L'insopportabile ipocrisia dei "liberal progressisti"
Chiunque si concentri sul linguaggio gender invece che sulle pari opportunità e trascuri la cultura e il senso di appartenenza della maggioranza della popolazione porta acqua al mulino della destra. (Sarah Wagenknecht)
La parlamentare tedesca Sarah Wagenknecht è probabilmente una delle personalità politiche più intelligenti a livello europeo. Forse è per questo che il suo partito, die Linken (la sinistra) vuole espellerla. Sarah Wagenknecht, infatti, critica la linea liberal-progressista presa dal suo partito, accusandolo di aver abbandonato il conflitto sociale per abbracciare la causa delle politiche identitarie. Non più lotte a sostegno dei ceti popolari quindi, ma relativismo culturale, abbandono di ogni visione universalista, censura del pensiero non conforme mediante il politically correct e cancel culture. Con queste azioni la sinistra tedesca dimostra di soffrire di un male comune ormai a tutta la sinistra europea se non addirittura mondiale: una perdita pazzesca di intelligenza a livello collettivo.
C’è stato un tempo dove l’idiozia albergava soprattutto a destra. In Italia erano i tempi mitici di Belluscone, come lo chiamò Franco Maresco nell’omonimo film, del poeta Bondi, bardo del berlusconismo più spinto, delle olgettine e della nipotina di Mubarak con tutta la corte dei miracoli che infestò il nostro paese per lustri. L’italiano medio rimase appiccicato al doppiopetto del re mida di Arcore come una mosca alla carta moschicida. Attratto dal profumo di soldi e sesso e poi incollato per decenni al nastro della corruzione e malaffare elevati a vertigine gerarchica. Ogni ragionamento franava, ogni analisi critica finiva inesorabilmente in un punto morto, perfino le tabelline fallivano con i berluscones per i quali due per due faceva sempre e solo quello che diceva Silvio re.
Oggi la demenza, intesa come incapacità di comprendere il reale, è migrata in massa a sinistra. La sinistra liberal-progressista per essere più precisi. Quella che censura il divario sociale causato dall’asimmetria nella redistribuzione delle risorse operata dal mercato globale, usando l’arma di distrazione di massa dei conflitti identitari. Nell’impegno solerte di sostenere il grande capitale finanziario al quale si è venduta per un piatto di lenticchie, la sinistra liberal-progressista esalta il multietnico come se fosse un prodotto di marca da scegliere al supermercato, difende a spada tratta le migrazioni senza riuscire nemmeno nel più elementare dei ragionamenti che consisterebbe nel porre dei limiti ed esse distinguendo tra richiedenti asilo e immigrati economici, è incapace di riflettere sul modello di integrazione da adottare (multiculturalismo, transculturalismo, concetto di cultura guida ecc.) e gli strumenti necessari per realizzarla. Non sa pensare, non sa analizzare, non sa spiegare, e quel che è peggio non sa comprendere il contemporaneo. Per ovviare alle sue lacune devastanti, la sinistra liberal-progressista stende sulla realtà una cortina fumogena di moralismo ipocrita e sentimentaloide perfino peggiore di quello di certi cattolici reazionari degli anni Cinquanta. Coltiva il vittimismo delle minoranze invece di stimolarne l’emancipazione anche dai loro retaggi culturali, ciarla di ius soli invece che di integrazione attraverso il diritto allo studio e al lavoro, di razzismo sistemico invece che di emancipazione e responsabilità individuale, di linguaggio gender neutral-inclusive invece che di eguaglianza sostanziale da realizzare in uno stato di diritto. Dopo aver demolito i sistemi di welfare europei; non è stato Berlusconi ad abolire l’articolo 18 o a introdurre la flessibilità del lavoro che ha portato all’impoverimento degli italiani ma Renzi e Prodi, e in Germania non è stata Angela Merkel a introdurre l’Agenda 2010 che ha ridotto drasticamente le prestazioni sociali ma il socialdemocratico Gerhard Schröder, la sinistra liberal-progressista ciancia di Europa ed europeismo per nascondere la cruda realtà di un’Unione Europea che non si fonda su una costituzione democratica approvata dai cittadini, ma su contratti giuridico-finanziari (trattati di Maastricht e Lisbona) stipulati da pochi e cuciti su misura sulle esigenze di multinazionali, banche e società d’investimento finanziario come Blackrock.
Per tenere insieme questo baraccone i liberal-progressisti fanno il lavoro sporco servendosi dei peggiori strumenti delle destre: intolleranza verso i liberi pensatori, censura preventiva a botte di politically correct e mobbing contro i non allineati. Mentre i loro business partners, vale a dire grandi aziende, organizzazioni finanziarie internazionali e banche, colgono i frutti di tanta servile solerzia in termini di fiscal dumping, riduzione del lavoro da diritto a privilegio concesso dai nuovi signorotti globali, concentrazione del potere esecutivo nelle mani di persone non democraticamente elette ma nominate da circoli privati.
“Ritengo sia una tragedia che la maggioranza dei partiti socialdemocratici e di sinistra abbia intrapreso la strada sbagliata del liberalismo di sinistra che, in teoria, distrugge la sinistra e aliena ampie fasce del suo elettorato. Un'aberrazione che consolida il neoliberismo come orientamento politico, anche se da tempo ormai la popolazione chiede una politica diversa per un maggiore equilibrio sociale, per una regolamentazione ragionevole dei mercati finanziari e dell'economia digitale, per il rafforzamento dei diritti dei lavoratori e per una politica industriale intelligente orientata al mantenimento e alla promozione di una classe media forte.” Sarah Wagenknecht, Die Selbstgerechten (I giusti).