L'Altra faccia dell'Impero

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L'Altra faccia dell'Impero

 

di David Cacchione, Donetsk

 

I nostri giorni in Donbass sono passati rapidi. Intensi come sempre, praticamente senza soste. Volti, storie, immagini. I cento incontri di adesso, si sono sommati ad altri migliaia incontri delle visite precedenti. Durante la nostra permanenza, abbiamo visitato, come ad ogni nostro viaggio qui, l’orfanatrofio di Gorlovka. È il nostro cordone ombelicale con il futuro del Donbass. Gli abbiamo portato i soldi raccolti con i nostri compagni. Gli abbiamo inoltre portato la certezza che non dimentichiamo nulla. Perché mentre eravamo lì i bambini non c’erano. Troppe bombe ucraine arrivano tutti i giorni. 






Siamo stati a portare due rose rosse alle due maestre uccise, Elena Pavlovna Kudrik e Elena Viktorovna Ivanova. Prese in pieno dalle schegge di una bomba Ucraina nella scuola Mboy50 di Gorlovka. Mentre erano a lavorare nella scuola. 

 

 

Abbiamo visitato i 26 bambini del Reparto Pediatrico dell’Ospedale Di Donesck. Ai piccoli abbiamo lasciato il materiale scolastico che avevamo portato dall’Italia. 

Abbiamo portato materiale sanitario a Donesck. Quello materiale che raccogliamo in Italia, che i compagni ci consegnano per portarlo qui. 

Perché la Solidarietà è un arma e va sempre usata. Non veniamo fino qui a vendere chiacchiere. 

Siamo venuti ancora un volta in Donbass per mostrare “L’Altra Faccia dell’Impero”. Quell’Impero ipocrita che racconta una verità inesistente. Fatta di versioni dettate da multinazionali della DISINFORMAZIONE. Dove il “Pensiero Unico” dettato dal Governo Usa e dalla NATO, arriva già servito sul piatto della falsità. Ora più che mai, ci è sembrato importante venire, per contrastare in tutti modi questa “russofobia imperante”.

Sfido chiunque a venire qui ed a parlare con le mille voci del Popolo del Donbass, ad ascoltare le loro storie e poi credere ancora alla versione occidentale. La guerra iniziata 8 anni fa, ha lasciato nei volti dei suoi abitanti, la voglia di pace e la voglia di raccontare.

Quella pace che attendevano da 8 anni. Ce lo hanno ripetuto continuamente. “Era ora, li aspettavano da tempo” è il mantra che ci ripetono tutti.

In questi pochissimi giorni di permanenza in Donbass abbiamo ascoltato continuamente il rumore delle bombe ucraine. Le sentivamo di notte, le sentivamo appena uscivamo all’aperto di giorno. All’ennesimo rumore dell’esplosione commentavamo così: “buongiorno anche a te”. 

 

E anche questa mattina,  ci è arrivata la notizia che una bomba è caduta su Donesck e una bambina è rimasta ferita. 

Mentre eravamo qui, siamo stati colpiti da due bruttissime notizie. Un italiano, un compagno, un Internazionalista che era qui da anni, è caduto in combattimento. Edy Ongaro “Bozambo”. Si è gettato su una bomba a mano, per coprire i suoi compagni. È morto lottando contro il fascismo in una trincea. 

Qualche ora dopo ci è arrivata la seconda bruttissima notizia.  Il figlio di una persona a noi molto cara, era caduto in combattimento. Nella stessa città dove è caduto Edy. Il suo nome è Serghej e aveva 23 anni. Siamo stati a trovare la madre, nostra amica da anni e con lei abbiamo diviso un po’ il dolore. Ma come dico sempre, il dolore non si divide. Ci ha fatto entrare a casa sua e la prima cosa che ci ha detto è che non aveva più lacrime. 

Il fascismo qui si combatte con le armi e si può anche morire purtroppo. E a chi vi racconta che non è vero che in Ucraina ci sono i nazisti, invitatelo a visitare la base del Battaglione Azov a Vulnovakha. Una delle tante. Bandiere naziste e simboli nazisti ovunque. Il proprietario della casa dove avevano messo la loro sede, era stato ucciso perché si era opposto. Li invito ad ascoltare le testimonianze dirette dei soprusi, delle torture che hanno subito gli abitanti della parte del Donbass rimasta occupata dalle truppe ucraine per 8 anni. La parte del Donbass, che con gli accordi di Minsk e di Minsk2 era rimasta in territorio ucraino. Li invito ad NON ascoltare la tv. Ma ad ascoltare le testimonianze dirette senza nessun tramite. Si trovano su Internet, se proprio non si può andare in Donbass. Alle persone non faccio una colpa di credere alla versione occidentale. I Media li coprono di false notizie. Ma ai “giornalisti” invece ne faccio una colpa. Copiare le veline di Washington, non farà mai loro dei professionisti della verità. Li farà solo professionisti della Menzogna. Considerando che nella storia del Giornalismo, molti loro colleghi sono morti per raccontare la verità, questi pagliacci mediatici dovrebbero vergognarsi. 

Abbiamo partecipato a due incontri con giornalisti. Uno a Lugansck ed un altro a Donesck. Tra le varie domande che i giornalisti ci hanno fatto, era che ne pensiamo noi della Russofobia che invade l’Europa. 

Rispondiamo che anche in questo caso, la versione occidentale è potente ma prima o poi cadrà, vittima delle sue stesse menzogne. Perché il popolo italiano ricorda il personale sanitario e i dottori russi arrivati qui ad aiutarci quando è scoppiata la pandemia. Allora i medici russi vennero accolti come eroi. Ed ora ci vogliono vendere i russi come criminali. Le persone non sono stupide e questa versione non reggerà per molto. Certo ognuno deve fare la sua parte, stare a guardare alla finestra non è sufficiente.

C’è ancora molto da fare per aiutare il Popolo del Donbass. 

La nostra permanenza in Donbass, ha avuto il supporto totale del Sindacato della Repubblica Popolare di Lugansck, nella persona di Andreji Kochetov. In ogni modo ci hanno aiutato nelle nostre richieste. Per dover di cronaca siamo stati a Lugansck, Stakhanov, Trehizbenka, Volodarskoe, Gorlovka, Donesck, Kirovsky, Mariuopol e Volnovakha. 


Di questa manciata di giorni, mi sono rimaste impresse molte cose. 

L’ultima in ordine temporale è quella del funzionario doganale russo che all’uscita dal Donbass, ci ha fermato e interrogato. Voleva capire perché eravamo stati in Donbass. Non capiva. Noi stranieri, figli di quelle nazioni che ora li odiano.

Quando ha capito il motivo della nostra visita in Donbass, ci ha dato la mano e ci ha ringraziato. Si è scusato con noi per il tempo che ci aveva tolto e ci ha detto: “grazie ancora per quello che fate e scusate, sono tempi difficili”.

 

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