La lieta novella del Next Way of Working
di Federico Giusti
In nome dello smart working stanno stravolgendo i luoghi tradizionali della produzione, se ne accorgono non i sindacati ma Il Sole 24 Ore che parla di un complessivo ridisegnamento delle strutture adibite ad uffici e investimenti.
Emblematico è quanto riporta un articolo del quotidiano di Confindustria laddove scrive: " A Milano Deutsche Bank riduce la superficie della sede del 40%; UniCredit subaffitta gli oltre 20 piani della Torre B in piazza Gae Aulenti; Bnp cerca coinquilini"
Lo smart non è ovviamente estendibile a tutta la produzione ma si va facendo strada in alcuni settori il progetto di abbattere i costi degli affitti, delle pulizie, interagire singolarmente con il lavoratore a cui assegnare carichi di lavoro e mansioni crescenti.
Il Sole 24 Ore del 21 Gennaio scrive: Su 6,6 miliardi di euro di investimenti immobiliari, in Italia nel 2023 (-44% sul 2022) – informa Cbre – il comparto uffici ha chiuso attorno a 1,2 miliardi, in calo del 74% rispetto all’anno precedente.
Detto in altri termini stanno estendendo il lavoro a progetto al posto di quello subordinato o almeno ci provano, ben presto le normative giuslavoristiche potrebbero adattarsi ai cambiamenti con norme peggiorative e in sostanza minori tutele individuali e collettive.
La tendenza al lavoro a progetto si spiega con la volontà di ridurre complessivamente i costi di produzione accrescendo la produttività, nella spasmodica ricerca di ridimensionare o ripensare il carattere subordinato del rapporto di lavoro all'insegna del dipendente flessibile, isolato, altamente produttivo e ove serva smartizzato.
Al contempo esistono anche altre spiegazioni, ad esempio la flessione degli investimenti immobiliari che ha riguardato nel 2023 il settore degli uffici, da qui la necessità di alcune grandi aziende di ridefinire gli spazi prevedendo dei luoghi di lavoro ove potremmo talvolta trovare dipendenti con più datori, dipendenti collegati a un pc e senza alcuna relazione tra loro, lavoratori tanto desindacalizzati quanto alienati.
Le aziende vogliono risparmiare sui costi, se possono intensificare i profitti ogni azione è lecita incluso il ridimensionamento delle sedi aziendali costruendo relazioni individuali dei datori con la loro forza lavoro.
La trasformazione dei luoghi di lavoro diventa un obiettivo raggiungibile sapendo che si porterà dietro la riduzione della conflittualità, la perdita di potere contrattuale dei sindacati, la ricattabilità della forza lavoro occultata dietro alla cortina fumogena del novismo, prestazioni erogabili in ogni momento e in presunta libertà e, secondo narrazioni mainstream, in qualche luogo ameno. La formalità del diritto alla disconnessione si scontra inevitabilmente con l'estensione dei tempi di lavoro a discapito di quelli di vita.
Si va facendo strada l' idea che si possa far coesistere tanti lavoratori e lavoratrici in luoghi provvisori, disposti a cambiare sede con estrema rapidità introiettando nella attività lavorativa e nelle loro stesse vite le pratiche improntate alla massima flessibilità e produttività.
La cultura del merito è smart, priva di riferimenti reali ai luoghi di produzione, lo ripetiamo per non generalizzare il ragionamento, non è valido per tutte le prestazioni lavorative ma solo per una minima parte che poi oggi risulta quella maggiormente appetibile.
In Germania o in Francia hanno ridotto, alcune multinazionali, del 40 o 50% gli spazi aziendali, la pandemia che ha obbligato moltie al lavoro alla prestazione in smart ha reso possibile questa ottimizzazione, usiamo un termine diffuso ma non neutro, ottimizzazione degli spazi e dei costi con l'azienda che sta ripensando ai luoghi di lavoro non per renderli migliori e sicuri, evita solo di farsi carico di ogni spesa giudicata superflua proponendo modalità lavorative flessibili, agili e cottimi mascherati.
In Italia Unicredit è all'avanguardia in questi processi, sono stati svuotati uffici accorpandone altri, si sono sostanzialmente ridotti spazi e sedi in attesa magari di costruire un nuovo campus. Ma è proprio il settore bancario quello dove registriamo anche la riduzione , a parità di salario, della settimana lavorativa insieme allo smart e al contempo un piano di riorganizzazione aziendale che taglierà migliaia di posti di lavoro.
Il silenzio assenso dei sindacati italiani davanti a questi processi è assai preoccupante, accade negli Usa dove hanno presentato l'accordo nel settore delle fabbriche meccaniche come vittorioso per la classe lavoratrice salvo poi scoprire che era solo la premessa per tagli occupazionali consistenti con la trasformazione dei contratti, con la precarizzazione del lavoro e in molti casi riduzione delle buste paga e forti sperequazioni salariali tra siti produttivi.
Tra ignavia e incomprensione della realtà si va quindi affermando il nuovo modello di lavoro denominato “Next Way of Working”, un mix tra esasperata flessibilità negli orari lavorativi e lavoro agile da casa da una parte e il lavoro tradizionale nel proprio ufficio dall'altra, con quote crescenti di salario demandate alla contrattazione di secondo livello previo raggiungimento di standard di produttività sempre più elevate e ovviamente imposte senza contrattazione sindacale dalle aziende ai propri lavoratori.