi climatica e sull’immigrazione da essa causata, oltre alle guerre, alla mancanza di cibo e prospettive di vita; proprio per questo sembra invincibile. Inumano il trattamento riservato ai migranti in questo momento, ai confini dell’Europa: respinti in mare, imprigionati, picchiati e usati come capri espiatori. L’odio, incentivato dai mezzi di comunicazione di massa, contro di loro ha aiutato la destra a conquistare il potere in Italia, Svezia e Ungheria, e ad aumentare il suo peso elettorale in Spagna, Austria, Francia e perfino in Germania.

Dobbiamo essere certi che ogni successo della destra comporti l’indebolimento delle politiche a favore del cli- ma. Così, di conseguenza, milioni di persone saranno costrette a cercare rifugio nelle aree in cui c’è ancora la nicchia climatica adatta alla vita degli esseri umani.

Bisogna ribadirlo che queste zone coincidono con i paesi responsabili delle politiche che hanno spinto quelle persone ad abbandonare le loro case. Nei singoli Stati abbiamo, sempre più, strati di popolazione che si sentono minacciati da continui cambiamenti che arrivano da lontano e generano una precarizzazione diffusa.

Specialmente coloro che hanno un basso livello di qualificazione (bassi salari, poca istruzione, etc.) si sentono più direttamente minacciati. Essi così cercano i responsabili della crisi tra quelli che ritengono essere gli autori: immigrati in primo luogo, ma anche altre categorie sociali borderline sospettate, con l’aiuto della propaganda di alcuni mezzi di falsa informazione, di qualsiasi misfatto. Il vero rischio al quale l’intero mondo va incontro, senza apparenti soluzioni, è quello di un “imbarbarimento” dei rapporti umani: la crisi della democrazia nel nuovo assetto istituzionale imposto dalla società postindustriale e post-moderna, con la sempre più acuta crisi dello stato sociale.

Tutto ciò non fa che rendere i cittadini del mondo d’oggi più insicuri e diffidenti. Limitare la crisi ecologica deve essere, insieme alla lotta alle diseguaglianze, il programma per il futuro di tutte le forze progressiste e democratiche, come ha sostenuto il filosofo Francesco Fistetti: “La democrazia politica deve essere pronta a ridefinirsi alla luce del riconoscimento delle nuove istanze e dei nuovi bisogni che maturano nella società civile.

Essa è uno spazio fragile e sottoposto a tensioni permanenti, al cui interno si tratta di bilanciare la dialettica fra libertà ed eguaglianza ricorrendo a politiche di solidarietà che impongano forme di vita condivise sottratte alla dittatura del mercato”. Il “mercato”, e la ricerca del profitto ad ogni costo, ci sta portando alla catastrofe totale, dobbiamo cambiare sistema. Tutto questo perché il fine ultimo è quello di salvaguardare la sopravvivenza del genero umano.

 

*Mio articolo pubblicato su “la Fonte, periodico dei terremotati o di resistenza umana”, ottobre 2023, ANNO 20, n. 9, pp. 18-19.

 

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