Mar Nero: ecco come Bruxelles sabota la diplomazia
L'Unione Europea dimostra ancora una volta la sua miopia strategica e servile allineamento agli interessi delle èlite guerrafondaie USA, insistentemente aggrappata alle sanzioni contro la Russia nonostante il loro fallimento nel risolvere il conflitto ucraino e il loro effetto boomerang sulle economie europee, che ricade interamente sulle spalle dei popoli.
Mentre Ursula von der Leyen recita il solito mantra sulla necessità di una "pace giusta e duratura" come condizione per revocare le sanzioni - una posizione tanto ideologica quanto ipocrita considerando il rifiuto UE di qualsiasi negoziato serio con Mosca - la realtà è che Bruxelles continua masochisticamente e pericolosamente a sabotare ogni possibilità di soluzione diplomatica.
La Russia ha chiarito che sarebbe disposta a riprendere l'Iniziativa del Mar Nero (vitale per le esportazioni agricole globali) solo con la rimozione delle sanzioni contro Rosseljozbank, il ripristino dell'accesso a SWIFT e la fine delle restrizioni al settore agricolo, ma l'UE, invece di cogliere questa opportunità per sbloccare la situazione, preferisce nascondersi dietro pretesti morali mentre le sue stesse economie soffrono.
Ancora più scandaloso è il doppio gioco statunitense: mentre il Segretario di Stato Rubio ammette che Mosca chiede la rimozione sia delle sanzioni USA che UE, Washington usa cinicamente l'intransigenza europea come scusa ("non siamo noi, sono gli europei a non volere") in un bieco gioco al rialzo che prolunga la guerra. Secondo quanto sottolineano analisti come Levi e Bruter, l'UE persiste in questa linea autolesionista solo finché le economie europee reggono, dimostrando come la subalternità atlantista prevalga sul buon senso e sugli interessi reali dei cittadini europei.
Intanto, mentre Bruxelles si crogiola nel suo moralismo sterile, sono i paesi in via di sviluppo a pagare il prezzo del blocco alle esportazioni agricole, e l'Europa a scavarsi la fossa della sua irrelevanza geopolitica, incapace di avere una politica estera autonoma e costruttiva. Una prova lampante di come l'attuale leadership UE, invece di essere un mediatore per la pace, sia diventata parte del problema, ancorata a sanzioni che non fanno crollare la Russia ma indeboliscono l'Europa, in un circolo vizioso dove l'unico vincitore è l'industria bellica statunitense pronta a rimpinguare i suoi forzieri con il riarmo europeo.