La Moldavia "europeista" mette al bando l'opposizione. Ora è pronta a entrare nell'UE

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La Moldavia "europeista" mette al bando l'opposizione. Ora è pronta a entrare nell'UE

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di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico 



La Corte costituzionale della Moldavia ha deciso di sostenere la richiesta del governo “europeista” (pur se ancora soltanto candidato UE) di Kišinëv di vietare l'attività del partito di opposizione “Shor”, considerato filo-russo e una cui rappresentante, Evgenija Gutsul, ha di recente vinto le elezioni per la carica di “Bashkan” (Governatore) della regione autonoma di Gagauzija, superando al secondo turno un altro candidato filo-russo, il socialista Grigorij Uzun.

In Moldavia, dunque, il partito “Shor” è messo fuori legge e i suoi deputati in parlamento, pur conservando il mandato, potranno operare solamente come “indipendenti”, senza poter aderire ad altri gruppi parlamentari. La decisione della Corte, scrive la TASS, permette al governo, forte della maggioranza parlamentare, di chiedere che il Parlamento decida sulla proibizione di “Shor”. La vice presidente del partito, Marina Tauber, ha dichiarato che la decisione della Corte costituzionale verrà portata di fronte alla Corte europea per i diritti dell'uomo.

Il partito governativo “Actiune si Solidaritate”, che è anche la formazione della presidente moldava Maia Sandu, cerca da tempo di fermare le attività di “Shor” che, per inciso, non hanno niente di minimamente rivoluzionario, ma esprimono tuttavia una marcata tensione filo-russa, anche più del Partito socialista, dell'ex presidente Igor Dodon.

Almeno da un anno a questa parte, “Shor” (dal nome del suo fondatore e attuale presidente, il miliardario Ilan Shor, in esilio e incluso nelle liste “sanzionatorie” USA) organizza manifestazioni contro la politica governativa che, nella scia dei dettami UE e FMI, opera scelte tariffarie e sociali che stanno drasticamente riducendo le condizioni di vita delle masse, hanno condotto a una grave crisi economica, con forti aumenti dei generi alimentari e un'inflazione che, per la prima volta dagli anni '90, raggiunge il 30%.

Il partito chiede le dimissioni di Maia Sandu, del governo guidato da Dorin Recean e del Parlamento, soprattutto dopo i tentativi governativi di invalidare le elezioni di Gagauzija e la vittoria di Evgenija Gutsul; e non è del tutto possibile escludere, dato che Sandu vi ha accennato diverse volte, che il governo tenti una soluzione di forza contro il territorio autonomo. Un anno fa, ricorda la TASS, il governo escluse dalle elezioni a sindaco della seconda (se non si considera Tiraspol, capoluogo della Transnistria) maggiore città moldava, Balti, la vice presidente di “Shor” Marina Tauber, che al primo turno aveva raccolto il 47% ed era favoritissima. Lo scorso 2 maggio, Tauber è stata nuovamente posta agli arresti domiciliari e lo stesso trattamento è riservato ad altri rappresentanti dei partiti di opposizione, in particolare per le manifestazioni contro la linea di militarizzazione (si ripetono i passaggi di convogli carichi di mezzi militari diretti verso est) del paese a favore di Kiev, a dispetto della neutralità proclamata dalla Costituzione.

La Moldavia è oggi uno dei paesi europei con più forte emigrazione, in particolare giovanile, in cerca di lavoro. Secondo Maksim Kamerrer, che ne scrive su Rubaltic.ru, in trent'anni di “indipendenza” (dall'URSS, s'intende) se ne sono andate dal paese almeno un milione di persone, cioè poco meno di un terzo della popolazione. Kamerrer cita dati dell'ufficio nazionale di statistica, secondo cui al 1 gennaio 2022 la popolazione moldava contava 2,6 milioni (The World Factbook della CIA scrive di circa 3,2 milioni nel 2023) di abitanti, di cui un buon quarto costituito da giovani di 14-34 anni.

I risultati dell'indagine condotta dal Consiglio municipale giovanile di Kišinëv dicono che i principali ostacoli incontrati dai giovani in cerca di lavoro sono rappresentati da bassi salari, favoritismi e rifiuto dei padroni di assumere personale con poca esperienza. Nella sostanza, oltre il 70% degli interpellati si dichiara propenso a lasciare il paese, tanto più che moltissimi hanno parenti già da anni emigrati in Occidente. Non è un caso, nota Kamerrer, che proprio nelle aree della capitale in cui sono concentrati Istituti superiori e Università, abbiano sede anche molte agenzie per l'organizzazione di viaggi in Europa e USA per giovani e studenti. A dispetto delle declamazioni governative sull'impegno per il rientro della forte diaspora moldava, riceve il pieno sostegno dell'ambasciata americana il programma Work and Travel, che propone permanenze lavorative all'estero di 2-3 mesi, in particolare negli States.

Il blogger “Golos Mordora” sottolinea anche, tra i grossi problemi ereditati e approfonditi dalla presidenza Sandu, il crollo dei prezzi dei prodotti agricoli, causato, tra l'altro, dai prodotti ucraini a basso costo, importati senza dazi. Paesi più forti della Moldavia, ricorda “Mordor”, come «la Polonia, e non solo, hanno vietato i prodotti ucraini proprio perché colpiscono la loro agricoltura, ma Maia Sandu se ne infischia dei contadini moldavi, li lascia fallire e morire di fame».

Così, alle proteste cittadine di operai e pensionati, alle manifestazioni anti-UE e contro gli invii di armi a Kiev, si aggiungono quelle dei piccoli contadini le cui condizioni peggiorano sempre più.

Ancor peggio, al recente vertice della cosiddetta Comunità Politica Europea, a Bulboaca, nei pressi di Kišinëv, Sandu si è intrattenuta, in  particolare, col nazigolpista-capo Vladimir Zelenskij e non è da escludere qualche mossa comune contro la Transnistria, che per l'appunto fa da “cuscinetto” tra Moldavia e Ucraina. Vero è, commenta “Mordor”, che qualche timore ce l'hanno, «non sanno come reagirebbe la Russia, ma hanno una gran voglia di colpire» la regione filo-russa, e non è escluso che tentino qualcosa anche con l'aiuto di Bucarest, che poi trasformerebbe la Moldavia in propria colonia.

Un paio di settimane fa, il portale “Odna Rodina”, riportava le parole del politologo ed ex deputato moldavo Anatol Taranu che, intervenendo a TV 8, dichiarava che a Kiev da tempo si discute della “questione della Transnistria”: soprattutto ora, diceva, quando «non si può parlare di alcun negoziato, perché il formato negoziale "5+2" non esiste più, come ha annunciato nei giorni scorsi il presidente ucraino». Taranu si diceva convinto che la questione non possa essere risolta nel formato "1+1" e, se non è possibile risolvere la questione con negoziati, è allora evidente che là si pensa ad altre opzioni, tra le quali, a quanto pare, Taranu non esclude una "guerra lampo" in stile ucraino.

In particolare, sosteneva con la bava alla bocca l'ex deputato moldavo, il conflitto in Ucraina «ha cambiato radicalmente la situazione intorno alla Transnistria. In tutti questi anni, alle spalle di Tiraspol c'è sempre stata Mosca. E c'è ancora. Con l'unica differenza che le possibilità di Mosca si sono significativamente ridotte. La Russia non è in grado di fornire effettiva assistenza alla Transnistria in caso di operazioni militari. Nella soluzione della questione della Transnistria si è aperta oggi, inaspettatamente, una finestra di opportunità. E non si può escludere che, col tempo, si chiuda, per non riaprirsi mai più», ha dichiarato Taranu a Moldavskie Vedomosti, come a incitare Kiev e Kišinëv a sbrigarsi.

Ovvio, che qualsiasi soluzione militare alla questione della Transnistria, specialmente ora, sia tanto pericolosa per Kišinëv, che rischia di ritrovarsi in guerra con Mosca, quanto vantaggiosa per Kiev. Forse proprio per questo non sono poche le possibilità che ciò avvenga davvero.

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