Ma è davvero la pace quella che cercano a Kiev?

5141
Ma è davvero la pace quella che cercano a Kiev?



di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Appena il tempo che il vapore acqueo del suo fiato si condensasse, dopo che aveva giurato di aver «sempre sostenuto la posizione di non colpire il settore energetico con alcuna arma» ed ecco che la risposta di Vladimir Zelenskij al colloquio telefonico Putin-Trump e alla decisione sui 30 giorni di reciproco cessate il fuoco marino e aereo - specificamente sugli impianti energetici russi e ucraini - è stata il colpo portato da Kiev sull'impianto petrolifero russo di Kropotkin, nel Territorio di Krasnodar. Vero è che, stando alle prime versioni, l'incendio che ne è scaturito sarebbe stato provocato dagli spezzoni di un drone ucraino abbattuto dalla difesa aerea russa; ma, evidentemente, obiettivo del drone stesso era proprio l'impianto petrolifero.

Così vanno le cose, dopo che il “capriccioso” neo-banderista in felpa e tridente se l'è presa proprio a male per una più che evidente considerazione rilasciata a Sky News dall'analista militare britannico Michael Clarke, sul fatto che Kiev figurasse nel “menù” dei colloqui russo-americani. «C'è un detto nei circoli diplomatici» aveva affermato Clarke, «e cioè: “se non sei seduto al tavolo, vuol dire che sei nel menù”; e credetemi, l'Ucraina è nel menù».

Apriti cielo: «Non siamo né insalata né succo da bere nel menù di Putin, malgrado il suo appetito» ha digrignato Zelenskij, nonostante che, a giudicare dai risultati dei colloqui, gli appetiti di Putin siano piuttosto modesti: Crimea e le quattro regioni di Donetsk, Lugansk, Khersòn e Zaporož'e e, se un accordo più concreto venisse raggiunto a breve scadenza, nota Kommersant (il Sole 24 Ore russo), Mosca potrebbe rinunciare ad avanzare pretese su Odessa e la sua regione.

Anzi, già nei giorni scorsi, i commenti di alcuni osservatori russi insistevano sulla convinzione per cui un accordo che, in questo momento, accontenti Kiev, sarebbe una sconfitta per Mosca. Tanto più che, nota qualcun altro, un cessate il fuoco è ben diverso da una capitolazione, quale ci si sarebbe potuti aspettare dalla disastrosa situazione ucraina al fronte. E, in fondo, la tregua di un mese potrebbe comunque dare più che respiro alle frantumate forze ucraine. Inoltre, il proseguimento delle forniture e dell'assistenza a Kiev deciso dai farabutti tagliagole di Bruxelles somiglia troppo all'ormai tristemente famoso “tavolo a quattro” (meglio sarebbe dire: tre contro uno) del “Minsk 2” nel febbraio 2015, con Putin in un angolo e, nell'altro, Porošenko, assistito da Hollande come trainer e Merkel quale massaggiatrice.

D'altra parte, osserva il politologo ucraino Pavel Šchelin, Trump finisce per «perdere tempo... l'Ucraina ora parla di pace e di cessate il fuoco, non perché ne abbia bisogno, ma perché ha bisogno di prendere tempo. Il calcolo ucraino è che tra due o tre mesi questa sarà la guerra di Trump, mentre oggi si può ancora dare la colpa di tutto al malvagio Biden... prima o poi Trump si troverà coinvolto in molti conflitti contro la propria volontà», Dunque Kiev prolunga il conflitto per trasformarlo nella guerra di Trump.

E, a giudicare dagli umori delle frange più oltranziste del nazismo ucraino, le cose dovrebbero andare proprio in quella direzione. Basti ascoltare, per dirne uno, Dmitrij Korcinskij, secondo il quale la pace è un'umiliazione, mentre la guerra è lo stato naturale degli ucraini: «La pace ci piacerà ancor meno della guerra. Dio ha dato all'Ucraina l'onore nazionale, che stiamo difendendo con dignità da tre anni... rimpiangeremo amaramente i tempi della guerra... Questa è una pace sotto la pressione degli americani». L'Ucraina si trasformerà in terreno di lotta politica, ha detto il nazista, come se possano chiamarsi “politici” gli agguati affaristico-criminali che da oltre una ventina d'anni caratterizzano quella che era stata la più sviluppata Repubblica dell'URSS. Ci sarà «un maggiore esodo di ucraini all'estero. E mentre i primi rifugiati ucraini hanno suscitato simpatia, dopo saranno sempre più disprezzati». Non si preoccupi Korcinskij: già da tempo l'atteggiamento di molti suoi connazionali non viene più sopportato nemmeno in quei paesi che, ufficialmente, sono più “benevoli” verso Kiev.

Non dappertutto, però, ovviamente, si attenuano le “tenerezze” verso Kiev e, guarda caso, anche laddove forse meno ci si aspetterebbe, dato il clima mutato con l'avvento di Trump. L'ex comandante in capo delle forze americane in Europa, il tenente-generale a riposo Ben Hodges, intervistato dal canale ucraino “FreeDom”, ha detto papale papale che «Se nel giro di sei mesi si raggiungerà un accordo negoziato, allora ci dovrà essere una forza di pace, oppure degli osservatori o altro. Perché nessuno crede che il Cremlino onorerà un qualsiasi accordo. Non ci sono prove che abbiano mai rispettato un accordo. Non ci si può fidare del Cremlino» ha detto Hodges, rubando così il copyright alla iena antropomorfa che, dai banchi di Bruxelles, la scorsa settimana, aveva ammonito l'Europa che «Putin ha dimostrato più volte di essere nostro nemico, non ci si può fidare di lui, lo si può solo contenere».

Naturalmente, dice il generale, c'è bisogno di una «forza che assicuri il rispetto degli accordi. E non possono essere osservatori come durante il processo di Minsk. Devono essere soldati veri. Non forze di pace dell'ONU, ma soldati veri con capacità e poteri, con regole di ingaggio che entreranno in vigore non appena la Russia violerà gli accordi». Perché, è scontato che Mosca non possa che violare gli accordi, sempre e comunque; mica come tutti i ras della junta nazigolpista di Kiev, di cui non si può far altro che fidarsi senz'altro e che stragiurano di «non colpire il settore energetico con alcuna arma» e, un'ora dopo, mandano droni su impianti petroliferi. Ma, si sa, loro sono “uomini d'onore”, proclamerebbe un novello Marc'Antonio shakespeariano.

Ma il pacifista Hodges – perché, è chiaro, “loro” sono pacifisti: dirà qualcuno da qualche palco, confondendo i termini della questione – non si ferma qui. Dal momento che «non ci si può fidare del Cremlino» e l'argomento che più “irrita” il Cremlino è l'ipotesi di un'Ucraina nella NATO, ecco che lui si dice «pienamente convinto che l'Ucraina debba diventare membro della NATO, perché ciò aumenterebbe la sicurezza di tutta l'Europa. L'Alleanza sarebbe immediatamente migliore con le truppe ucraine. Centinaia di migliaia di soldati ucraini, tutta l'esperienza...», soprattutto quella che possono portare in dote i terroristi di “Azov” o di altre brigate naziste ora inquadrate nell'esercito “regolare” di Kiev. Perché, dice Hodges, «l'idea che se l'Ucraina si unisse all'Alleanza, tutti si troverebbero immediatamente in stato di guerra con la Russia, è completamente falsa. È quello che i russi vogliono farci credere».

Qualcuno si sbrighi a ricordare al signor Hodges che già la settimana scorsa il segretario generale della NATO Mark Rutte ha detto che la questione dell'adesione ucraina non è all'ordine del giorno. Ma lui insiste, cambiando appena un po' registro: «La fine del militarismo russo» può venire solamente dalla sua disfatta sul campo. «Una disfatta. Devono essere sconfitti. Se non vengono sconfitti, continueranno. Ci sarà un altro Putin o qualcuno come lui. Le riforme in Russia arriveranno solo dopo che saranno stati sconfitti nel conflitto. E noi non dobbiamo avere paura di questo e preoccuparci di ciò che accadrà». Il “militarismo russo” contro il “pacifismo” euroatlantico: vuoi mettere la sfida!

E tutti loro sono in buona compagnia: sia il nazista Korcinkij, che il “pacifista” Hodges. Tutti nelle retrovie, per carità; al fronte basta che ci vadano i ragazzi ucraini. Loro devono conservarsi al sicuro, per ripetere anche domani e dopodomani le omelie di oggi e ieri, in buona compagnia con quanti, dalle pagine del Corriere della Sera (e dove altro, se no?) danno le strigliate agli italiani (avete fatto caso, anche accendendo la TV una sola mezz'ora al giorno, come sia aumentata algebricamente la frequenza del termine “italiano”? Sapore italiano, valori italiani, materassi italiani, orecchie italiane, peluria italiana...) colpevoli, secondo i sondaggi, di aver «scelto l’equidistanza fra l’aggredito e l’aggressore», con i «contrari al piano di riarmo europeo sono oggi in numero maggiore dei favorevoli». Non sia mai, tuona il signor Angelo Panebianco che, onorato come d'uopo il ritrito sermone liberal-metafisico su “aggredito” e “aggressore”, tira le orecchie anche a quanti vorrebbero vedere forze “di pace” italiane in Ucraina, «ma non come europei impegnati a garantire la sicurezza di Kiev, e quindi dell’Europa» - qui la consequenzialità dei due soggetti è davvero sbalorditiva: un tesoro - «bensì sotto le bandiere dell’ONU. L’ONU è infatti, per tanti italiani, il ricettacolo di ogni virtù, campione e simbolo di un cosmopolitismo che dovrebbe trascendere (una pia illusione, ovviamente) la dura realtà dei rapporti di forza e delle lotte per la potenza».

Ma, davvero, questi fanno a gara a rubarsi reciprocamente il copyright; Benjamin a Ursula; Angelo a Ben, univoci: non vogliamo le mezze calzette dell'ONU, ci vogliono «soldati veri». E che diamine. Vuoi mettere una “forza europea”! E giù con l'ormai vomitevole litania degli «ottant’anni di pace di cui ha goduto l’Europa», che, a detta dei “pacifisti” del Corriere, sarebbero stati garantiti – forse garantiti a loro, di via Solferino: che vadano a raccontarlo a qualcuno di Belgrado; che ci vadano a muso scoperto, però – dalla «deterrenza militare». Ottant'anni di “pace”, non grazie al fatto «che gli europei si erano convertiti al pacifismo, ispirati da chissà quali alti valori. No, è dipesa dal fatto che l’Europa era protetta dal sistema di deterrenza americano. È proprio perché quella protezione sta venendo meno che dobbiamo, per quel che è possibile, tentare di sostituirla». Magari, dice sconsolato il signor Panebianco, la signora Albrecht «avrebbe dovuto scegliere una parola meno ansiogena di “riarmo” ma è anche vero che ci sono momenti in cui persino l’elettroshock può risultare utile: si trattava e si tratta di dare la sveglia agli europei (italiani e tedeschi in testa), di spiegare loro che essi non abitano più nel paese dei balocchi, che il mondo è radicalmente cambiato». Riarmiamoci, sì, ma chiamiamolo, che so, “organizziamoci coi materassi a terra”, avrebbero suggerito i picciotti di don Vito Corleone.

Insomma: in un modo o in altro, ma sempre il solito riarmiamoci e partite. È cambiato poco, in via Solferino, dove “la sveglia” la si vuol dare ancora, come ottanta o novant'anni fa, a suon di baionette e saluti al duce. Non sono nemmeno da compatire, dato che in piena coscienza «vanno a tastoni per le tenebre, senza luce, e barcollano come ubriachi» (Giobbe, 12-25).

 

 

 

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Trump-Zelensky, leggere la realtà di Marco Bonsanto Trump-Zelensky, leggere la realtà

Trump-Zelensky, leggere la realtà

Loretta Napoleoni -  Quel vento di scisma tra i cattolici Usa di Loretta Napoleoni Loretta Napoleoni -  Quel vento di scisma tra i cattolici Usa

Loretta Napoleoni - Quel vento di scisma tra i cattolici Usa

Dove eravate quando Schauble umiliava la Grecia? di Paolo Desogus Dove eravate quando Schauble umiliava la Grecia?

Dove eravate quando Schauble umiliava la Grecia?

Trump, la UE e il grande affare sulla pelle dei migranti di Geraldina Colotti Trump, la UE e il grande affare sulla pelle dei migranti

Trump, la UE e il grande affare sulla pelle dei migranti

Israele, la nuova frontiera del terrorismo di Clara Statello Israele, la nuova frontiera del terrorismo

Israele, la nuova frontiera del terrorismo

La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo di Leonardo Sinigaglia La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo

La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo

Presidenti con l'elmetto di Giuseppe Giannini Presidenti con l'elmetto

Presidenti con l'elmetto

"Il crollo": dal G8 di Genova al riarmo europeo 2025 di Michelangelo Severgnini "Il crollo": dal G8 di Genova al riarmo europeo 2025

"Il crollo": dal G8 di Genova al riarmo europeo 2025

La California verso la secessione dagli Stati Uniti? di Paolo Arigotti La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

Gli occidentali sono i buoni? di Michele Blanco Gli occidentali sono i buoni?

Gli occidentali sono i buoni?

Elsa Fornero e l'elogio alle ferite del riarmo di Giorgio Cremaschi Elsa Fornero e l'elogio alle ferite del riarmo

Elsa Fornero e l'elogio alle ferite del riarmo

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti