L'emergenza smaschera tutte le chiacchiere dei liberisti
di Francesco Erspamer*
Le emergenze, vere o fasulle, individuali o collettive, rivelano le autentiche qualità delle persone, il loro carattere. In tempi ordinari i cazzari hanno vita facile: la gente li ascolta, quasi sempre con poca attenzione, magari si diverte, e si fa anche convincere visto che fanno tante promesse e non sembra che a dargli retta ci siano rischi, solo eventuali vantaggi, come a giocare d’azzardo, passatempo tipico dei popoli in declino morale e civile. Pessime abitudini il gioco d’azzardo e la tolleranza nei confronti dei venditori di fumo. Perché quando arriva la crisi – e una crisi prima o poi arriva – ci si accorge di non essere preparati. Come i cittadini che siccome il fiume è tranquillo non dedicano tempo ed energie alla costruzione di argini; o che siccome sono giovani o si sentono bene, permettono lo smantellamento della sanità pubblica.
Chissà che questa isteria da coronavirus non abbia almeno un effetto positivo: smascherare i liberisti che a chiacchiere si fingono nazionalisti ma ai quali il bene comune e del paese importa molto meno del tornaconto delle lobby che li finanziano o che gli promettono future consulenze milionarie in cambio di qualche favore. Nell'emergenza la loro falsità diventa palese.
Spero anche che l’epidemia liberi la parte sana del paese, pentastellati inclusi, dal loro vecchio antistatalismo e qualunquismo antipolitico; il problema dell’Italia e del mondo non è la politica e non sono gli Stati, neppure quando inefficienti o corrotti. Il problema sono le grandi corporation private, che da decenni sono all’attacco del settore pubblico per poterselo comprare per due soldi, come hanno fatto i Benetton con le autostrade. Lo avete sentito il presidente leghista della regione Lombardia (quello della sceneggiata con la mascherina, ripresa in mezzo mondo per deridere gli italiani)? Il suo elogio, no, non dei medici e degli infermieri che da settimane lottano con abnegazione contro il virus negli ospedali pubblici, bensì del “settore privato che ha dichiarato la volontà di collaborare in maniera fattiva”?
Da che parte sta Attilio Fontana? Dalla parte dei cittadini che lo hanno eletto o da quella delle multinazionali della sanità, alcune possedute dagli Emirati o dagli americani? Se c’è un’emergenza nazionale i medici privati vanno precettati e obbligati a fare la loro parte, altro che ringraziati per una tardiva disponibilità ad aiutare il loro paese.
Soprattutto, la nostra sanità pubblica va finalmente difesa e rafforzata. Adesso, a tutti i costi. Mandando a casa appena possibile i profeti del privato come Fontana e Salvini.
*Professore all'Harvard University