L’insopprimibile desiderio securitario e il daspo urbano

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L’insopprimibile desiderio securitario e il daspo urbano

 

di Federico Giusti

I sindacati di polizia sono diventati, forse loro malgrado, dei gruppi di potere o se preferiamo di pressione sugli Esecutivi. Spasmodica attenzione delle forze politiche di destra alle loro istanze, forse facendo leva su un malessere diffuso tra le forze dell’ordine, tra la polizia penitenziaria per il sovraffollamento degli istituti di pena. All’orizzonte l’ipotesi di favorire, nelle carriere e nella distribuzione salariale, gli aderenti alle forze armate prevedendo per loro anche misure aggiuntive del welfare. Idee per altro non nuove, originariamente ipotizzate per i militari di professione.

Se gran parte delle forze di polizia, ma eviteremmo ogni generalizzazione, vota a destra, la destra si attiva per favorire questa parte del suo elettorato funzionalmente ad una visione securitaria della società..

Detto ciò, partiamo dalla proposta di applicare il Daspo, già previsto per gli ultras ,  ai manifestanti “violenti”.  Questa proposta arriva direttamente da alcuni sindacati di Polizia al tavolo della presidenza del Consiglio con la Premier dettasi disponibile a valutare, in tempi rapidi, la misura.  

Non sarà l’ultima volta che i sindacati chiedono direttamente al Governo di adottare delle misure di legge ma la tempistica con la quale arriva la richiesta del daspo per i manifestanti è degna di attenzione.

Da mesi è in corso una campagna di stampa atta a presentare le forze dell’ordine come vittime di violenze di piazza, eppure se guardiamo alle statistiche non si ravvisano motivi di preoccupazione. Al contrario invece registriamo una gestione delle piazze nelle quali si fa ampio uso di denunce e manganelli e per questo perfino la richiesta dei codici identificativi viene dipinta come una minaccia per l’operato delle forze dell’ordine e non una garanzia a tutela della democrazia come per altro avviene in alcuni paesi europei.

Difendere astrattamente l’operato  delle forze dell’ordine in occasione delle manifestazioni  conviene a forze politiche reazionarie che  non vogliono rispondere in termini politici del loro operato , prendersela con agitatori di professioni diventa una scelta obbligata per evitare di fare i conti con le situazioni reali, con il sostegno del Governo alla Nato e al genocidio di Israele, con una scuola bisognosa di risorse economiche destinate ad altri capitoli di bilancio, con salari da fame e condizioni di vita sempre più precarie.

Per noi resta prioritario fare i conti con la campagna di disinformazione del governo e l’utilizzo strumentale che le forze politiche di destra fanno delle forze dell’ordine.

Nascondersi dietro ai sindacati di polizia è fin troppo facile specie se l’obiettivo, mai dichiarato, è quello di vietare i diritti costituzionali sulla libertà di manifestare, limitare le agibilità sindacali e politiche fino a prevedere dei reati associativi a carico di sindacati conflittuali. La sinistra deve fare i conti con le proprie derive securitarie, con le legislazioni emergenziali, con la criminalizzazione dell’opposizione e il reato di solidarietà invocato nel caso di iniziative a sostegno dei detenuti negli istituti di pena e nei CPR. Contestare l’operato delle destre è fin troppo facile specie se non si fanno i conti con il recente passato.

Il Daspo è un provvedimento amministrativo – introdotto nel 2007 – che vieta l’ingresso alle manifestazioni sportive a chi si rende protagonista di scontri e violenze durante gli eventi sportivi o lungo i tragitti che conducono agli impianti di gioco, pensare di estenderlo alle manifestazioni è un atto insensato anche se la estensione dello stesso arriva dal governo di centro sinistra presieduto da Matteo Renzi... E a sua volta, Il decreto Sicurezza 2, voluto da Matteo Salvini ha esteso la durata massima a 10 anni del daspo cosiddetto urbano. Ora il progetto di estendere il daspo agli attivisti politici è in perfetta continuità con una gestione del dissenso sociale in chiave securitaria facendo leva su una cultura autoritaria trasversale agli schieramenti politici.

 

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