L'insurrezione di Varsavia del 1944 e la presunta “perfidia di Mosca” ai danni degli insorti (PRIMA PARTE)

L'insurrezione di Varsavia del 1944 e la presunta “perfidia di Mosca” ai danni degli insorti (PRIMA PARTE)

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di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

In concomitanza con l’ottantesimo anniversario dell’insurrezione antihitleriana di Varsavia dell’agosto-settembre 1944, tornano alla ribalta – sullo sfondo, da un lato della russofobia che accomuna il mai cessato odio di classe per il passato sovietico e, dall’atro, dell’odierno confronto armato in terra ucraina tra potenze planetarie in lotta per la supremazia – le giaculatorie liberal-dottrinarie sulla “perfidia di Mosca” e la “malvagità di Stalin” che, dicono, avrebbe “deliberatamente abbandonato” gli insorti polacchi al loro destino e al sicuro massacro da parte dei nazisti.

Crediamo che i lettori di questo e altri giornali, nelle linee essenziali, siano sufficientemente preparati per rispondere a tono a tali omelie anticomuniste, antisovietiche e antistoriche, il cui sottofondo è squisitamente politico ed è purtroppo fatto proprio anche da frange della “sinistra liberale, il cui orizzonte progressivo non va al di là dell'ordine sociale borghese.

Sperando comunque di fare cosa utile, presentiamo una sintesi (tradotta dalla versione russa del 1989) dello studio dello storico polacco Riszard Nazarewicz “Aspetti politici dell’insurrezione di Varsavia del 1944” (Z Problematyki Politycznej Powstania Warszawskiego 1944) con cui contiamo di mettere qualche punto fermo sulla questione.

 

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Sin dal 1939, nell'emigrazione parigina, il governo polacco in esilio a Londra, guidato dal generale Wladyslaw Sikorski, maturava piani di insurrezione sotto la direzione della Zwiazek Walki Zbrojnej (ZWZ: Unione per la lotta armata) del generale Kazimierz Sosnkowski, esponente dei vecchi circoli della “Sanacja”, appellativo del movimento con cui Jozef Pilsudski esercitò la dittatura dei circoli più reazionari polacchi dal 1926 fino al 1939 e protrattasi anche oltre la morte dello stesso Pilsudskij, nel 1935.

In quei piani, si avanzava la tesi dei “due nemici”, Germania e URSS; alla base di tutto, c’era l’idea di Sikorski di una federazione di paesi dell'Europa centrale e orientale, sotto guida polacca, uniti nella lotta alla Germania, ma formanti una «barriera comune contro l’influenza comunista».

La prevista insurrezione avrebbe dovuto risolversi in 2-3 giorni, e compiersi con l'intervento di sole truppe professionali, senza partecipazione di massa; non erano previsti sabotaggi, azioni partigiane, che invece, se attuate, avrebbero potuto impedire distruttive rappresaglie dei tedeschi al momento del loro ritiro dalla Polonia.

Nei confronti dell’URSS, anche dopo l'attacco tedesco del 22 giugno 1941, il governo polacco di Londra prevedeva che, in caso l'Esercito Rosso (ER) respingesse i tedeschi e entrasse nei “territori polacchi” del 1939 (Bielorussia e Ucraina occidentali, che Varsavia aveva occupate dal 1921 al 1939) senza il consenso del governo polacco, dovesse essere trattato come esercito invasore e respinto con le armi: questo, a dispetto degli accordi politici e militari sovietico-polacchi dell’estate 1941 e della dichiarazione congiunta Stalin-Sikorski del dicembre successivo.

Nel maggio 1942 Sikorski pensava a una veloce capitolazione tedesca, contemporaneamente a un serio indebolimento sovietico: gli alleati sarebbero così entrati in Europa, creando le condizioni per l'ingresso delle forze polacche in Polonia da tre direttrici (dall'URSS le truppe del generale Wladyslaw Anders; dalla Gran Bretagna, attraverso Francia e Germania; dal Medio Oriente attraverso i Balcani) insieme alle forze di Armia Krajowa (AK), il nuovo nome del ZWZ, al comando, ora, del generale Stefan Rovetsky.

Nonostante le direttive di Sikorski del marzo '42 di considerare l'URSS quantomeno “alleato temporaneo”, Rovetsky insisteva nella tesi dei “due nemici”; anzi, finché l'URSS non avesse riconosciuto le frontiere del 1939, Rovetsky considerava l'URSS “nemico principale”, con conseguente resistenza armata all’ER. Mentre Sikorski concordava con Churchill per colpire i tedeschi attraverso i Balcani, Rovetsky vedeva invece un conflitto polacco-sovietico per i territori orientali.

Anche nei nuovi piani del marzo '43, si prevedeva l'insurrezione al momento della disfatta tedesca, con l'occupazione dei territori occupati dalla Polonia fino al 1939, più Danzica e Prussia orientale, oltre a L'vov e Vilnius. L'URSS, pur considerata ancora potenziale avversaria, veniva inserita tra i “solo formalmente stati alleati” e non si prevedeva dichiarazione di guerra nel caso l'esercito sovietico avesse varcato i confini polacchi del 1939.

Anche questo piano presupponeva però una sconfitta dell'URSS: ovvio che, dopo Stalingrado, non avesse più alcun valore. Dunque, Sikorski ordinava a Rovetsky: «nel peggiore dei casi, se i russi dovessero entrare in Polonia prima delle truppe alleate, e senza il nostro consenso, noi dovremmo anticipare i russi e metterli di fronte al fatto compiuto, sollevando l'insurrezione e impadronendoci del potere militare e amministrativo, in primo luogo nelle città orientali, innanzitutto Vilnius e L'vov».

A giugno 1943 il colonnello Leon Mickiewicz (rappresentante polacco al Comitato riunito dei capi di SM a Washington) riferiva a Sikorski che «i britannici non desiderano assolutamente un'insurrezione armata di AK in Polonia, temendo che i polacchi dirigano le armi contro le truppe sovietiche».

Nell'aprile 1943 (dopo la “scoperta” nazista delle fosse comuni nell’area delle alture Kozi, presso Katyn; ndr) il governo in esilio rompe i rapporti con Mosca e ciò consente a Rovetsky di tornare al programma del '42, di resistenza armata all'ER, con una «Russia nemica per principio». Sarebbe stato possibile cambiare posizione solo nel caso l'URSS avesse riconosciuto le frontiere del 1939, ma si sarebbero anche dovute liquidare l'Unione dei patrioti polacchi (Zwiazek Patriotów Polskich), fondata nel 1943 e la 1° Divisione polacca “Tadeusz Kosciuszko” allestita in URSS. La situazione ottimale, secondo Rovetsky, sarebbe stata però «la sconfitta dell'URSS nella guerra con la Germania fascista, oppure la sua disgregazione».

Per il vero, il generale Stefan Rovetsky fu poi arrestato dalla Gestapo nel giugno 1943, respinse la proposta tedesca di entrare «in guerra contro il bolscevismo» a capo di AK e fu giustiziato a Zachsenhausen subito dopo l'insurrezione di Varsavia.

Nel luglio 1943, dopo la quasi-enigmatica morte in volo di Wladyslaw Sikorski, divenuto scomodo per gli stessi britannici, tutti i posti militari furono occupati da esponenti della “Sanacja” e Comandante in capo fu nominato il generale Kazimierz Sosnkowski. Capo del governo divenne Stanislaw Mikolajczyk. Comandante di AK fu il generale Tadeusz Komorowski.

I piani di Sosnkowski e di Komorowski partivano dal presupposto che AK desse inizio all'insurrezione all'avvicinarsi delle forze anglo-americane ai confini polacchi. In caso di ingresso in Polonia dell’ER senza accordo col governo in esilio, invece, AK avrebbe iniziato un'operazione di ampie dimensioni dal nome in codice “Burza” (“Tempesta”). Nessuna variante del piano governativo prevedeva che l'insurrezione avvenisse in appoggio all’ER. Al contrario, a misura che la bilancia del fronte pendesse a favore delle forze sovietiche, il governo in esilio parlava con sempre minor entusiasmo dell'insurrezione generale, che avrebbe potuto favorire una indesiderata sconfitta “anticipata” della Germania.

In base alla generale situazione politico-militare, diceva il comando di AK, «si apre un'intera gamma di possibilità, cominciando dalla rinuncia all'insurrezione contro i tedeschi, per finire con una decisa lotta armata contro la Russia». Diceva Komorowski: «Noi non possiamo arrivare all'insurrezione quando i tedeschi, colpiti a sud e a ovest, tengono ancora il fronte est e ci coprono da quel lato. Perciò, l'indebolimento della Germania, nel caso specifico, non risponderebbe ai nostri interessi». Alla base di tali convinzioni c'era la posizione di Komorowski che non si potesse «ritenere l'URSS alleata della Polonia», bensì una minaccia per essa. Dunque, «dobbiamo esser pronti a opporre resistenza alle truppe sovietiche al momento del loro ingresso in Polonia».

Esponenti del governo in esilio fantasticavano di «condizioni per la vittoria polacca nel verosimile conflitto con Germania e Russia», con piccoli allargamenti territoriali a spese della Germania (Danzica, Prussia orientale) e molto più estesi a est: se alla fine della guerra l'URSS fosse stata ancora forte, ci si sarebbe limitati alle frontiere del 1921, includendo anche la Lituania. Se l'URSS fosse risultata indebolita, Varsavia le avrebbe strappato anche Lettonia, Estonia, Ucraina e Bielorussia.

Bisogna però dire che la massa principale di AK non era orientata fino a tal punto contro l'URSS.

Nell'autunno del 1943 fu definitivamente chiaro che sarebbe stato l’ER a liberare la Polonia dall'occupazione hitleriana. Il Bjuro affari esteri della Delegatura così si esprimeva: «L'avanzata invernale, all'inizio del 1944, rappresentava una minaccia che Stalin concludesse la guerra senza l'aiuto delle forze anglo-americane... La situazione era stata salvata dall'esercito tedesco che aveva fermato l'avanzata sovietica».

Il 5 ottobre ‘43 Sosnkowski inviava un radiogramma a Komorowski: «la Russia può diventare nostra alleata solo adempiendo le condizioni previste dalla 1° variante»: ripristino delle frontiere del trattato di Riga del 1921 e scioglimento della Pierwsza Armia Wojska Polskiego, cioè l'esercito di Zygmunt Berling allestito in URSS. In caso di rifiuto sovietico, il governo in esilio avrebbe sollevato la popolazione, richiedendo l'intervento in Polonia di reparti anglo-americani.

Il 1 gennaio ‘44 si attiva il Centro direttivo delle forze della sinistra, con alla testa Polska Partia Robotnicza (PPR) e Krajowa Rada Narodowa: la cosa preoccupa Churchill, il quale teme che con il passaggio della “linea Curzon” da parte dell’ER possa formarsi un governo filo-sovietico. Il premier britannico voleva condurre il governo in esilio a più miti consigli nei confronti dell'URSS, per evitare che le forze borghesi rimanessero isolate; ma l'ala della ex Sanacja impedisce di trovare accordi con l'URSS.

Diventa sempre più evidente che gli alleati non appoggiano piani di insurrezione polacca non concordati con l'URSS e che AK non riceverà più aiuti di quanti ne riceva già.

Al novembre del ‘43, il piano “BURZA” del comando AK prevedeva: a misura del ritiro tedesco, impossessarsi delle aree liberate in modo che le truppe sovietiche e i partigiani di Armia Ludowa vi trovino un apparato di governo già formato, protetto da reparti armati subordinati al governo di Londra. Militarmente, “Burza” doveva essere un complesso di azioni diversive nel territorio liberato dall’ER: AK avrebbe dovuto colpire le retroguardie tedesche, prendendo però possesso di quella che, per breve tempo, rimaneva terra di nessuno. Politicamente, “Burza” doveva assicurare al governo in esilio la presa del potere.

Dal momento che Mosca considerava uniche forze le Divisioni formate in URSS e in cui avrebbero dovuto confluire tutti i polacchi desiderosi di lottare contro i tedeschi, Sosnkowski e Komorowski proibirono agli uomini di AK di farne parte.

I primi approcci tra AK e reparti sovietici ebbero luogo in Volynia nel marzo 1944. Il 14 luglio ‘44 Komorowski scrive a Sosnkowski: «prestando un minimo aiuto militare ai Sovieti, creiamo loro anche difficoltà politiche. AK deve far forza sull'aspirazione popolare all'indipendenza. Ciò costringerà i Sovieti a reprimere con la forza la nostra volontà. Dovrà verificarsi un'aperta violenza, il che potrà sollevare le proteste degli alleati».

Si arrivò allo scontro diretto quando AK tentò di liberare Vilnius dai tedeschi, ma non ci riuscì (verrà liberata dal 3° Fronte bielorusso il 13 luglio '44, nel corso dell’operazione “Bagration”, condotta dal 23 giugno al 29 agosto e il cui obiettivo era la liberazione di Bielorussia, Lituania e Polonia orientale, affidata a quattro Fronti, contro il Gruppo armate Centro della Wehrmacht) e anche per la pretesa di AK di stabilire una propria amministrazione e non subordinarsi al comando del Wojsko Polskie. Avvenne lo stesso a L'vov e poi in varie città della Polonia orientale, in cui AK pretendeva di assumere il potere.

In sostanza, “Burza” era fallita, anche per la veloce avanzata sovietica; si cominciò dunque a pensare ad altri piani, senza però escludere la possibilità di arrivare a uno scontro armato con le forze popolari polacche, tanto che il governo in esilio progettava di istituire campi di concentramento per gli oppositori. Nelle “Istruzioni per la sicurezza” elaborate dalla Delegatura si diceva che, immediatamente dopo la presa del potere, comincerà una «limitazione delle libertà civili» e l'opposizione verrà messa fuori legge. Il progetto di “Legge anticomunista” prevedeva da 10 anni di galera fino alla pena di morte per appartenenza al PC, propaganda comunista, «organizzazione di scioperi, propaganda contro il diritto di proprietà, famiglia, religione, esercito, amministrazione».

Il Partito operaio, PPR, riteneva invece che le azioni partigiane dovessero essere coordinate coi piani della coalizione antihitleriana. A fine luglio 1944, PPR ebbe sentore dei preparativi di AK per l'insurrezione a Varsavia, ma riteneva che l'avanzata estiva dell’ER non sarebbe andata oltre la Vistola. In effetti, con l'avanzata di luglio dell’ER, il KC del PPR venne a trovarsi nella parte liberata della Polonia, dove il potere fu assunto dal Polski Komitet Wyzwolenia Narodowego.

Lo sbarco in Normandia del giugno 1944 spinse il governo in esilio a cambiare ancora tattica: niente ristabilimento delle relazioni con l'URSS, nella prospettiva che gli alleati avrebbero presto occupato tutta la Germania, arrivando direttamente ai confini polacchi, scongiurando il “pericolo” che la Polonia venisse liberata dall’ER.

Il 21 luglio, però, Krajowa Rada Narodowa dà vita al Polski Komitet Wyzwolenia Narodowego (PKWN – Comitato di liberazione nazionale) che il 22 luglio pubblica il Manifesto col programma di costruzione di uno stato popolare e, già a fine luglio, ER e unità del Ludowego Wojska Polskiego liberano i voivodati di Lublino, Rzeszow e, parzialmente, di Bjalistok e Varsavia.

A quel punto, AK decide per l'insurrezione nella stessa capitale, che fino a quel momento era stata esclusa, tanto che ancora a metà luglio le armi accumulate a Varsavia venivano trasferite ai distretti orientali. I comandi di AK erano ossessionati dal peso del PPR e dall'eventuale avvicinamento all'URSS, dalla rapida avanzata dell’ER e dalla presa del potere da parte della Krajowa Rada Narodowa.

 

Fine prima parte

 

 

 

Dunque, l'obiettivo primario del governo in esilio era quello della presa del potere a qualunque costo; il 17 e 18 luglio i comandi di AK dei distretti di L'vov e Bjalistok ammettevano la possibilità dell'insurrezione.

Komorowski constatava il rallentamento dell'avanzata dell’ER dovuto «con ogni probabilità non al rafforzamento della difesa tedesca, quanto alla temporanea stanchezza delle truppe sovietiche». Egli temeva però che, dopo la pausa, l’ER avrebbe ripreso una veloce avanzata, per raggiungere presto la Vistola e superarla. Così, fu presa la decisione preliminare di prepararsi all'intervento armato di AK a Varsavia, motivandola con la necessità di «soffocare sul nascere i tentativi sovietici di spingere parte della popolazione a non sottomettersi al governo». Non si escludeva la possibilità di «scontro aperto coi Sovieti».

Il 25 luglio fu deciso di sollevare l'insurrezione nella sola Varsavia, mentre in periferia AK doveva continuare con “Burza”.

Sosnkowski raccomandava al comando di AK di evitare l'insurrezione e rimanere in clandestinità. Avevano in mente uno scandalo che provocasse l'intervento alleato: far arrestare dalle forze sovietiche lo SM di AK installato nella fabbrica Kamler, che avrebbe proclamato la “extraterritorialità” del luogo. Da lì, attraverso una potente stazione radio, si sarebbe lanciato un SOS a Londra e organizzato la resistenza armata. 

Si preparava cioè una trappola all’ER, provocando uno scontro armato tra AK e ER. Si puntava all’insurrezione per anticipare la presa del potere da parte del Polski Komitet Wyzwolenia Narodowego, mettendo l’Esercito Rosso di fronte al fatto compiuto del potere in mano alla Kraiowa Rada Ministrov.

Il 20 agosto l'organo degli insorti pubblicava una serie di documenti retrodatati per “dimostrare” che a Varsavia esisteva già un “potere legittimo” ancora prima della formazione del PKWN. Ma, fino al 6 agosto, agli stessi simpatizzanti del governo fu taciuto che già il 29 luglio i comandi inglesi avevano rifiutato qualsiasi aiuto in caso di insurrezione.

Lo storico emigrato polacco J. Ciechanowski scrive che «Gli inglesi non dissuasero i polacchi dall'insurrezione nella capitale, ma rifiutarono il loro aiuto, sottolineando che ciò era impossibile nella zona di operazioni sovietica e in sostanza cercarono di tirarsene fuori». Gli inglesi però, pur al corrente del fatto che si stesse preparando la rivolta, non fecero nulla per mettere in contatto gli insorti coi comandi sovietici. E nemmeno i comandi di AK fecero qualcosa per cercare contatti con le forze di Konstantin Rokossovskij, che comandava il 1° Fronte bielorusso; questo perché, dicono gli stessi storici favorevoli al governo emigrato, «la battaglia per Varsavia doveva prendere alla sprovvista i russi. Primo obiettivo dell'insurrezione era quello di occupare Varsavia e il secondo era quello di mettere l'URSS di fronte al fatto compiuto».

Dunque, il fatto di non aver concordato i tempi dell'insurrezione coi comandi sovietici aveva un fondamento politico e non, come invece tentarono poi di giustificarsi gli emigrati di Londra, per l'assenza di rapporti diplomatici con Mosca.

Mikolajcik, che si incontrò il 31 luglio a Mosca con Molotov, non fece parola dell’insurrezione. Chiese però a Stalin di aiutarlo a raggiungere Varsavia e all'osservazione di Stalin che là c’erano i tedeschi, Mikolajcik rispose che «a giorni Varsavia sarà liberata».

Dopo molti anni, il ministro della difesa emigrato, Marion Kukel, storico e fautore dell'insurrezione, scriveva: «Indiscutibilmente, la lotta di AK per Varsavia costituiva una dimostrazione, il cui scopo era quello di prendere alla sprovvista sia i tedeschi che i russi. Se “Bur”-Komorowski avesse avuto intenzione di battersi coi tedeschi, avrebbe dovuto accordarsi coi russi per conoscere piani e possibilità. Ma, dal momento che “Bur”-Komorowski voleva opporre resistenza ai russi a Varsavia, sarebbe stato meglio non sollevare l'insurrezione, che ebbe conseguenze catastrofiche».

Il 31 luglio l'alto comando di AK constatava che l'azione era prematura. Il 1 agosto il comando della 9° Armata tedesca rilevava che «l'attesa rivolta dei polacchi (AK) è iniziata alle ore 17». Già il 30 luglio gli esploratori di AK avevano confermato l'arrivo di potenti rinforzi tedeschi concentrati a est per la controffensiva, ma era tardi per annullare la sollevazione.

“Bur”: «voglia dio che conquistiamo Varsavia prima dell'arrivo delle truppe sovietiche». Erano giunte false notizie, basate solo su voci, della presenza di forze sovietiche nel rione Praga della capitale, a est della Vistola. Ma già dal 26 luglio avevano cominciato ad affluire su Varsavia divisioni tedesche ritirate da Romania, Olanda, Italia. A dimostrazione dei veri intenti del governo in esilio, gli obiettivi di AK non erano ponti, ferrovie, aeroporti, bensì edifici governativi per installarvi il governo; mentre invece sarebbe stato facile impossessarsi dei ponti sulla Vistola, difesi solo da deboli riserve tedesche. Così, quando il 3 settembre i tedeschi li fecero saltare, tagliando così ogni possibile collegamento tra insorti e ER, il destino dell'insurrezione fu segnato.

Il 7 agosto i comandi dell'aviazione britannica affermavano che i polacchi «cercano di rovesciare su di noi la responsabilità per gli insuccessi di AK, che invece avvengono per il loro prematuro inizio della lotta».

Una settimana dopo, il Foreign Office, in risposta alle ripetute richieste di sostegno all'insurrezione, affermava in una nota ufficiale che la decisione sull'insurrezione a Varsavia «è stata presa senza preventivi contatti con il governo di SM Reale che, perciò, non è in grado di mettere a punto per tempo i piani di collaborazione» e anche «senza accordo col governo sovietico».

Il 15 agosto, il PKWN emana il decreto sulla mobilitazione: Komorowski ordina a tutti i comandi di AK di opporvisi e il 22 agosto AK informa Londra della decisione di sabotare la mobilitazione. Molti reparti di AK si oppongono però all'ordine di Komorowski: si stavano cioè rafforzando gli umori pro-sovietici e di insoddisfazione nei confronti dei vertici di AK.

In sostanza: a fini propagandistici, si accusa l’Esercito Rosso di non aver attaccato Varsavia frontalmente, quantunque Stalingrado e Kiev avessero dimostrato manovre avvolgenti. Nei rapporti confidenziali, la realtà viene però valutata più realisticamente. Il 5 settembre, Komorowski scrive «Ritengo che non ci si debba fare illusioni sul fatto che i reparti sovietici possano occupare Varsavia nei prossimi giorni. I tedeschi sono abbastanza forti per fermare l'avanzata sovietica. I reparti russi sono notevolmente staccati dalle retrovie e si sono fermati... la Vistola difende i tedeschi dai russi». E ancora: «la verità è che il 4-5 agosto i Sovieti hanno perso la battaglia per Varsavia».

In ogni caso, quando il 20 agosto Roosevelt e Churchill chiedono a Mosca di lanciare armi su Varsavia, Stalin risponde che non si sarebbero risparmiati sforzi per aiutare i polacchi e liberare Varsavia. Al tempo stesso, dice: «Prima o poi diverrà nota a tutti la verità su un pugno di criminali che hanno inscenato l'avventura di Varsavia per impossessarsi del potere. Queste persone hanno utilizzato la fiducia dei varsaviani, gettando molti uomini pressoché disarmati contro i cannoni tedeschi, aviazione e tank».

E, però, dato che la stampa britannica simpatizzava con l’ER, il 23 agosto Churchill ordina al Ministro per l'informazione di passare alle redazioni una pubblicazione su una presunta contrarietà sovietica ad aiutare Varsavia.

Dopo la guerra, Stalin disse a De Gaulle: «se fosse stato chiesto ai comandi sovietici se fossero in grado di portare aiuto all'insurrezione, avrebbero risposto che non erano pronti. Il fatto è che l’Esercito Rosso in quel momento aveva combattuto per 600 km, da Minsk a Varsavia. Mentre l’ER si avvicinava a Varsavia, artiglierie e munizionamento erano indietro di 400 km».

In sostanza, affermano gli storici appena un po’ più obiettivi, solo con motivi politici può spiegarsi l'assenza di ogni tentativo di AK di impossessarsi di almeno uno dei ponti sulla Vistola, che lasciò al proprio destino gli insorti del rione Praga e più tardi portò alla perdita di ogni accesso alla Vistola. Scelta che risulta incomprensibile anche allo storico tedesco-occidentale H. Krannals, il quale nota come la guarnigione tedesca lungo la Vistola fosse incredibilmente debole e poco armata. Dopo la caduta del rione Staroe Mjasto, erano rimasti solo alcuni reparti tedeschi poco numerosi e ridotti male. Se davvero gli insorti avessero contato sull'aiuto sovietico, che poteva venire solo dalla Vistola, perché non fecero nulla per tenere le posizioni avanzate e sostenere i tentativi di guado da est? La tattica dei comandi di AK, la sua passività nei confronti dei reparti polacchi attestati sulle rive della Vistola, non solo favorirono il fallimento di questa operazione, che aveva lo scopo di venire in aiuto agli insorti, ma causò un grosso danno all'insurrezione stessa. Era infatti evidente che i comandi tedeschi, dopo aver eliminato le teste di ponte, potevano  gettare le forze contro quei deboli focolai di rivolta che ancora resistevano nei rioni di Mokotòw (sud), Zoliborz (nord) e Sredmesto (centro). Ma, nel periodo degli scontri più aspri, AK non fece nulla per sbloccare anche parzialmente l'assedio, non tentò di portare azioni di disturbo alle retrovie tedesche che stavano liquidando le teste di ponte.

A metà settembre, mentre fingeva disponibilità a coordinarsi con l’ER, AK ordinava segretamente ai reparti insorti, in caso di liberazione di Varsavia, di «impossessarsi immediatamente della città... eliminare le barricate dalle arterie principali, rinterrare le trincee... Barricate e piazzeforti attorno ai rioni controllati da AK non dovevano esser rimosse fino al pieno chiarimento dei rapporti sovieto-polacchi». Si ordinava di concentrare i reparti AK, il Comando e la Delegatura Sil Zbrojnych nel centro della città, circondati da sbarramenti e filo spinato e dar vita qui a una zona chiusa all'accesso di ER e PKWN.

Alla fine, i tedeschi riuscirono a isolare definitivamente i focolai di insurrezione dalla Vistola e a creare una potente linea di difesa sulla riva. In due mesi di lotta nella capitale, e anche negli scontri per occupare gli accessi a essa che decisero il destino di Varsavia, i comandi di AK non fecero nulla per ostacolare l'afflusso di mezzi e armamenti tedeschi. Come mai le numerose e ben armate forze di AK dislocate nei dintorni di Varsavia e alle periferie, non ricevettero ordini per azioni diversive che impedissero o almeno contrastassero gli spostamenti tedeschi sulle strade che conducevano a Varsavia da ovest, nord e sud?

Era questo uno strascico della precedente direttiva di AK, che proibiva di attaccare i treni tedeschi che andavano verso il fronte orientale, ma consentiva di attaccare quelli che facevano ritorno verso ovest. Così, i tedeschi non subirono alcun disturbo nell'invio di forze fresche inviate sia a contrastare l'avanzata sovietica negli accessi orientali a Varsavia, sia a soffocare la rivolta.

Per quanto riguarda gli aiuti agli insorti, nei calcoli dei comandi di AK di Varsavia non destinati al pubblico si diceva che al 30 settembre 1944 erano state ricevute 150 tonnellate di armi e munizioni da lanci sovietici, 86 t. inglesi e 17 t. americane. Nelle pubblicazioni ufficiali si scriveva invece di 55 t. sovietiche e 104 t. occidentali.

Complessivamente, tra armi leggere, fucili anticarro, munizionamento, mortai, ecc., gli Alleati lanciarono su Varsavia 104 tonnellate di aiuti, contro le 268 t. dei lanci sovietici. Furono 22 le tonnellate di generi alimentari lanciate dagli Alleati e 120 quelle sovietiche. Dopo il 18 settembre non furono più effettuati lanci occidentali; quelli sovietici proseguirono fino al 30 settembre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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