La svolta europeista della Lega. Il Recovery Fund ha veramente «cambiato verso»?
di Matteo Bortolon
In questa fase di riposizionamento continuo di tutti, accanto ai sostenitori del M5S e del PD, oramai tramortiti dalle giravolte dei loro vertici, vanno collocati anche gli estimatori della Lega che, contrariamente all’orientamento precedente, hanno votato il 10 febbraio al Parlamento europeo in modo favorevole al regolamento (COM(2020) 0408) del Recovery and Resilience Facility (« Dispositivo di Ripresa e Resilienza »).
Di fatto non sarebbe cambiato nulla, vista la strabordante maggioranza che ha determinato un tale esito (582 favorevoli, 40 contrari e 62 astenuti), ma a quanto pare le linee di convergenza registrate in relazione al « governissimo » Draghi si riflettono pure nelle istituzioni comunitarie.
Tale approvazione, pressoché scontata, fa un po’ di notizia solo come testimonianza del nuovo corso « europeista » del partito di Salvini ; si rischia di lasciarsi passare sotto al naso il contenuto di tale regolamento, che costituisce il vero evento della settimana su scala continentale.
Il Dispositivo costituisce la parte più rilevante del Next Generation Eu : sul totale di 750 mld € di dotazione, ne comprende 672,5.
Se le modalità di finanziamento del Dispositivo sono estremamente discutibili e dense di incognite, il regolamento approvato rende certezza le avvisaglie di stringenti condizionalità che potrebbero rendere estremamente controproducente utilizzare tale strumento.
La disposizione chiave a tal proposito è l’articolo 9 della bozza che diviene definitivo come articolo 10 :
Articolo 10
Misure per collegare il dispositivo a una sana governance economica
1. La Commissione presenta al Consiglio una proposta di sospensione totale o parziale degli impegni o dei pagamenti qualora il Consiglio, deliberando a norma dell’articolo 126, paragrafi 8 o 11, TFUE, decida che uno Stato membro non ha adottato misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo, a meno che non abbia determinato l’esistenza di una grave recessione economica dell’Unione nel suo complesso ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, e dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio(27).
2. La Commissione può presentare al Consiglio una proposta di sospensione totale o parziale degli impegni o dei pagamenti in uno dei seguenti casi:
a) se il Consiglio adotta due raccomandazioni successive nella stessa procedura per squilibri eccessivi a norma dell’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1176/2011, motivate dal fatto che uno Stato membro ha presentato un piano d’azione correttivo insufficiente;
b) se il Consiglio adotta due decisioni successive nella stessa procedura per squilibri eccessivi a norma dell’articolo 10, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1176/2011, con cui accerta l’inadempimento dello Stato membro per non aver adottato l’azione correttiva raccomandata;
c) se la Commissione conclude che lo Stato membro non ha adottato le misure di cui al regolamento (CE) n. 332/2002 e, di conseguenza, decide di non autorizzare l’erogazione del sostegno finanziario concesso a tale Stato membro;
d) se il Consiglio decide che uno Stato membro non adempie al programma di aggiustamento macroeconomico di cui all’articolo 7 del regolamento (UE) n. 472/2013 o alle misure richieste da una decisione del Consiglio adottata a norma dell’articolo 136, paragrafo 1, TFUE.
Si riserva la priorità alla sospensione degli impegni; i pagamenti sono sospesi solo qualora si richieda un intervento immediato e in caso di grave inosservanza.
La decisione di sospendere i pagamenti si applica alle richieste di pagamento presentate dopo la data della decisione di sospensione.
3. Una proposta di una decisione di sospendere gli impegni presentata dalla Commissione si ritiene adottata dal Consiglio a meno che esso non decida, tramite un atto di esecuzione, di respingere la proposta a maggioranza qualificata entro un mese dalla presentazione della proposta della Commissione.
[…]
Com’è noto, la Commissione sgancerà i fondi – in gran parte dei prestiti, ricordiamo – dopo che avrà approvato il documento in cui il beneficiario dice che cosa ne farà – il famoso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, appunto (PNRR); ma il pagamento sarà in tranche successive, che potranno anche non arrivare qualora ci fosse qualche problema.
Nel Regolamento è esplicito che si potrà interrompere l’erogazione dei fondi in caso di disavanzo eccessivo (comma 1), o in caso di squilibri eccessivi. Si fa riferimento agli oramai leggendari parametri sanciti nel Patto di Stabilità e Crescita (che infatti è esplicitamente richiamato : regolamento 1467/97), 60% debito/PIL e 3% deficit, opportunamente calati in una procedura per la quale chi non presenta dati adeguati deve adottare un piano « credibile » per conseguirli. Tutti i testi regislativi presentano diversi termini simili : efficaci, credibili, adeguati. Ma chi decide se gli atti posti in essere dal paese in questione lo sono o no ? La risposta teoricamente è : del Consiglio, cioè dei governi. In pratica invece sarà la Commissione a decidere (l’insieme dei Commissari nominati dai Governi, e dall’entrata in carica, teoricamente indipendenti ed imparziali rispetto ad essi), perché gli esecutivi dovrebbero opporsi in grande maggioranza. Una eventualità poco probabile.
Ma su quale base analitica andranno giudicati i PNRR e la loro declinazione ? Nel semestre europeo i famosi parametri sono inseriti in una vigilanza che deve sorvegliare quanto gli Stati membri si impegnino effettivamente nel sanare la loro irregolarità. Ma per valutare se fa sforzi adeguati occorre una analisi più ampia del su assetto macroeconomico ; così si capisce se fa il bravo scolaro diligente o se è un mollaccione cui vanno tirate le orecchie. Un indizio significativo lo troviamo al punto 32 del Regolamento, in cui si legge che
« I piani per la ripresa e la resilienza dovrebbero essere coerenti con le pertinenti sfide e priorità specifiche per paese individuate nell’ambito del semestre europeo, nonché con le sfide e le priorità individuate nell’ultima raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro per gli Stati membri la cui moneta è l’euro ».
Ci si richiama alla famose Raccomandazioni generosamente erogate ai paesi membri a primavera, in merito al cui contenuto, secondo uno studio commissionato dall’europarlamentare Martin Schirdevan, tra il 2014 e il 2018, sono state rivolte agli Stati membri della UE 105 raccomandazioni per l’incremento dell’età pensionistica e la riduzione della spesa pensionistica, 63 raccomandazioni per i tagli alla spesa sanitaria o per la privatizzazione della sanità, 50 raccomandazioni per la soppressione di aumenti salariali, 38 raccomandazioni per la riduzione della sicurezza del lavoro e dei diritti di contrattazione dei lavoratori, e 45 raccomandazioni per la riduzione dei sussidi a disoccupati e persone disabili.
Tutto ciò significa che i fondi del Dispositivo, erogati a rate, potranno essere sospesi non solo in caso di attuazione non-conforme a quanto scritto nel PNRR per cui sono stati concessi (che equivarrebbe un po’ a « mantenere la parola data »), ma in caso in non-conformità dell’orientamento della finanza pubblica nel suo complesso con le prescrizioni della Commissione ! Un po’ come se un debitore firmasse un contratto che concede al creditore il diritto non solo di controllare cosa fa coi soldi prestati, ma con tutte le sue entrate – e magari anche i ritmi di lavoro ; e di porre in atto azioni coercitive se non ne sia soddisfatto.
Non pare troppo fuori della realtà la considerazione per cui se la famosa solidarietà targata Ue è stata semplicemente gestita coi consueti strumenti (stimolo alla ottimizzazione delle risorse piazzando una bella Spada di Damocle sulla testa dei beneficiari), si va declinando nella trasformazione della crisi in opportunità. O per dirla con Friedman,
“Soltanto una crisi – reale o percepita – produce vero cambiamento. Quando quella crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano. Questa, io credo, è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle in vita e disponibili finché il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile“.
La nuova governance economica dell’Unione consiste in larga parte di una ossessiva, occhiuta e persistente vigilanza sui bilanci pubblici ; adesso è il Financial Times a scrivere fuori di ogni reticenza, che le Raccomandazioni del Country Report per i reprobi erano « senza denti », ed adesso vengono loro dati (letteralmente : finally giving them teeth!). A dispetto del fatto che i suddetti parametri sono privi di ogni fondamento e significativa base scientifica, se non il logoro mainstream demistificato cento volte dalla ricerca e dalla realtà ; del fatto che rispettarli si traduce per i paesi più deboli in austerità sostanziale, e la crescita promessa dalla loro adozione non arriva mai, ma al suo posto si presentano ulteriori precarietà e indebolimento delle classi subalterne.
Insomma se si illude chi pensa che la Ue abbia « cambiato verso » (con accenti a tratti francamente ridicoli), anche chi pensava che la crisi Covid le infliggesse una mazzata micidiale pare abbia sottovalutato le capacità dell’oligarchia di volgere la situazione a proprio vantaggio.