Lavoro per gli italiani: forse una chimera

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Lavoro per gli italiani: forse una chimera

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Articolo di Paolo Micheli, giovane lavoratore di Grosseto

Innanzitutto è doveroso determinare cosa si intende per lavoro. Il semplice svolgimento di una funzione produttiva? L'assolvimento di un incarico legato al tessuto produttivo e socio-economico? Lo svolgimento di una mansione?

Con una compensazione o in forma di opera volontaria e per mera soddisfazione personale/spirituale?

Perché al momento attuale, sembra che sul territorio nazionale nessuno di questi aspetti venga a trovare una concretizzazione fattuale.

La nostra attuale società ha perso quegli elementi di coesione sociale che furono installati con la Prima Repubblica, dal 1948 al 1991, e che con alti e bassi avrebbe dovuto portare all'evoluzione delle masse popolari in un Popolo degno di tale appellativo, ma che invece, negli ultimi tempi della sua esistenza, è stato in costante declino, fino ad arrivare alla cosiddetta "fine della storia", mantra ereditato dall'epoca Reagan-Thatcher. 

Gli elementi di organizzazione economica e politica favorevoli agli interessi del popolo, in un processo che andò avanti per  controbilanciare, al livello nazionale, la controrivoluzione che da Occidente cercava di arginare l'ondata di presa di potere e coscienza  delle masse popolari che proveniva dall'Asia (con URSS e Cina in primis), vennero smantellate, svendute, privatizzate, infiltrate dagli agenti svendipatria al soldo dei baluardi del Capitale finanziario, sia americano che britannico, e ebbero il risultato di lasciare lavoratori, sia oramai anziani, figli degli anni del boom economico (dato dai massicci investimenti statali nella produzione e nel sostegno salariale, per tutelare la domanda aggregata interna ed erigere uno scudo contro le crisi economiche indotte dal "libero mercato"), sia i giovani, tanto millennials che generazione Z, che dopo aver sentito per anni le promesse dal megafono della propaganda liberale e suprematista,che aveva promesso ricchezza in proporzione all'impegno lavorativo, si sono trovati (ci siamo trovati per la precisione) in braghe di tela.

Senza più quelle strutture a tutelare il salario da lavoro, il potere d'acquisto per ora di lavoro, siamo ormai ridotti a degli schiavi e concorsisti in perenne aggiornamento dello stage, ovviamente senza le tutele e garanzie di un lavoro che sia propriamente definibile lavoro.

Indipendentemente dall'accezione che soggettivamente si dà al termine "lavoro" esso sottintende inscindibili garanzie economiche (incrementi salariali con strumenti monetari e finanziari) che sociali (previdenza pensionistica ed infortunistica, checché se ne pensi, non avremo eternamente 30 anni, col tempo diverremo parte di categorie fragili, sempre meno produttive per i padroni e con sempre più acciacchi, nonostante il continuo bombardamento pubblicitario di modelli di eterno vigore e bellezza).

Personalmente, con la passione per l'ambiente e la zoologia, ho perseguito un percorso di tecnico agrario e una laurea magistrale tecnica-forestale ed ambientale, settori che al di là della passione personale, dovrebbero essere prioritari, in quanto parte di quei monopoli che in altre nazioni, come la Cina, sono saldamente ed incontrovertibilmente di proprietà statale.

Oltre a ciò, annusate le prime avvisaglie di inflazione dei titoli di studio, mi sono gettato sui corsi per l'abilitazione all'insegnamento, altro aspetto di un paese che dovrebbe essere prioritario, ma che da noi viene trattato marginalmente e solo quando rende profitto e forma utili idioti consumatori, ripetitori di quelle idiozie con le quali ci hanno farcito il cervello da bambini.

Fatti vari stage e lavori precari e sottopagati, dal commesso nella GDO, al segretario in un ufficio di sicurezza sul lavoro, all'operaio e guida ambientale per i carabinieri forestali (con relativo calcio in culo e tanti saluti a fine contratto di 4 mesi) mi buttai in un corso da saldatore e metalmeccanico e nei concorsi pubblici, fortunatamente finiti bene.

Adesso, nonostante sia finito a lavorare per il "sistema" con relativa crisi di coscienza, non posso far altro che operare in sordina, purtroppo non a sufficienza come singolo, pena il finire sotto un ponte, per far si che le garanzie che ho adesso siano ad appannaggio di tutti i lavoratori, dato che senza una categoria professionale, una mansione e il benessere che deve derivarne, si perde un filo del tessuto socio-economico, e tutto si sfalda.

La rinnovata strategia antioccidentale, incarnata dai BRICS, specialmente alcuni suoi membri data l'ambiguità opportunistica di altri paesi facenti parte del gruppo, fortunatamente sta lavorando per scardinare il meccanismo di dominio occidentale, dato dal binomio "ricatto finanziario-minaccia militare" che ha distrutto nell’Occidente stesso le garanzie dei lavoratori.

Posso solo augurarmi che dopo aver fatto tanto proselitismo, spiegazioni e successivi riscontri fattuali, i lavoratori di tutto il paese e quelli che ho conosciuto ci "battano i denti" se fosse necessario a svegliarli.

Sveglia.

Tanto, nonostante possiate arrivare a sputare sangue e bile per anni, non basterà mai, siamo vacche da mungere allo sfinimento e poi da macellare una volta divenute improduttivi, o meglio "sotto soglia di profitto fissata".

Volete farvi una famiglia? Volete farvi casa ed emancipare la vostra vita? Senza un sistema di lavoro pianificato, senza statalizzazione della produzione, senza retribuzione e previdenza non si fa nulla, a meno di tornare ad un'economia prettamente agricola e di sussistenza.

Il castello vi crolla sulla testa e sarà bene dotarsi di picconi per risistemare le macerie e fare pulizia dei responsabili, dei loro padroni e dei collaborazionisti.

Oppure ignorate la lotta del Resto del Mondo e  godetevi pure il giogo, fa un gran bene per scolpire i trapezi e le spalle...".

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