L’idea di Biden per un porto a Gaza è una “distrazione”
Mentre in Occidente il piano per costruire un porto a Gaza per la consegna degli aiuti umanitari, annunciato ieri dal Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden durante il discorso dell’Stato dell’Unione, ha portato commentatori ed analisti a facili entusiasmi - chissà che non ci scappi la candidatura per un Premio Nobel per la Pace - sul versante palestinese non c’è stato nessun coinvolgimento emotivo, neanche freddezza, anzi, solo disprezzo.
Il piano di Biden è stato definito una mossa per “distogliere l’attenzione” sulla vera e propria carestia che sta colpendo la Striscia di Gaza dovuta agli ostacoli posti da Israele all’ingresso degli aiuti nell’enclave assediata.
Il piano di Biden che non prevede l’uso di truppe statunitensi è già considerato complicato dagli stessi funzionari statunitensi, i quali hanno chiarito che “richiederà un certo numero di settimane per essere pianificata ed eseguita”, vista la situazione drammatica, sono un’eternità.
Perché il piano portuale di Gaza è una “distrazione”
L’emittente del Qatar, Al Jazeera ha interpellato sulla questione Mustafa Barghouti, segretario generale dell’Iniziativa Nazionale Palestinese, il quale ha spiegato che il progetto di costruire un porto a Gaza “non è un’idea nuova”.
“Sembra essere solo un altro tentativo di distogliere l’attenzione dal vero problema, ovvero che 700.000 persone stanno morendo di fame nel nord di Gaza in questo momento, e Israele non consente aiuti umanitari a loro o al resto della Striscia di Gaza”, ha ricordato.
Secondo Barghouti, “ci sono grandi quantità di aiuti in attesa di entrare nell'enclave al confine di Gaza con l'Egitto”, aggiungendo che "la comunità internazionale non sta facendo nulla per fare pressione su Israele affinché interrompa questo blocco."
Anche per l’analista Marwan Bishara il piano di Biden è una “distrazione”.
"Penso che una dichiarazione del genere nel discorso sullo Stato dell'Unione sia più teatrale e di facciata... che un tentativo sincero di porre fine alle sofferenze di Gaza", secondo Bishara.
Un’altra considerazione giunge da Marc Owen Jones, professore associato di studi sul Medio Oriente e discipline umanistiche digitali all'Università Hamad Bin Khalifa.
Ad Al Jazeera Jones ha ribadito che” l'attenzione di Biden sulla politica estera - in particolare sulla guerra a Gaza - nel suo discorso è stata anche il suo cercare di riaffermare fondamentalmente il suo sostegno per Israele, in primo luogo, e cercando di mitigare alcune delle critiche che riceve da membri del suo stesso partito sulla risposta americana a Gaza”.
Onu e operatori umanitari: Non si può sostituire la consegna degli aiuti via terra
La proposta dell’inquilino della Casa Bianca non ha raccolto favori neanche tra funzionari Onu in prima linea a Gaza e fra gli operatori umanitari.
Sigrid Kaag, coordinatrice delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari e la ricostruzione a Gaza, pur accogliendo con favore la proposta di Biden, ha chiarito: “Allo stesso tempo, non posso fare a meno di ripetere: l’aria e il mare non sostituiscono la terra, e nessuno dice il contrario”.
Tamara Alrifai, portavoce dell’agenzia delle Nazioni Unite per i palestinesi, UNRWA, resta del parere che “il modo più semplice per portare aiuti nella Striscia di Gaza è utilizzare i valichi esistenti, vale a dire Karem Abu Salem [chiamato Kerem Shalom da Israele] e Rafah dall’Egitto”.
Inoltre, ritiene i valichi via terra “più veloci, più sicuri e più economici” rispetto a una rotta marittima e ai tentativi di lancio di aerei.
“Perché dovremmo reinventare la ruota? Usiamo ciò che esiste e ciò che ha funzionato prima”, ha osservato Alrifai, sottolineando che ci sono “costanti richieste per un cessate il fuoco che consentirebbe un afflusso di assistenza umanitaria”.
Insomma, la proposta di Biden non è nuova, non è dettata da sincere ragioni umanitarie, ma probabilmente più dall’esigenza di non perdere altri elettori in vista delle prossime presidenziali.
Niente di cui stupirsi, è la politica estera statunitense, il cinismo dell’impero la definiva Hugo Chavez, che da un lato invia “segretamente” armi a Israele e, allo stesso tempo, vorrebbe proporre soluzioni umanitarie.