Loretta Napoleoni - L'America "malata" di J.D. Vance

Loretta Napoleoni - L'America "malata" di J.D. Vance

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E' per noi motivo di grande orgoglio come l'AntiDiplomatico annunciare la futura collaborazione con l'economista e saggista di fama internazionale Loretta Napoleoni. Vi daremo maggiori dettagli nelle prossime settimane, intanto ci ha fatto dono di un bellissimo editoriale su quell'America profonda da cui proviene il candidato vice-presidente Vance, non compresa né raccontata in Europa.

Buona lettura.

(A.B.)


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di Loretta Napoleoni*

L’America e’ una nazione complessa, un calderone dove sono finiti in tanti, immigrati affamati, gente che a casa propria era perseguitata dalla povertà, dalla politica, dall’élite al comando. La si puo’ considerare una costola staccata della vecchia Europa, che il vecchio continente non era interessato a ricucire e che alla fine ha spiccato il volo, oltre l’oceano, il piu’ lontano possibile dal corpo che l’aveva generata. Ecco perche’ l’America è una nazione costruita sulla sofferenza, sulla violenza, sul riscatto da un passato buio, ma e’ anche frutto di uno sforzo coraggioso e disumano perche’ chi nei secoli ha attraversato quell’oceano sapeva che facendolo bruciava tutti i ponti con il proprio passato.

Poteva andare male, ci si poteva ritrovare in una nazione distopica, senza morale, etica, senza religione ne’ umanità. Ed invece l’esperimento per almeno tre secoli ha funzionato per una serie di motivi, primo fra tutti la volontà di non farsi scappare una seconda, preziosa opportunità di vita. Centrale nell’identità americana è stato il lavoro, strumento di miglioramento economico e sociale, bullone che permette a tutto l’ingranaggio della nazione di funzionare. Il lavoro di qualsiasi tipo esso sia, dal piu’ umile al piu’ importante, purche’ si produca. Finche’ questo principio ha funzionato, gli Stati Uniti d’America hanno brillato regalandoci il meglio della cultura occidentale dalla musica alla letteratura, dall’arte alle scienze.

Il sogno americano nasce proprio cosi’, emanazione di una società di lavoratori tendenzialmente egalitaria, dove tutto è possibile anche l’impossibile, e.g. la vittoria della crociata dei diritti umani per lavare l’onta della segregazione razziale degli anni Sessanta. Martin Luther King non poteva che essere americano, come Malcom X, indifferenti agli apparentemente insormontabili ostacoli frapposti al loro sogno, entrambi hanno avuto fede nella loro nazione ed hanno avuto ragione.

A ripercorrere i tre secoli di storia americana ci si imbatte spesso in cambiamenti epocali, a volte imprevedibili ed a volte persino contradditori, dalla rivoluzione e guerra d’indipendenza alla guerra di secessione, dalla dottrina di Monroe all’entrata in guerra a fianco degli alleati europei. È vero, assassini e persecuzioni politiche, persino la decisione di sganciare due atomiche sul Giappone, macchiano di sangue il torrente della storia di questa nazione. Ma l’America è anche la nazione dove è nato il movimento degli Hippie, quella che ci ha regalato il blues ed i grandi romanzieri del ventesimo secolo. Andy Warhol era americano, come americano era il primo conato anti-establishment del dopoguerra e la bandiera della pace del movimento contro la guerra nel Vietnam.

Dall’America noi europei abbiamo sempre percepito gli echi che si alzavano dalle coste, quello della sofisticata New York e quello dell’artistica Los Angeles. Ma la nazione e’ infinitamente piu’ grande ed e’ racchiusa all’interno delle due coste, in uno spazio immenso dove si eleggono i presidenti. E’ questa un’America che ci viene spesso dipinta come una landa culturalmente desolata, popolata da esaltati religiosi, agricoltori reazionari, operai privi di coscienza di classe e cowboys machisti. Ma non è cosi’.

Il sogno americano le appartiene, è qui che la magia del lavoro quale principio attivo della vita americana lo ha creato.  Elvis Presley era nato a Tupelo nel Mississippi, nel profondo sud; Ernest Hemingway nasceva a Oak Park in Illinois, anche Ronald Reagan era di un piccolo paesino dell’Illinois, Tampico; Magic Johnson era del Michigan, di Lansing; Mohammed Ali era nato a Louisville, nel Kentucky; Jackson Pollock veniva da Cody, un piccolo paesino del Wyoming; Louis Armstrong era nato a New Orleans, in Lusiana e Marlon Brando a Omaha Nebraska. Erano tutti nati relativamente poveri e fuori del circolo magico delle élite.

Anche J.D Vance, il candidato scelto da Donald Trump per la vicepresidenza, appartiene a quest’America. Nato a Middletown, in Ohio, Vance è cresciuto povero nella cosiddetta Rust Belt, la regione industriale americana, con una madre costantemente in lotta con le droghe. La storia di Vance è ben nota, l’ha raccontata in un libro di memorie "Hillbilly Elegy" che e’ diventato un best seller ed un film di successo. È simile al capolavoro di Barbara Kingsolver, Demon Copperhead, che ha vinto il Pulitzer per la letteratura nel 2023, la versione moderna di David Copperfield, ubicata nella stessa zona dove e’ cresciuto Vance, le Montagne degli Appalachi.

È questa l’America malata, che ha bisogno di essere curata, quella che da almeno un ventennio soffre perche’ il meccanismo magico si e’ inceppato: il lavoro scarseggia, e’ volato via sulle ali della globalizzazione e della delocalizzazione per approdare su altri lidi, in Messico, oltre il confine americano, ma anche in Laos, in Bangladesh, dovunque il costo del lavoro sia piu’ a buon mercato per le grandi multinazionali statunitensi. È anche questa l’America chiusa nella tenaglia della crisi degli oppioidi, dove la gente si fa di fentalyn per dimenticare l’umiliazione di una vita ormai inutile, l’America delle sette religiose che cerca consolazione ed amore in un Dio immaginario, che, come un marinaio, promette una vita migliore che non arriverà mai.

Trump e Vance guardano a questa America, si preoccupano solo di questa America, la vogliono riscattare, riportare sul binario giusto da dove è deragliata. Tutto il resto per loro è irrilevante, dalla politica dell’immigrazione a quella estera. Assurdo? Anacronistico? Forse, ma forse anche no.



*Economista di fama internazionale. Ha insegnato alla Judge Business Schools di Cambridge e nel 2009 è stata invitata come relatrice alla Ted Conference sui temi del terrorismo. Nel 2005 ha presieduto il gruppo di esperti sul finanziamento del terrorismo per la conferenza internazionale su terrorismo e democrazia organizzata dal Club de Madrid. Autrice di diversi libri di successo tra cui Terrorismo SPAEconomia Canaglia e Maonomics, tradotto in 18 lingue, incluso l’arabo ed il cinese. L’ultimo si intitola ISIS, lo stato del terrore, uscito in 20 nazioni. 

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