La scure sulla zona rossa di Alzano e Nembro: un riassunto dietrologico

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La scure sulla zona rossa di Alzano e Nembro: un riassunto dietrologico

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È notizia di pochi giorni fa che lo Stato italiano ha di fatto posto una specie di segreto militare sui fatti verificatisi ad Alzano e Nembro durante la pandemia di Covid.
 
Una decisione inizialmente sostenuta dal ministero dell’Interno per motivi di ordine pubblico, sicurezza nazionale, difesa e questioni militari, avallata dal Consiglio di Stato nonostante pronunce di segno totalmente contrario da parte del TAR e dichiarazioni del Procuratore di Bergamo. Per questi ultimi, infatti, non sussistevano “ragioni di sicurezza o militari" tali da giustificare un vero e proprio provvedimento di insabbiamento che priva i cittadini di uno Stato “democratico” della possibilità di conoscere la verità su eventi tragici costati la vita a centinaia di persone.
 
Eppure in questa incredibile vicenda la questione etica - di trasparenza e principio - non è neanche la più rilevante, perché ci sono altri punti da chiarire. Molto più oscuri.
 
Il primo ce lo indica la relazione del capo della Polizia in cui c’è scritta a chiare lettere una cosetta molto interessante: la decisione di non istituire la zona rossa non sarebbe stata una scelta governativa bensì di carattere militare. Ufficialmente perché è alla Difesa che spetta decidere come impiegare i propri uomini e mezzi. Una spiegazione che non regge, che non giustifica un simile muro di gomma istituzionale. A meno che non si voglia credere che gli apparati dello Stato ricorrano a istituti come il segreto e la riservatezza solo per coprire le proprie responsabilità e mancanze. E io non lo credo affatto.
 
Il secondo direttamente quanto accaduto in Val Seriana, zona in cui, immediatamente dopo i fatti oggetto di censura di Stato, si concentra la missione russa che in piena emergenza interverrà proprio fra Alzano e Nembro. Spedizione, pare, autorizzata in base ad accordi di “altissimo livello” e guidata dal generale Sergey Kikot, vicecomandante del reparto di difesa chimica, radiologica e biologica dell’esercito russo, uomo già precedentemente impiegato in Siria.
 
Il terzo la caduta del Governo Conte bis avvenuta, casualità o meno, poche settimane dopo la sconfitta di Trump e l’avvicendamento con Biden.
 
Tre punti probabilmente non collegati ma che, difronte a un inspiegabile segreto militare, ci obbligano quantomeno a porci delle domande. Anche a costo di azzardare ardite ricostruzioni da cospirazione internazionale.
 
Muovendo dal presupposto che quella missione non fu di natura medico-sanitaria cosa ci faceva in Italia un team di specialisti russi esperti di armi chimiche e batteriologiche? Cosa stavano cercando con il benestare (se non addirittura su chiamata diretta) del governo italiano o di parti di esso? Perché operavano proprio nella stessa zona sui cui eventi che l’hanno interessata viene apposto un segreto militare de facto? E ancora, a cosa serve davvero?
 
A voler fare i piddini potremmo accontentarci di una spiegazione alla Giorgio Gori secondo cui la Russia era in missione di “propaganda”, unicamente per dimostrare l’inefficienza di USA e paesi Nato. Una motivazione francamente ridicola, la Russia non è Cuba. Oppure buttarla sulla geopolitica e ipotizzare che l’interesse russo fosse ammorbidire la posizione italiana sulle sanzioni post Crimea. E/o acquisire preziose informazioni sul Covid e su come affrontare la pandemia. Come se il virus in Russia non fosse già arrivato. Tutto possibile per carità, per quanto ad usum delphini possa apparire. Ma i dubbi restano, soprattutto rileggendo i fatti a posteriori. Ricapitoliamoli in ordine cronologico.
 
Ad Alzano e Nembro si abbatte un virus sconosciuto che miete centinaia di vittime al giorno con una violenza non riscontrabile in altre parti d’Italia (e del mondo). Differentemente da altre aree del Paese colpite, la gestione della crisi specifica viene demandata alla Difesa. Pochi giorni dopo piombano in Italia specialisti russi in armi chimiche e batteriologiche muniti di macchinari all’avanguardia e accompagnati, forse, da membri del FSB, i servizi segreti di Mosca, che tutto fanno tranne che fornire assistenza medica. A meno di un anno di distanza il premier Giuseppe Conte, inizialmente vicino a Trump, Putin e Xi Jinping, viene silurato da Matteo Renzi (uomo molto vicino al nuovo corso LibDem americano). Il suo governo cade sostituto da Draghi, uomo dalla indubbia fedeltà atlantica, che mantiene praticamente la stessa maggioranza parlamentare e lascia saldo al suo posto il discutibile ministro della Sanità. Poco più di un anno dopo, in piena crisi bellica, sugli eventi di Alzano e Nembro viene apposto un para-segreto militare per ragioni di ordine pubblico e sicurezza nazionale. Negli stessi giorni Alexei Paramonov, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, minaccia “conseguenze irreversibili” nei confronti dell’Italia sottintendendo, forse, la possibilità di rivelare qualche tipo di accordo segreto tra il nostro Paese e il Cremlino.
 
Direi che ce n’è abbastanza per scorgere almeno la coda dell’elefante nella stanza.
 
Beninteso, non sto sostenendo che fra il Covid e una guerra pianificata da un decennio da ambo le parti ci sia una diretta correlazione. Mi limito a evidenziare una serie di curiose coincidenze che gettano più di qualche dubbio su cosa sia effettivamente successo in Val Seriana. E sulle eventuali implicazioni di quei fatti su un quadro generale sul quale soffiano sempre più violentemente i venti di una guerra mondiale (e moderna) in cui l’Italia riveste un ruolo di primissimo piano per la sua ubicazione geografica.
 
Credo sia lecito, quindi mi si perdoni l’eccesso di complottismo. Soprattutto in una fase storica in cui è definitivamente chiara l’esautorazione dei governi democratici in ragione di interessi di altra natura e in uno scenario globale che spinge sempre più forte verso il conflitto totale. Diversamente dovremmo prendere la nebulosa storia d’Italia dal ‘45 a oggi e cestinarla senza farci mezza domanda. Facendo finta che tutto ciò che è successo sia semplicemente figlio del caso. E accettando qualunque conseguenza futura come assolutamente inevitabile. Non so voi, ma io a banalizzare tutto in questo modo proprio non ci riesco. Anche a costo di scadere nel complottismo scorgendo trame oscure anche lì dove forse non ci sono. Forse.

Antonio Di Siena

Antonio Di Siena

Direttore editoriale della LAD edizioni. Avvocato, blogger e autore di "Memorandum. Una moderna tragedia greca" 

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