L'Ucraina-gate imbarazza gli Usa (Parte 2)

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L'Ucraina-gate imbarazza gli Usa (Parte 2)

Per leggere la Prima Parte

 

Lo scorso gennaio – subito dopo l'insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca – l'ex presidente ucraino Petro Poroshenko si è  congratulato con il nuovo presidente americano con un videomessaggio diffuso sui social. "Senza esagerazioni, la giornata di ieri è stata estremamente importante per il mondo, un mondo che crede nei valori democratici […] di pace e sicurezza" ha commentato Poroshenko. Come visto in precedenza, la nomina del figlio Hunter Biden nella dirigenza di Burisma aveva già messo in forte imbarazzo l'attuale presidente americano, vice di Barack Obama nello stesso periodo in cui Petro Poroshenko capitalizzava la destituzione di Viktor Yanukovich. Che il rapporto di Petro Poroshenko con gli Stati Uniti fosse di subordinazione diretta non è mai stato un segreto, ma il nesso tra Joe Biden e l'ormai ex presidente ucraino va oltre, ed è confermato dal contenuto delle loro conversazioni.

Le intercettazioni telefoniche, pubblicate nel giugno del 2020 dal parlamentare ucraino Andrey Derkach e dall'ex membro della Procura Generale Konstantin Kulik, offrono conferma di come gli Stati Uniti abbiano cominciato ad operare in Ucraina dopo il rovesciamento di Viktor Yanukovich e sulla base di quali meccanismi: quella dell'aumento esponenziale delle tariffe di gas ed elettricità è stata la logica fondamentale che ha permesso sia a Petro Poroshenko quanto ai suoi “referenti” americani di arricchirsi ai danni di un paese, l'Ucraina, che il Maidan ha trasformato nel paese più povero di tutta l'Europa (per ricchezza pro capite).

Proprio sull'aumento delle tariffe di gas ed elettricità e sulla richiesta di rimuovere dalla Procura generale personaggi sgraditi vertono le lunghe telefonate avvenute a cavallo tra il 2015 e il 2016 (quando Joe Biden era ancora vicepresidente). Nelle conversazioni è possibile ascoltare anche la voce di John Kerry, segretario di Stato del periodo in questione.

"Devi trovare un modo per risolvere il problema Shokin" aveva intimato Kerry a Poroshenko. Viktor Shokin, al tempo Procuratore Generale di Kiev, era evidentemente una figura scomoda per Biden. Così scomoda da far valere la sua rimozione ben un miliardo di dollari: dopo la rimozione di Shokin – avvenuta a breve distanza dalla telefonata tra Kerry e Poroshenko – Biden aveva nuovamente chiamato il presidente ucraino. "Adesso che il nuovo Procuratore Generale è stato nominato"  dice Biden in tono entusiasta "sono pronto a sottoscrivere pubblicamente il prestito da un miliardo". Biden si era vantato delle pressioni esercitate su Poroshenko anche pubblicamente alla Conferenza per le Relazioni Internazionali del 2019. "Gli dissi […] se il procuratore non sarà rimosso dal suo incarico non potrete ricevere i soldi" aveva raccontato Biden alla platea.

Ma perché Biden era così interessato alla rimozione di Shokin? Lo stesso Biden ha più volte sostenuto che il suo unico interesse fosse quello di riformare l'ufficio della Procura Generale. Ma sono in molti a non essere dello stesso parere. Shokin ha più volte cercato (senza successo) di portare il caso delle sue "dimissioni" in tribunale. Secondo l'ex procuratore, Biden aveva piani ben più grandi del garantire al figlio una posizione di prestigio all'interno di Burisma quando quest'ultimo aveva assunto il proprio ruolo dirigenziale nel 2014. Proprio per questo motivo Shokin aveva riaperto il caso Burisma: una scelta che, secondo lui, gli sarebbe poi costata l'ufficio di Procuratore Generale.

Come detto in precedenza, Kulyk aveva riportato una maxitangente di 50 milioni offerta ai vertici del NABU (l'ente anticorruzione, che in Ucraina è stato fondato - con una certo cattivo gusto - proprio per volontà degli Stati Uniti!) per chiudere il caso Nikol Zlochevsky. Ma le autorità ne avevano denunciati "soltanto" 6: la differenza tra le due cifre sarebbe stata legata al coinvolgimento dei Biden, la cui protezione avrebbe avuto un prezzo ben più alto di quella del solo Zlochevsky.

Ma i contenuti delle conversazioni non riguardano solo Shokin. Biden si era personalmente preoccupato di mettere una buona parola per i suoi uomini di fiducia, Andrey Kobolyev e Amos Hochstein. I due sono stati entrambi parte dell'esecutivo di Naftogaz, altro gigante del settore energetico ucraino. E, guarda caso, Naftogaz è la stessa società coinvolta nello schema di rivendita di gas russo - reverse flow - denunciato da Derkach e Kulyk. "So che il primo ministro non è felice di questo" aveva detto in tono preoccupato Biden a Poroshenko, in riferimento allo scontento di alcuni vertici politici ucraini con la posizione di Kobolyev all'interno di Burisma.

Ma anche le parole di Poroshenko lasciano poco spazio all'immaginazione: "Abbiamo alzato il costo delle tariffe di luce e gas del 100%. Gli USA si aspettavano un incremento del 75%" si vanta al telefono l'ex presidente ucraino. Non si capisce essattamente perché Poroshenko dovrebbe ostentare di aver raddoppiato il costo delle bollette di luce e gas per i cittadini ucraini, a meno che non si consideri Joe Biden come beneficiario – diretto o indiretto - di tale aumento dei costi. In parole semplici, Biden si arricchirebbe in quanto i primi beneficiari dell'innalzamento dei prezzi sarebbero stati gli uomini di cui Biden aveva imposto la nomina nella dirigenza di società come Naftogaz e Burisma.

Naturalmente non sono mancati i tentativi di mettere dubbi sull'autenticità delle conversazioni registrate: "Chiaramente modificate" aveva dichiarato uno degli uomini di Biden a Washington. Altri, invece, avevano tanto di screditare la figura di Andrey Derkach, e con lui tutti i fatti – difficilmente smentibili - che il parlamentare ha denunciato.

A sostenere le denunce di Andrey Derkach sono state anche figure lontane da Putin, come l'ex pilota dell'aviazione militare ucraina Nadia Savchenko, che ha combattuto da volontaria nella guerra del Donbass finendo prima catturata dalle milizie filorusse del Donbass per poi venire processata e condannata in Russia: lo scandalo dell'Ucraina-gate viene ripercorso da  Nadia Savchenko nel documentario “Ukranian Lives Matter”, da lei presentato alcune settimane fa e diffuso in rete. Anche Yuriy Lutsenko, il procuratore subentrato a Shokin per -sub-ordine di Petro Poroshenko e volontà dell'attuale presidente americano, era arrivato ad ammettere le responsabilità di Joe Biden, prima di ritrattare la sua ammissione.

Intanto l'eresia di Andrey Derkach è stata punita da varie sanzioni americane, inflitte addirittura ai suoi figli: alla figlia, residente negli Stati Uniti, è stato revocato il visto da residente. Oltre a ciò Andrey Derkach si è visto costretto a ritirare il figlio di 10 anni dalla scuola privata (affiliata all'ambasciata americana) in cui studiava a Kiev. Metodi che danno lustro alla somma democrazia americana.

 

(CONTINUA...)

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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