La Nato-UE verso il blocco del Baltico
di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico
Alla vigilia della annuale Conferenza di Monaco sulla sicurezza nella quale quest'anno la nuova amministrazione degli Stati Uniti presenterà il suo piano di pace per l'Ucraina si addensano altri scenari di crisi nella parte orientale dell'Europa.
Nulla di cui stupirsi, abbiamo sempre sostenuto che il conflitto ucraino è solo un tassello di un conflitto europeo di più vaste dimensioni che cova sotto la cenere.
L'area che in questa precisa fase più si sta scaldando è certamente quella del Mar Baltico. Si tratta di uno stretto braccio di mare che si incunea tra l'Europa continentale e la penisola scandinava e che ha l'ulteriore caratteristica di essere sostanzialmente chiuso dalla penisola danese e dal suo arcipelago. Sin dalla prima deflagrazione della crisi ucraina (o per meglio dire tra i paesi Nato e la Russia) gli osservatori più attenti all'aspetto strategico della crisi si sono immediatamente resi conto dell'importanza di questo braccio di mare, infatti è proprio lì che sono saltate le maschere e le narrazioni per lasciare spazio ai reali motivi della crisi in corso.
Come si è potuto intuire ci stiamo riferendo all'esplosione del gasdotto Nord Stream che riforniva l'imponente apparato produttivo tedesco dell'essenziale (perché a basso costo) gas russo proveniente dalla Siberia. Dopo questo spettacolare e storico avvenimento nessuno poteva più negare che il motivo reale della guerra era la competitività economica europea spinta dalle materie prime russe acquistate a prezzo di saldo. A seguito di questa esplosione si sono verificati altri incidenti che attestano sempre di più l'importanza del Baltico: ci riferiamo alla guerra dei cavi che vede la continua rottura dei cavi internet che collegano la sponda sud del Baltico con la penisola scandinava. Naturalmente i paesi occidentali accusano le navi mercantili russe e cinesi di essere la causa della rottura dei cavi tramite l'ancora che viene lasciata a ball'apposta sui fondali cosi da incagliarsi con i cavi che vi sono posati. Siccome in questa guerra ognuno ha il suo “story telling” i mass media russi e cinesi respingono le accuse occidentali e alludono a possibili operazioni false flag della Nato per poi incolparli. Ed è proprio in relazione al problema della manomissione dei cavi che sta emergendo uno degli aspetti più pericolosi di questa crisi; ci riferiamo al fatto che gli occidentali accusano di questi sabotaggi delle navi molto particolari, quelle considerate appartenenti alla cosiddetta “flotta ombra” della Russia.
La flotta ombra russa (secondo la versione occidentale) sono centinaia di petroliere e navi mercantili di cui la Russia sarebbe la reale proprietaria nonostante battano bandiera di paesi terzi. Si tratta di navi perlopiù vetuste acquistate per eludere le sanzioni occidentali nascondendo così l'origine russa delle merci che trasportano. Sebbene il numero corretto delle navi componenti la flotta è sconosciuto la S&P Global stima che vi siano ben 591 petroliere della flotta ombra operanti nel commercio di petrolio proveniente dalla Russia. La flotta ombra batte bandiera di diversi Paesi e utilizza varie tattiche opache per nascondere l’origine del proprio carico come per esempio la triangolazione dei documenti che attestano la provenienza reale delle merci. Secondo la S&P Global le prime cinque bandiere delle navi della flotta ombra russa sono Panama (17,3%), Liberia (12,4%), Russia (11,4%), Isole Marshall (8,4%) e Malta (6,4%). Del restante 44% delle navi, le bandiere includono Isole Cook, Gabon, Liberia, Camerun, Palau, Azerbaigian, Vietnam Cina e molti altri ancora.
Uno degli aspetti più interessante di questa flotta è che una delle sue rotte più battute è proprio quella del Mar Baltico. Infatti secondo la società Windward.AI negli ultimi sei mesi ci sono stati quasi 26.000 passaggi nell’area da parte di circa 1.400 navi della flotta ombra russa.
Numeri che indicano come questo mare sia sempre più strategico, non solo per il passaggio dei gasdotti e dei cavi sottomarini ma anche per le rotte commerciali che consentono alla flotta russa di eludere le sanzioni occidentali e di continuare così a vendere il petrolio russo in tutto il mondo.
Che il tema della rotta baltica della flotta ombra russa stia sempre più diventando cruciale nell'azione occidentale di contrasto a Mosca è dimostrato anche da un articolo di Politico.com secondo il quale i paesi europei sono ora impegnati in trattative riservate per sequestri su larga scala di petroliere che esportano petrolio russo nel Mar Baltico.
Le proposte sul tavolo sarebbero - secondo il magazine americano - essenzialmente tre:
- Le autorità di diversi paesi dell'UE potrebbero trattenere le navi che "rischia di causare danni all'ambiente" , ad esempio a seguito di una fuoriuscita di petrolio.
- Le stesse autorità possono avvalersi delle leggi antipirateria per trattenere le navi che "minacciano le infrastrutture sottomarine critiche".
- I paesi dell'UE potrebbero introdurre congiuntamente nuove leggi nazionali che renderebbero più facile il sequestro delle navi. Queste leggi potrebbero includere l'obbligo per le petroliere nel Mar Baltico di utilizzare un determinato elenco di compagnie assicurative ritenute "affidabili" , consentendo a paesi come l'Estonia e la Finlandia di trattenere le navi che si affidano ad altri operatori. Va detto che questa ultima ipotesi più che fermare il flusso di navi russe consentirà al massimo alle compagnie assicurative occidentali di aumentare il loro fatturato.
A peggiorare la situazione già enormemente rischiosa si è inoltre aggiunta la Danimarca. Infatti le autorità marittime di Copenaghen inizieranno a effettuare controlli sulle navi ancorate al di fuori di Skagen che "non possono essere considerate in navigazione libera". Skagen è una città strategica sul promontorio di Grenen, che separa lo stretto di Skagerrak dal Kattegat.
Il dipartimento marittimo danese ha affermato che l'iniziativa è stata "una risposta all'accresciuta attività delle vecchie navi che trasportano petrolio nelle acque danesi". In precedenza, a Copenaghen tali controlli venivano effettuati solo quando una nave entrava in porto, cosa che avveniva molto raramente nel caso delle petroliere russe.
Questa decisione rappresenta un cambiamento significativo nella politica della Danimarca, che ha sempre affermato che non avrebbe interferito con il passaggio delle navi russe nelle sue acque, in base a un trattato del 1857 che consente alle navi di attraversare liberamente lo stretto danese.
La posizione della Danimarca dunque sta diventando sempre più restrittiva e si sta allontanando sempre di più dai canoni del diritto marittimo. Si consideri inoltre che Copenaghen da dicembre ha anche introdotto controlli sulle polizze assicurative delle petroliere in transito.
Una situazione che, come si può vedere, sta diventando di quasi blocco del Baltico per la Russia: una situazione che può portare a sbocchi pericolosissimi, basti pensare che le stesse Nazioni Unite considerano «Il blocco dei porti o delle coste di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato» un atto di aggressione in assenza di dichiarazione di guerra.
A puntare il dito sulla situazione di estrema pericolosità che si sta delineando è la stessa SVR (Servizio Segreto Estero Russo) che attraverso il suo ufficio stampa riferisce che i servizi segreti ucraini, con l'assistenza di mediatori occidentali, intendono organizzare l'esplosione di una nave straniera nel Mar Baltico, attribuendone la responsabilità alla Russia. L'obiettivo secondo i russi sarebbe quello di chiudere l'accesso della Russia al Mar Baltico con il pretesto di garantire la sicurezza della navigazione marittima. Conclude sempre il comunicato dell'SVR che la Russia dovrà molto probabilmente prepararsi a scortare con le navi militari le proprie petroliere. Un'affermazione che ha il sapore di un ultimatum.
E in questo contesto qualcuno crede veramente ad una pace in Europa? Al massimo una tregua per guadagnar tempo...