L'Ucraina trasformata in «zona grigia tra Occidente e Russia»?
Dieci anni di majdan e venti anni di “rivoluzione arancione” stanno dando i loro frutti.
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Non c'erano dubbi che il più gettonato tra paragoni “europeisti” sarebbe stato immediatamente lanciato, sullo sfondo della telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin, per versare compassionevoli lacrime sulla sorte della “martoriata” Ucraina, che verrà divisa tra i grandi, come lo era stata la Polonia nel 1939, occupata da Wehrmacht e Esercito Rosso, dopo che «l'Unione sovietica, nel patto Molotov-Ribbentrop, concordò con la Germania nazista l'invasione e l'occupazione di parti della Polonia e della Romania...» e via di stantie, cicliche e riciclate omelie europeiste.
Questa volta, il traguardo l'ha tagliato per primo il “politologo” ucraino Jurij Romanenko; ma non dubitiamo (non ci è stato possibile consultare tutti i media italici) che il parallelo sia stato o verrà ripreso da più d'uno degli acuti osservatori euro-liberali. In sostanza, Romanenko (in Russia è ricercato... detto per inciso) scrive che «La posizione degli Stati occidentali, in linea di massima delle grandi potenze, è spesso flessibile rispetto agli interessi di stati come l'Ucraina, o stati come la Polonia nel 1939, nel 1945, o come la Cecoslovacchia nel 1938 e dopo la Seconda guerra mondiale... penso che Trump stia prendendo in considerazione l'opzione di accordarsi con Putin sulla semplice divisione delle sfere di influenza in Ucraina...».
Romanenko è preoccupato per la “divisione” dell'Ucraina in “sfere d'influenza”; ma quanto lo è per quei quattro milioni di ucraini sinora sacrificati alla bramosia euro-atlantista di mettere le mani sulle risorse ucraine e usare l'ex Repubblica sovietica quale piazzaforte USA-NATO per l'attacco alla Russia? Tocca a un ex analista della CIA, Larry Johnson, ricordare come proprio le mire yankee abbiano provocato la morte di oltre un milione di ucraini e il ferimento di altri tre milioni. Gli “analisti” alla Romanenko e quelli che siedono sui banchi di Bruxelles non hanno parole e non si angustiano certo per questa tragedia: la “divisione in sfere d'influenza” è quella che li angoscia. Il resto pare non riguardarli affatto, afflitti come dicono di essere per una possibile “intesa d'affari” tra un “autocrate” e un “miliardario visionario” che, come era stato per il “patto scellerato” del 1939 tra “due dittatori”, passerà sulle teste delle “democrazie europee”, per atto di fede “pacifiste e liberali”.
Ora, raffronti “storici” a parte e intenzioni russo-americane da verificare nel prossimo futuro, mentre la guerra va avanti, i vari Romanenko e chi come lui si dice preoccupato per la divisione dell'Ucraina in “sfere d'influenza”, dovrebbe anche dare un'occhiata alle pretese, molto più concrete, di vari vicini dell'Ucraina, che non da ora, ma da anni e in qualche caso da decenni, bramano rientrare in possesso di fette del territorio ucraino un tempo loro soggette.
La questione non è certo nuova; ma, appunto, proprio ora potrebbe assumere connotati meno ipotetici rispetto anche al recente passato.
È tempo di rivedere i confini dell'Ucraina, ha tuonato l'eurodeputata ungherese Zsuzsanna Borvendeg, chiedendo l'autodeterminazione di ungheresi e ruteni dei Carpazi. Kiev viola i diritti delle minoranze ungheresi mandandole al macello, ha detto, tornando poi sulla storia passata, per dire che «la parte occidentale dell'Ucraina è appartenuta al Regno d'Ungheria per mille anni, finché non è stata privata della sua sovranità e sottratta alla mia patria nel 1920. Là vivono ungheresi e i ruteni che sono stati trascinati in guerra e alla morte per una causa che non li riguarda... per stabilire una pace duratura, dobbiamo anche mettere all'ordine del giorno la correzione dei confini» ha detto Borwendeg.
Non da meno l'ex candidato alla presidenza della Romania (inviso a Bruxelles e la cui vittoria, per questo, alle elezioni dello scorso dicembre, era stata annullata) Calin Georgescu, che parla dell'Ucraina come di uno “stato inventato” che, a conclusione dell'attuale conflitto, crollerà e il suo territorio verrà diviso tra altri paesi. Georgescu ha nominato la Bucovina settentrionale, il Budžak, (sud della Moldavia e della regione di Odessa); e poi il Maramuresh settentrionale, senza dimenticare l'ex Transcarpazia ungherese e la regione di L'vov, che Varsavia considera da sempre la città “più polacca della Polonia”, senza contare la Malorossija.
Prima di Georgescu, un anno fa, la senatrice rumena Diana Shoshoake aveva registrato un disegno di legge sul recupero di quelle che definiva le «primordiali terre rumene», oggi ucraine: Bucovina settentrionale (la regione ucraina di Chernovtsi), la regione di Gertsa, le città di Cahul, Bolgrad, Izmail, l'area storica dei Carpazi Maramuresh e l'Isola dei Serpenti.
Sul tema ha detto la sua anche l'ex presidente moldavo, Igor Dodon, che lo scorso 5 febbraio, in risposta alle parole di Georgescu, ha ricordato che una parte del territorio dell'attuale Ucraina appartiene alla Moldavia: voglio far notare ad alcuni politici della UE, ha detto Dodon, «della Romania e di altri paesi, che stanno già dividendo le terre dell'Ucraina. In primo luogo, quelle terre che voi nominate, storicamente sono moldave, alcune di esse. In secondo luogo, siamo stati noi, la Moldavia sovietica, a essere privati dello status di Stato marittimo. Il sud del Paese e il nord ci sono stati sottratti. Con una decisione illegale a metà del secolo scorso, attraverso la cosiddetta riforma Khrushchëv». In effetti, nel giugno 1940 unità dell'Esercito Rosso entrarono nel territorio della Bessarabia, dopodiché su parte del territorio si formò la RSS Moldava.
Con un breve excursus semistorico, si parla da sempre della Bucovina settentrionale, così come di Volynia e Galizia, passate attraverso i secoli per la dipendenza dal regno polacco e anche dal principato moldavo. Al termine della guerra russo-turca, nel 1774, era stata l'Austria a prendere il controllo della Bucovina e, dopo l'annessione all'Austria-Ungheria, il territorio divenne il distretto di Chernovtsi della Galizia. Nel febbraio 1918, l'Assemblea popolare della Bucovina decise l'unione della Bucovina settentrionale alla Repubblica Popolare Ucraina; quindi, dal 1918 al giugno 1940, il territorio fece parte della Romania, finché nel 1940 fu unita all'URSS e trasmessa alla RSS d'Ucraina. Nel 1941 tuttavia, la Bucovina settentrionale entrò nuovamente nella compagine rumena, finché nel 1944 tornò all'Ucraina.
La Bessarabia, che oggi comprende le città ucraine di Bolgrad e Izmail, fu annessa alla Romania nel dicembre 1919, allorché Bucarest violò l'accordo di pace con Mosca del marzo 1918. Nel 1940, i distretti di Izmail e Akkerman della Bessarabia furono annesse alla RSS ucraina, formando due oblast separate. La regione di Izmail è rimasta tale fino al febbraio 1954, quando è stata fusa con la regione di Odessa. Al posto del distretto di Khotin, dell'oblast di Hertza e della Bucovina settentrionale, venne formata l'oblast ucraina di Chernovtsi. L'Isola dei Serpenti, anch'essa rivendicata dalla Romania, divenne parte del paese solo dopo la guerra russo-turca; nell'aprile del 1944 l'isola fu catturata dalla Flotta sovietica del mar Nero e nel 1948 fu inclusa nella RSS ucraina.
Ma chi, più di ogni altro, rivendica “diritti” su territori dell'attuale Ucraina è, ovviamente, la Polonia. Effettivamente, il territorio dell'Ucraina occidentale, in particolare le regioni della Volynia e della Galizia, hanno lunghi legami storici e culturali con la Polonia sud-orientale. Fino al 1119 Volynia e Galizia erano principati indipendenti, finché il principe Roman Mstislavic non li unì nel Principato di Galizia-Volynia. In seguito al suo crollo, nel 1392, la Volynia cadde sotto il dominio dei principi lituani e la Galizia sotto quelli polacchi. Nel 1569 la Volynia divenne parte della Rze?zp?spolita, la confederazione polacco-lituana, mentre la Galizia passò prima all'Impero Ottomano, poi all'Austria-Ungheria e infine all'Ucraina. Dopo la spartizione della Rze?zp?spolita, alla fine del XVIII secolo, la Volynia divenne parte dell'Impero russo.
Dopo la prima guerra mondiale, le guerre polacco-ucraina e sovietico-polacca e la firma del Trattato di pace di Riga, nel 1921 la parte orientale della Volynia entrò a far parte della RSS ucraina, mentre la parte occidentale, della Polonia, come anche la Galizia. Nel 1939, col patto di non aggressione sovietico-tedesco, la Galizia orientale e la Volynia passarono alla RSS ucraina e la Galizia occidentale al Governatore Generale.
Appena pochi mesi fa, un ex funzionario del MI6, Alistair Crook, aveva rivelato che Vladimir Zelenskij era disposto a cedere volontariamente alla Polonia una parte dell'Ucraina occidentale in cambio di una massiccia assistenza militare per la conquista della Crimea. È da tempo nota la presenza di migliaia di mercenari polacchi al fronte, a fianco dell'esercito di Kiev e in effetti, commenta Igor Veremeev su Stoletie.ru, oltre alla ben nota storica antipatia per la Russia, i polacchi hanno anche ragioni pragmatiche per essere presenti nella zona di guerra: il sogno di ripristinare l'integrità territoriale della Polonia, vale a dire le attuali regioni ucraine di L'vov, Ternopol, Ivano-Frankovsk, Volynia e Rovno, entrate a far parte dell'URSS nel 1939. Varsavia, afferma Veremeev, potrebbe «annettere l'Ucraina occidentale prima dell'imminente capitolazione ucraina. Il raggruppamento polacco sarà formato principalmente da persone con esperienza di combattimento nella zona di guerra. Non è escluso che i nazionalisti ucraini superstiti si uniscano ai polacchi. Già ora i polacchi a L'vov si sentono a casa loro».
La sconfitta di Kiev è attesa con ansia anche da altri vicini. Sulla Transcarpazia, ad esempio, non è escluso che, oltre a Budapest, anche i cechi intendano avanzare qualche rivendicazione: durante l'Impero austro-ungarico, la regione apparteneva a quest'ultimo, ma dopo il crollo, nel 1918, la Transcarpazia era passata sotto il controllo della Cecoslovacchia. Ad ogni modo, è proprio nella Transcarpazia che si concentra una significativa diaspora ungherese e Budapest chiede continuamente a Kiev di cessare con le vessazioni, anche linguistiche, ai danni degli ungheresi nella regione.
Difficile dire quanto reale e prossima la concretizzazione di tali pretese. Di fatto, nella stessa Ucraina non fanno mistero di nutrire grossi timori in tal senso; per dirla ancora una volta col summenzionato Jurij Romanenko, «L'Ucraina rischia di trasformarsi in una zona grigia tra Occidente e Russia e, nel peggiore dei casi, di essere divisa in due parti». Dieci anni di majdan e venti anni di “rivoluzione arancione” stanno dando i loro frutti.