La "minaccia più grande" per l'imperialismo USA

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La "minaccia più grande" per l'imperialismo USA

 

di Daniele Burgio, Roberto Sidoli e Massimo Leoni

 

Il capo della Cia, William J. Burns, in un articolo pubblicato a fine gennaio del 2024 dalla rivista Foreign Affairs ha sottolineato che "la Cina è la minaccia più grande a lungo termine" per Washington, e più precisamente per la frenetica ricerca dell'egemonia planetaria da parte degli Stati Uniti.

Tutto ciò non certo a causa di sfavorevoli e svantaggiosi rapporti di forza bellici con Pechino: secondo l'insospettabile istituto di ricerca occidentale del Sipri, gli USA durante gli ultimi decenni pesano infatti per quasi il 40% nella spesa militare mondiale, il triplo della Cina.

Invece proprio la combinazione dialettica tra la grande ascesa economico-tecnologica della Cina e il  crescente successo della sua politica, cooperativa e non predatoria, su scala internazionale, a partire dai BRICS plus e dalle Vie della Seta (infrastrutture, Internet e acquedotti in Asia, Africa, America Latina e così via) spiega e fornisce la corretta chiave di lettura per comprendere le  parole utilizzate dal lucido Bill Burns, il quale, non certo a caso, sempre nel suo articolo su Foreign Affairs ha dichiarato che solamente negli ultimi due anni la Cia "ha più  che raddoppiato la percentuale del nostro bilancio complessivo dedicato alla Cina" .[1]

Per l'imperialismo statunitense si tratta di una scelta di priorità globale che ha una storia più che quinquennale, da analizzare anche focalizzando l'attenzione sui processi decisionali e sulle azioni concrete di Langley negli ultimi anni.

Considerando da tempo la Cina attuale un nemico ancora più potente dell’Unione Sovietica durante i suoi anni d’oro, nell’ottobre del 2021 la Cia ha infatti inaugurato un nuovo polo operativo dedicato alla Cina e denominato China Mission Center. Si tratta di uno dei «cambiamenti riguardo alla stessa struttura organizzativa interna della Central Intelligence Agency voluti dal nuovo direttore William J. Burns, che riflettono a loro volta la trasformazione dei nuovi tempi nei quali, come delinea e tratteggia anche il Washington Post, gli Stati Uniti si preparano ormai da tempo “a un confronto profondo, completo e duraturo con il gigante orientale, ormai cresciuto oltre i livelli di guardia”».

Ripetiamo: “confronto profondo, completo e duraturo” contro la Cina attuale.

Parole chiare.

La riorganizzazione “serve a rafforzare il nostro lavoro collettivo sulla minaccia geopolitica più importante di questo secolo, cioè un governo cinese sempre più ostile”, ha spiegato Burns. La sfida supera, secondo molti analisti, quella con l’Unione Sovietica, che aveva segnato la seconda metà del XX secolo. La Cina è un avversario più pericoloso perché gode di un enorme potere economico e, in questo senso, ha legami fortissimi con gli stessi Stati Uniti. Ha anche una portata globale maggiore, più forte e decisa. La Cina, sostiene l’ex direttore John O. Brennan, “merita il nostro impegno più grande”.[2]

 

Parole molto eloquenti, a nostro avviso...

[1] S. Cararo, " La " versione di Burns " e la miopia dei mass media italiani sulla CIA ", in contropiano.org

[2] D. Ronzoni, "Pechino è vicina. Così la Cia si prepara alla sfida del secolo: contrastare la Cina", 8 ottobre 2021, in linkiesta.it

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