La disfatta europea
di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico
Si rimane davvero senza parole ad ascoltare le dichiarazioni a margine dello storico vertice avvenuto ieri a Ryad tra i rappresentanti della Russia e quelli degli Stati Uniti. Siamo di fronte a un fatto di rilevanza storica che avrà molto probabilmente enormi conseguenze sulle vite delle persone; non solo su quelle degli ucraini, ma anche su quelle degli europei. Dalle dichiarazioni si intuisce infatti chiaramente come i colloqui delle delegazioni capeggiate rispettivamente da Sergey Lavrov e Marco Rubio sono stati approfonditi nelle tematiche e di ampio respiro in relazione allo spazio geografico: non si è parlato solo di come concludere il più rapidamente possibile il conflitto in Ucraina ma degli equilibri diplomatici, militari ed economici che dovranno intercorrere tra Russia e Stati Uniti e ai quali i paesi vassalli saranno chiamati ad adeguarsi, volenti o nolenti.
Ma andiamo con ordine partendo da un aspetto che apparentemente può essere considerato secondario, ma che mai lo è nei rapporti tra gli esseri umani; mi riferisco alla postura e alla prossemica dei partecipanti, ovvero agli atteggiamenti corporei e agli spazi che gli uomini interpongono tra sé e gli interlocutori. E' evidente, come i russi si sentano vincitori ed in una posizione di superiorità rispetto agli americani. Basta guardare le foto del capannello di persone creatosi nella enorme sala del palazzo reale di Ryad: al centro spiccavano i due russi, Sergey Lavrov e Yuri Ushakov che di fronte a Marco Rubio, trasudavano senso di superiorità e tenevano ostentatamente le mani in tasca.
Certamente nell'analisi degli spazi, bisogna anche sottolineare che probabilmente esiste simbolicamente anche una prossemica geografica tra nazioni e capitali: le due delegazioni si sono incontrate a Ryad, fuori dallo spazio europeo, per decidere assetti ed equilibri che si verranno a creare in Europa. Un messaggio questo, dirompente che chiarisce come il Vecchio Continente sia diventato (o forse è destinato a diventare) una zona, un continente, sostanzialmente irrilevante e da considerarsi come una semi-colonia di second'ordine alla quale le grandi potenze danno non molta importanza.
Altro aspetto da considerare è quello della composizione delle due delegazioni: entrambe hanno un esperto di economia tra le proprie fila. I russi contano su Kirill Dmitriev, economista e CEO del Fondo statale russo per gli investimenti diretti, un fondo sovrano alle dipendenze dello stato russo. Gli americani, dal canto loro, hanno tra le proprie fila l'uomo d'affari Steve Witkoff. Segno che sia a Washington che a Mosca considerano rilevante l'aspetto economico per raggiungere una pace sostenibile e duratura tra le due potenze. Del resto non poteva essere diversamente con il terrificante passivo della posizione finanziaria netta statunitense di ben 23600 miliardi di dollari. Anche se va detto, che portare in primo piano nelle delegazioni diplomatiche degli esperti di economia significa segnalare chiaramente come questo aspetto fondamentale sia uscito dal novero dei temi di cui bisogna tacere ufficialmente per entrare in quello di cui bisogna parlar chiaro.
Altro aspetto fondamentale, è il rovesciamento della composizione dei tavoli diplomatici. Se in passato Washington prima si accordava con i suoi alleati e poi portava sul tavolo delle trattative, quanto concordato precedentemente, ora, con l'amministrazione Trump tutto sembra essere stato stravolto: Washington tratta direttamente con le grandi potenze (in questo caso la Russia) senza interpellare precedentemente chicchessia, per poi chiamare i paesi ex alleati ad accettare senza fiatare quanto stabilito. Il concetto di Occidente Collettivo può essere considerato morto!
Venendo ai risultati concreti di questo vertice, diciamo che il primo fondamentale passo è stato quello della completa restaurazione dei rapporti diplomatici tra le due potenze, con il conseguente ritorno delle rispettive rappresentanze diplomatiche nelle ambasciate ai livelli precedenti alla crisi.
Per quanto riguarda la crisi ucraina si sono verificati i primi approcci molto promettenti. Gli americani hanno proposto l'invio di truppe di pace sulla linea del fronte, parlando in particolare di truppe brasiliane e cinesi. Inoltre Washington ha proposto una moratoria sugli attacchi alle centrali elettriche e a tutte le infrastrutture energetiche. Da parte russa si è invece sottolineato che Mosca non intende accettare truppe di pace dei paesi europei perché considerate come truppe Nato sotto mentite spoglie. Per quanto riguarda la moratoria ai bombardamenti sulle infrastrutture energetiche i russi hanno sottolineato come loro fanno molto più male agli ucraini di quanto Kiev non riesca a farne a loro, però tutto sommato sembra che se ne possa parlare a patto che qualcuno per dirla con Lavrov: «dia una pacca sulla mano a Zelensky» che ha bombardato la stagione di pompaggio del petrolio kazako che si trova a Kuban nel Caucaso russo, paradossalmente danneggiando gli interessi occidentali più che quelli russi.
Ma è sul piano economico su vasta scala che sembra si siano aperte ottime prospettive nei rapporti bilaterali tra Washington e Mosca con il Segretario di Stato americano Marco Rubio che ha dichiarato: «L'America deve sfruttare l'incredibile opportunità di collaborare con la Russia a livello geopolitico, su questioni di interesse comune, e francamente anche a livello economico, su questioni che, si spera, si riveleranno positive per il mondo, e migliorare le relazioni tra due importanti paesi». Concetti questi sostanzialmente confermati anche da Kirill Dmitriev che ha parlato apertamente di una possibile cooperazione russo americana nel campo dell'energia per quanto riguarda i giacimenti sull'Artico.
Altro tema fondamentale che è stato trattato è quello della futura collocazione di Kiev in ambito internazionale. Per la delegazione russa, l'Ucraina non dovrà far parte della Nato ma se a Kiev lo vorranno potranno aderire all'Unione Europea. Apparentemente una proposta ragionevole questa, in realtà si tratta - nella mia lettura – di una pillola avvelenata data ai paesi europei. Questo perchè l'Ucraina è un paese completamente distrutto e che inoltre sarà popolato di una popolazione anziana e di ex militari spesso invalidi bisognosi di costose cure. All'Europa in sostanza, con l'entrata dell'Ucraina nella UE toccheranno le enormi spese per la ricostruzione (Bloomberg le calcola in circa 500 miliardi di dollari in 10 anni) e per il welfare mentre in sostanza non otterranno in cambio nulla, visto che pure le risorse minerarie del paese sono state sostanzialmente date agli americani.
Come si può capire un onere sostanzialmente insostenibile per l'Europa che oltre alle spese di ricostruzione dell'Ucraina dovrà sobbarcarsi il costo dei prossimi dazi commerciali che imporrà l'amministrazione Trump oltre naturalmente all'aumento abnorme delle spese militari, dato che gli americani hanno già detto ufficialmente che non intendono più sostenere la difesa europea sobbarcandosi la maggior parte delle spese.
Insomma si sta profilando, una vera e propria catastrofe economica per quanto riguarda l'Europa. Peraltro si tratta di una “batosta” ben meritata vista la folle politica deflazionaria, portata avanti per oltre 20 anni, che ha consentito alle merci europee (in particolare quelle tedesche) di aggredire i mercati mondiali sbaragliando i prodotti americani. Una condotta questa che come già avvertiva Keynes nei suoi diari alla lunga porta ai conflitti armati (“La moneta internazionale”, edito in Italia da Sellerio). Anche questa volta così è stato, e anche questa volta la Germania ha perso trascinando con se tutta l'Europa nella una disfatta.
A questa storica catastrofe l'Europa risponde con fumosi vertici, che oltre a non prendere decisioni concrete non regalano più manco le solite e stantie photo-opportunity con sorriso smagliante dei leader europei. Questa volta c'è solo il conto da pagare, come attesta lo sguardo torvo della Meloni nella foto ricordo dell'inutile vertice macroniano di Parigi.
Un ultima considerazione: molti diranno che la sconfitta dell'Europa che si profila, sarà frutto del “tradimento” dell'amministrazione Trump che ha trattato direttamente con i russi scavalcando gli “alleati” europei. In realtà gli americani quando emerge il rischio di una sconfitta agiscono sostanzialmente sempre così; anche nel 2021, decisero unilateralmente il ritiro dall'Afghanistan e al successivo vertice dei ministri della difesa della Nato alle obbiezioni di italiani e inglesi risposero semplicemente «rimanete voi, se volete!» esattamente come ora, mica stanno obbligando gli europei alla pace con la Russia: il Segretario alla Difesa Pit Hegseth ha già chiarito che se gli europei vogliono possono mandare contingenti in Ucraina...ma senza copertura dell'articolo 5 della Nato.
Democratici o repubblicani poco cambia, quando sono in ballo gli interessi vitali degli Stati Uniti a Washington non ci pensano un secondo a scaricare gli “alleati” europei.