Loretta Napoleoni - La variabile (impazzita) britannica sull'Ucraina e sulla NATO
di Loretta Napoleoni per l'AntiDiplomatico
La guerra in Ucraina continua mentre fuori dai confini del paese i colpi di scena dei cosiddetti ‘alleati’ non smettono di meravigliarci. Dopo il battibecco alla Casa Bianca e la partenza di Zelensky senza firmare con Trump il tanto atteso accordo per le terre rare, ecco che il primo ministro britannico, Sir Keir Starmer, a quanto pare anche lui affetto dalla sindrome di Churchill, prende in mano la situazione, invita Zelensky a Londra per una riunione speciale con alcuni alleati europei con l’intento di trovare una soluzione al problema, e cioe’ portare la pace in Ucraina e convincere Trump ad abbracciare il suo piano. E qual è l’idea di Starmer? Utilizzare i fondi russi congelati dalle sanzioni occidentali per finanziare la ricostruzione e il sostegno all'Ucraina, idea piu’ volte menzionata e discussa a livello internazionale e mai accettata a causa delle serie conseguenze che un gesto del genere potrebbe causare.
In primis appropriarsi dei miliardi di beni russi bloccati a seguito delle sanzioni internazionali e’ un modo di far pagare alla Russia le conseguenze delle sue azioni, in altre parole di vendicarsi, di comportarsi da vincitori. Ma l’Ucraina ed i paesi Europei che continuano a sostenerla non hanno vinto nessuna guerra, al contrario, hanno perso fette di territorio. E qui apriamo una parentesi riguardo al comportamento di Zelensky alla Casa Bianca. L’ex comico e gli alleati Europei non sembrano ancora pronti per la pace, chiaramente vogliono continuare il conflitto fino a raggiungere una posizione di vantaggio rispetto a Putin. Se fossero davvero intenzionati a porre fine alla guerra abbandonerebbero l’atteggiamento punitivo nei confronti della Russia.
Gli Europei, almeno alcuni politici europei, sono chiaramente a favore della guerra ad oltranza. Ma senza i soldi e le armi statunitensi e’ impossibile continuare a combattere, ed ecco perche’ Starmer ha tirato fuori la proposta di scongelare i fondi russi per darli all’Ucraina. E gia’, gli europei non hanno soldi per finanziare il conflitto e fino ad ora hanno lasciato che fossero gli americani a pagare il conto.
In secondo luogo, a proposta prevede la creazione di un meccanismo internazionale, coordinato dai Paesi alleati, per gestire e ridistribuire questi fondi. L'obiettivo è finanziare la ricostruzione delle infrastrutture ucraine, sostenere i civili colpiti dal conflitto e rafforzare la resistenza ucraina contro l'invasione russa. Naturalmente, il Regno Unito svolgerebbe un ruolo di primo piano nell’iniziativa. In altre parole Londra farebbe il gestore dei fondi.
Il primo ministro Starmer era un avvocato penalista, specializzato in cause per i diritti umani. Dal 2008 al 2013, quando è entrato in politica, e’ stato Direttore delle Pubbliche Accuse (Director of Public Prosecutions, DPP) per l'Crown Prosecution Service (CPS), la principale agenzia di pubblica accusa in Inghilterra e Galles. E quindi mastica bene le questioni legali, sorprende, quindi, che non abbia preso in considerazione le conseguenze legali negative dell’utilizzo dei fondi russi da parte del Regno di Sua Maestà.
I beni confiscati appartengono legalmente a entità russe, private o statali, e il loro sequestro è stato giustificato dalle sanzioni come misura punitiva, non come strumento di redistribuzione. Se i beni di un Paese venissero essere confiscati e ridistribuiti senza un processo legale internazionale, ciò minerebbe la fiducia nel sistema finanziario globale. Utilizzare questi fondi senza un chiaro quadro giuridico internazionale creerebbe un pericoloso precedente, ne soffrirebbe la fiducia nel sistema finanziario globale e aprirebbe la porta a possibili contenziosi legali.
Molti Paesi e investitori internazionali detengono riserve finanziarie e asset in valute occidentali, come il dollaro USA o l'euro, in Occidente, proprio perché considerati sicuri e protetti dal diritto internazionale. Se i fondi russi fossero espropriati e ridistribuiti, altri Paesi potrebbero iniziare a dubitare della sicurezza dei loro asset detenuti in Occidente. Questo potrebbe portare alla fuga di capitali da valute occidentali verso asset considerati più sicuri, come l'oro o le valute di Paesi non allineati.
C'è poi il rischio di una escalation diplomatica. La Russia ha già condannato le sanzioni come un atto di "guerra economica" e l'utilizzo dei suoi fondi per aiutare l'Ucraina potrebbe essere interpretato come un ulteriore atto di ostilità. Questo potrebbe portare a ritorsioni da parte di Mosca, complicando ulteriormente la già fragile situazione geopolitica e rischiando di inasprire il conflitto.
Infine, esiste una questione etica di fondo: è giusto utilizzare risorse di un Paese, anche se coinvolto in un conflitto, senza il suo consenso? Sebbene la Russia sia considerata da molti responsabile dell'aggressione, la decisione di espropriare e ridistribuire i suoi beni potrebbe essere vista come un atto di giustizia sommaria, privo di un processo equo e trasparente. Tutto cio’ solleva seri interrogativi sul rispetto dei principi del diritto internazionale e sulla legittimità morale di tale azione.