Manovra di Bilancio. Riuscirà il Governo Meloni a soddisfare le richieste Ue?

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Manovra di Bilancio. Riuscirà il Governo Meloni a soddisfare le richieste Ue?

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di Federico Giusti

La presentazione del Piano strutturale di Bilancio del Governo Meloni e la sua approvazione in Parlamento saranno elementi portati della Manovra economica da approvare entro l’anno.

Ma a leggere il Piano si capisce bene il riposizionamento dell’Italia non solo nei dettami della finanza comunitaria (ossia i parametri di Maastricht recentemente oggetto di parziale revisione) ma anche in un’ottica comunitaria come indicato, in parte, dal Documento della Produttività di Mario Draghi.

Leggiamo della necessità di compiere azioni comuni per rafforzare la resilienza economica e sociale, sostenere la crescita dei ritardi del sistema italico ribattezzati inadeguatezza nell’adozione delle nuove tecnologie. Paradossalmente con una sanità al collasso il Governo ammette che il nostro Paese risulta particolarmente esposto all’eventualità di nuove pandemie, rispetto alle quali le popolazioni più anziane sono mediamente più fragili.

Non mancano i riferimenti alla rivoluzione digitale e all’economia green senza prendere atto che manca, e non ci sono i fondi per attuarlo, da decenni un piano di salvaguardia delle aree a rischio ecologico. La contropartita richiesta dalla Ue per concedere 7 anni nei quali l’Italia dovrà rientrare nei parametri europei del rapporto tra spesa e Pil si evincono da numerosi passaggi del testo, ne menzioniamo per esigenze di sintesi solo uno

Una delle priorità per sostenere la crescita è incentivare e sostenere l’espansione delle aziende europee, soprattutto nel settore tecnologico. Favorire la crescita delle aziende permette di investire di più in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica, stimolando la creazione di posti di lavoro e riducendo il divario di innovazione con i partner internazionali. Le aziende più grandi hanno anche maggiore capacità di competere sui mercati internazionali, attrarre investimenti e influenzare gli standard globali, particolarmente cruciali nell’era digitale e dell’innovazione. Per raggiungere questi obiettivi, è fondamentale che l’UE e gli Stati membri adottino politiche mirate che facilitino l’accesso al capitale privato, promuovano partenariati pubblico-privati e creino un ambiente regolatorio favorevole alla crescita sostenibile delle imprese.

Mentre si continua a promettere tasse piatte per i lavoratori autonomi proponendone la estensione il documento programmatico prende atto della necessità di innovare tecnologicamente le imprese fondendole tra di loro (ed è immaginabile la perdita di posti di lavoro dentro una ristrutturazione industriale del genere) , di attivare politiche atte alla svendita del patrimonio pubblico per favorire i capitali privati.

E non mancano gli obiettivi comunitari quali completare la doppia transizione verde e digitale, garantire la sicurezza economica e militare e promuovere l’innovazione e la ricerca per mantenere o acquisire un vantaggio competitivo nel panorama tecnologico globale.

Meloni si scopre più draghiana del precedente presidente del Consiglio ove viene scritto:

L’Unione europea si trova, dunque, ad affrontare un periodo decisivo in cui la cooperazione e l’integrazione economica sono più cruciali che mai per il raggiungimento delle priorità comuni che sono state definite. In questo contesto, il recente rapporto presentato da Mario Draghi su ‘Il futuro della competitività europea’ ha messo in luce i gap in termini di innovazione e produttività dell’Unione europea rispetto a Stati Uniti e Cina, richiamando l’urgenza di interventi coordinati da parte degli Stati membri su tre aree prioritarie: innovazione (con focus sulle tecnologie avanzate e sul potenziamento del capitale umano), decarbonizzazione (energia e transizione climatica) e sicurezza (anche attraverso accordi commerciali preferenziali, investimenti in settori critici selezionati e partenariati industriali).finire entro l’anno

Queste sono alcune delle premesse con le quali si apre il confronto parlamentare, obiettivo non è solo quello di rispettare alla lettera i nuovi vincoli Ue,  con il ricorso a quasi 52 miliardi di deficit aggiuntivo in tre anni, ma di promuovere investimenti in ambiti richiesti espressamente dalla Ue.

Si sceglie, sotto la supervisione europea, di accrescere il deficit ma al contempo di tagliare innumerevoli spese, non quelle militari, con ripercussioni negative sulla politica salariale e sul welfare.

La domanda senza risposta resta, comunque, la stessa ossia se l’Italia possa permettersi tassazioni agevolate per le partite iva e un sistema fiscale iniquo e non progressivo ma per compiacere il programma elettorale saranno confermate queste scelte indirizzando i tagli ad altri capitoli di bilancio ad esempio, lo diciamo noi per mettere le mani avanti, gli ammortizzatori sociali.

Ed è ormai acclarata una ridottissima crescita dell’economia ma in presenza di una maggiore flessione del valore reale della spesa fino all’1,75% previsto nel 2029.

Detto in altri termini la spesa, in primis quella sociale e previdenziale, dovrà fermarsi e gli spazi di manovra della finanza pubblica saranno assai limitati.

Per la sostenibilità della manovra di bilancio è necessario un certo aumento delle entrate che in presenza dell’attuale sistema fiscale ci sembrano alquanto improbabili.

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