L'eredità di Prodi: debolezza industriale, Euro e declino italiano
Romano Prodi le sue vere e gravi responsabilità:
1) Svendita, regalo, della Alfa Romeo pubblica alla Fiat.
2) Tentitivo di svendita del colosso alimentare pubblico SME alla Buitoni di Carlo De Benedetti.
3) Liquidazione con svendita degli assets dell'IRI.
4) Privatizzazione del sistema bancario pubblico fortemente penalizzante per il sud Italia con la costituzione delle cosiddette fondazioni bancarie. In particolare, da rilevare la devastante vicenda del MPS costata (tra risparmi privati, capitali privati e pubblici) tra gli 80 e i 100 mld di euro, disastro da addebitare in concorso con altri.
5) Entrata nell'Euro dell'Italia carpendo la fiducia degli italiani con informazioni manipolate e crisi fatte deflagrare appositamente così da inculcare nel popolo la convinzione che l'unica salvezza per il paese fosse l'Europa e l'Euro a quelle condizioni penalizzanti per gli italiani.
6) Rispetto dei rigidi paramentri fiscali europei a costo di qualunque sacrificio e crisi sociale così da consentire al tessuto produttivo italiano di sopravvivere grazie solo alla compressione dei salari diretti, indiretti e differiti; il sistema produttivo italiano sopravvisse così soprattutto con la funzione di contoterzista del mastodontico apparato produttivo tedesco.
7) L'allargamento ad Est dell'Unione Europea che avvenne sotto la sua guida da Presidente della Commissione Europea. Mossa che portò dentro l'EU élites russofobe dei paesi ex patto di Varsavia che a tutt'oggi tramano per scatenare una guerra contro la Russia.
Prodi ha fatto più danni agli italiani e al patrimonio industriale pubblico.
Ma "per quanto riguarda l’entrata nell’euro, tutte le forze politiche erano d’accordo inclusi Fini e Berlusconi e pure Bossi, con l’eccezione di Rifondazione Comunista. Sta di fatto che le privatizzazioni non erano un obbligo: sono state una scelta di un’intera classe politica. Quello è stato l’inizio del disastro che ha fatto crollare i salari e la produttività del sistema".
(Stefano Sylos Labini)