L'ultimo dei Giornalisti
6394
di Alessandro Bianchi
Serviva un sabato pomeriggio romano, nello storico quartiere di Testaccio, per riscoprire le vene aperte del giornalismo.
Gianni Minà, un gigante di una professione che ha visto lentamente morire in occidente, ha presentato, di fronte a 450 persone entusiaste accorse al Teatro Vittoria, un'intervista inedita del 2003 a Hugo Chavez Frias, l'ex presidente del Venezuela e leader della rivoluzione bolivariana. Un gigante politico dei nostri tempi, morto prematuramente tre anni fa, intervistato da un gigante del giornalismo occidentale, emarginato da questo nostro mondo che si crede libero. “Questa professione in occidente è totalmente morta. Io sono da anni che non lavoro più. Ma l'ho accettato e non mi lamento. E' il prezzo che si esercita per la libertà”.
Organizzato dall'Ambasciata del Venezuela in Italia, l'evento del Teatro Vittoria del 5 marzo resterà per chi l'ha vissuto un momento memorabile. Centinaia e centinaia di persone accorse e ipnotizzate per ore nell'ascoltare il Comandante Hugo Chavez prevedere nel 2003 il mondo di oggi. Profetizza la nascita dell'Alba, gli attacchi del neo-liberismo che non avrebbe mai accettato l'emancipazione dell'America Latina, il ruolo del petrolio come strumento di minaccia geopolitica e le destabilizzazioni mirate degli ultimi anni. Nell'ascoltare Chavez nell'intervista inedita di Minà vengono alla mente le immagini di questa settimana del fermo contro Lula, della morte di Berta Caceres in Honduras e della chiusura di Telesur in Argentina da Macri. Ascoltando le parole di Chavez che racconta il colpo di stato del 2002 in ogni singolo particolare, scorrono alla mente immediatamente le Guarimbas del 2014, la guerra economica incessante contro Caracas, i dispacci di Wikileaks sui tentativi di omicidio contro Morales partiti dall'ambasciata Usa, la destabilizzazione contro Correa e contro tutti coloro che sognano un continente di pace, sovranità, diritti e autodeterminazione. Tutto quello che il neo-liberismo non può accettare. Nell'ascoltare Chavez rispondere “io a te neanche ti ignoro” all'ex ambasciatore Usa a Caracas che lo definiva un dittatore sanguinario; nell'ascoltare, infine, il meraviglioso parallelo tra la nonna contadina che sapeva anticipare la pioggia ascoltando il vento e il suo sesto senso sul “vento del popolo”, viene in mente l'eredità più grande dell'uomo Chavez a tutta l'America Latina, un'eredità che l'ha reso immortale: l'aver gettato il seme della consapevolezza in un intero continente. Quella consapevolezza che un popolo informato, istruito e sovrano possa e potrà sempre spezzare le catene della schiavitù in qualunque momento. L'America Latina è stato per anni un esperimento della schock economy, a cui sono state iniettate overdose di neo-liberismo. Non potrà più avvenire.
Tutto questo ci ha raccontato Gianni Minà sabato al Teatro Testaccio, ridicolizzando pseudo-giornalisti e pseudo politici che dall'occidente pontificano su tutto e vengono ridicolizzati continuamente, da ultimo con il “terrorista” Castro che ha mediato un incontro religioso che mancava da mille anni. Per questo sono profondamente grato a un uomo che la “libera” informazione occidentale ha messo ai margini: Gianni Minà, l'ultimo dei Giornalisti.