M5S, Grillo e noi

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La Leopolda 2.0 con la quale Giuseppe Conte ha messo la pietra tombale su quel Movimento nel quale il 33% degli elettori italiani aveva riposto le sue (ultime) speranze nel 2018, merita tante analisi e riflessioni che stiamo ancora metabolizzando ed elaborando.  

La votazione - accompagnata da un triste applauso - con la quale si è deciso di espellere il padre spirituale del Movimento, dal suo ruolo di garante, necessita però un primo commento articolato in quattro premesse e una conclusione.

Prima premessa. L'imposizione del governo Draghi, il ruolo attivo dell'Italia nel conflitto in Ucraina che sta aprendo per l'Europa scenari apocalittici e in generale un movimento che non ha saputo divenire per chi lo ha votato quel veicolo di cambiamento promesso, sono responsabilità diretta di chi lo ha creato, ideato e datogli le strutture per camminare e divenire quello che è oggi. 

Seconda premessa. Nonostante i milioni di voti persi da quel 2018, il Movimento 5 Stelle rappresenta oggi l'unica forza in grado di offrire un'alternativa possibile in un ginepraio di insignificanti atomi litigiosi. La battaglia al suo interno rappresenta, dunque, l'unica partita politica che realmente conta per chi non si arrende alle barbarie del sistema fallito e fallimentare che ci attanaglia. 

Terza premessa. Il corso del Segretario Conte ha trasformato il Movimento 5 Stelle in una sterile costola del Pd come i Verdi e Sinistra italiana. In campagna elettorale possono sedurre strati di elettorato, ma sempre per conto e su mandato del PD. 

Quarta premessa. Perché nelle istituzioni ci possa essere una voce che porti avanti reali istanze di cambiamento è necessario un nuovo corso all'interno del Movimento 5 Stelle.  

Al momento nessuno che non sia il suo fondatore, Beppe Grillo, può fornire questa scintilla. La decisione di chiedere di ripetere la votazione - un suo diritto come Garante in carica - è un segnale che lo impegna ad una discesa in campo comunicativa nella quale le prime tre mosse non potranno che essere queste: le scuse per gli errori commessi (primo fra tutti la scelta di Conte), il ritorno al programma del 2018 come base di riferimento valoriale (totalmente disatteso dai governi Conte I, Conte II, Draghi e dall'attuale segretario), porre come regola (più importante anche dei due mandati) l'alterità al PD. Se, e solo se, lo farà, l'AntiDiplomatico sarà in prima linea con lui. Mai come oggi il "Pdl e Pdmenoelle" è lo slogan giusto da cui ripartire.

Alessandro Bianchi

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