La strategia del riccio di Trump

Canada, Messico, Groenlandia, Canale di Panama. Le affermazioni di Trump sulle nuove annessioni sono solo una boutade?

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La strategia del riccio di Trump

 

 

 

 

 

 

Molte astuzie conosce la volpe,

una sola, ma grande, il riccio.

 

Archiloco

 

 

Più si avvicina la data di inaugurazione della seconda amministrazione Trump (il 20 gennaio del prossimo anno) più si disvelano le linee politiche che la sua amministrazione intende perseguire.

Certamente su alcuni punti si può parlare di netta continuità con il suo primo mandato: ci riferiamo per esempio all'ostilità nei confronti dell'immigrazione, al contrasto dell'ideologia woke, alla forte ostilità contro l'Unione Europea e più in generale contro il metodo del multilateralismo nelle relazioni internazionali.

Su altri punti invece abbiamo un completo ribaltamento delle posizioni espresse durante il primo mandato: ci riferiamo, per esempio, alla politica sulle cryptomonete, considerate una vera e propria truffa durante il primo mandato e invece considerate un drive fondamentale per riportare gli Stati Uniti ai vertici della finanza in questo secolo.

Su altri temi invece abbiamo dichiarazioni che lasciano intravvedere una visione assolutamente inedita - rispetto a quanto visto nel passato - nella  azione della politica dell'amministrazione Trump entrante.

Ci stiamo riferendo in particolare alle dichiarazioni in merito a possibili annessioni che gli Stati Uniti guidati da Trump intenderebbero fare nel prossimo futuro. Apparentemente certe uscite del Tycoon newyorkese sembrerebbero delle boutade con la finalità di far sognare l'elettore trumpiano affetto da una qualche forma di “nazionalismo ingenuo” ma se si guarda in maniera più attenta – magari con un occhio alla cartina geografica – le affermazioni di Trump sulle acquisizioni territoriali lasciano intravvedere un'idea chiave: quella di costituire una nuova fortezza americana in grado tenere lontano qualunque nemico esterno che avesse intenzione di minacciare il continente nordamericano. Non sembra azzardato definire questa idea, come una sorta di strategia del riccio, che vorrebbe far assomigliare la postura della superpotenza a stelle e strisce simile a quella del simpatico animaletto che vive nei nostri boschi. In altri termini, non sembra azzardato ipotizzare che Trump voglia costruire i suoi Stati Uniti come un'isola mondo inavvicinabile ed inattaccabile. Appunto, un continente nord americano  chiuso come un riccio, capace di pungere e respingere chiunque minacciasse gli interessi di Washington nell'isola mondo tra l'Atlantico e il Pacifico.

La prima uscita di Trump dalla quale si evince una volontà di espansione (ma anche di chiusura “a riccio”) si è avuta qualche settimana fa, quando il Presidente Eletto ha definito il Primo Ministro canadese Trudeau come il “governatore” del Canada...e il Canada stesso come uno stato dell'Unione, esattamente come la Florida, la California, o l'Alaska. Medesimo discorso negli stessi giorni fu fatto da Trump per descrivere la situazione del Messico, che secondo lui dovrebbero entrare anche esso a far parte degli Stati Uniti.

Se si guardano le motivazioni espressi da Trump per giustificare simili uscite si capisce che dietro l'apparente ironia c'è qualcosa di molto serio. Infatti Trump ha sottolineato come gli USA non possano più permettersi di “sussidiare” (questo è stato il verbo specifico usato dal Tycoon) per 100 miliardi di dollari all'anno il Canada e per 300 miliardi il Messico. Naturalmente il riferimento concreto è alla bilancia commerciale americana che nei rapporti bilaterali con i suoi due vicini ha, appunto, uno squilibrio per 100 miliardi annui con Ottawa e di 300 miliardi con Città del Messico.  Quindi dietro la boutade trumpiana – come si può vedere – c'è un discorso serissimo: quello che si potrebbe riequilibrare la bilancia commerciale statunitense con i suoi due vicini (e dunque con l'intera isola-mondo nord americana) procedendo ad una sorta di annessione-takeover. Attenzione se l'idea può apparire strampalata la storia in più di una occasione ci ha fatto vedere qualcosa di simile: per esempio l'unificazione dell'Italia per mano del Conte di Cavour forse non è stata un “take over ostile” da parte dell'indebitatissimo Regno di Sardegna nei confronti degli altri stati italiani? 

Ma non è finita qui, ieri Trump, annunciando Ken Howery per la carica di nuovo ambasciatore americano in Danimarca ha anche ribadito che questi lavorerà per raggiungere l'obbiettivo di far diventare la Groenlandia (al momento parte della Corona Danese) come un nuovo territorio degli Stati Uniti d'America.

Come se non bastasse, sempre ieri, Trump ha dichiarato che gli USA sono pronti a riprendere il controllo dello strategico Canale di Panama qualora il governo panamense non provvederà ad abbassare le tariffe di transito – ritenute eccessivamente esose – alle navi americane.

Oggettivamente questo fuoco di fila di dichiarazioni che minacciano annessioni in tutto il Nord America sono troppo anche per Trump per non iniziare a considerare dietro le parole la presenza di una strategia concreta tendente a trasformare il continente in un unico paese a “stelle e strisce” chiuso a riccio, come una fortezza medioevale.

Che poi la strategia riesca è tutto da verificare ma che la nuova amministrazione voglia procedere su questa strada, a questo punto, è lecito pensarlo.

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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