Mascherine e scuola: come fate a non indignarvi?
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Con le folle oceaniche nei concerti o nei festeggiamenti recenti di Milan e Roma, l'accanimento sull'uso delle mascherine nella scuola lascia chiaramente trapelare che ci sia un messaggio chiaro dei "migliori" verso le nuove generazioni. Un modo per punire ed educarle come dimostrerebbe la famosa foto di Draghi e Zaia, rigorosamente senza, attorniati da bambini delle elementari mascherati.
Si impone una riflessione se, come è quasi sicuro, i "migliori" non siano riusciti nemmeno a togliere l'assurdo obbligo per gli esami di maturità!
Nessuno studio accreditato a livello internazionale, fino ad oggi, è riuscito a stabilire una correlazione tra l'obbligo delle mascherine nelle scuole e l'efficacia delle stesse di proteggere dalle infezioni covid. Anche il più recente studio danese non ha saputo riscontrare differenze significative in merito alla percentuale di alunni contagiati tra distretti scolastici con obbligo di mascherine e distretti dove i bambini possono frequentare senza alcun presidio.
Allora perché privare di ossigeno e libertà di espressione, socialità e movimento i nostri ragazzi? Lo ha spiegato il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, in una dichiarazione che non ha suscitato la doverosa indignazione e il meritato scalpore: “L’obbligo di mascherina a scuola non credo sia una scelta prettamente scientifica, ma è più un’interpretazione politica”.
È, quindi, una sorta di esperimento educativo?
Abbiamo già avuto modo di parlare del bonus psicologico come una forma di psichiatrizzazione individuale di un disagio meramente sociale, ma non avevamo ancora letto le vergognose, preoccupanti, conclusioni emerse dal convegno congiunto Sinpia (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) e Sinpf (Società di NeuroPsicoFarmacologia) dal titolo: “Psicofarmacologia clinica in età evolutiva: efficacia, sicurezza e implicazioni nelle successive età della vita” che si è tenuto ieri a Cagliari.
Il disagio dei bambini e degli adolescenti, si trasforma in una "carenza di capacità di resilienza", che presenta i prodromi di una futura patologia psichiatrica grave, se non trattata in tempo con i farmaci.
Riportiamo alcuni passaggi:
"La pandemia non solo ha aumentato i casi di disagio psico-emotivo nei giovani ma ha anche raddoppiato gli accessi di pazienti presso centri e ospedali specializzati – spiega Alessandro Zuddas, Vicepresidente SINPIA e professore di Neuropsichiatria dell’Infanzia e Adolescenza all’Università di Cagliari –. In mancanza di un adeguato supporto sociale o sanitario, dall’insegnante ed altri adulti di riferimento extra-familare (es. allenatore sportivo) e dalla drammatica diminuzione dell’interazione diretta con amici e compagni, sono esplosi in manifestazioni serie e con esse anche la prescrizione di farmaci. In relazione a quest’ultimo aspetto sono emerse diverse criticità: ad esempio le scelte prescrittive incongrue, orientate a antidepressivi o antipsicotici efficaci e sicuri negli adulti, molto meno nei bambini e ragazzi."
Forse dopo questa premessa il neuropsichiatria infantile avverte che NON bisogna trattare il disagio sociale con i farmaci? No, il nostro sembra disconoscere e abiurare la stessa legge statale 180 del 1978, nota come legge Basaglia.
Infatti, consiglia altri farmaci ad hoc per i bambini. "Oggi invece disponiamo anche per i giovani di un importante armamentario terapeutico, di sicura efficacia come dimostrano dati di letteratura. Da qui la necessità di (in)formazione fra la classe medica e la popolazione, genitori e ragazzi".
"Se non trattati i disturbi persistono in età adulta"
Claudio Mencacci, Co-Presidente Sinpf e direttore emerito di Psichiatria all’Ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano, spiega che "la prevalenza di questi disturbi tende ad aumentare con la crescita del bambino per raggiungere un picco in adolescenza e trascinarsi in età adulta. Si stima però che solamente la metà di questi disturbi vengano appropriatamente diagnosticati e che di questi solo un quinto può venir preso in carico dai servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e Adolescenza. Oltre che alla carenza di servizi dedicati, ciò è aggravato dal persistere di disinformazione, tabù e stigma sociale e culturale difficili da abbattere, con conseguenze importanti sul bambino/adolescente; la frequente condizione di comorbilità con altri disturbi psichiatrici contribuisce a complicare il quadro clinico e la risposta ai trattamenti". E ancora: "Insomma, se è vero che con la pandemia sono aumentati i disturbi mentali in bambini e adolescenti, e che non di rado essi sfociano in atti di autolesionismo e tentativi di suicidio, è altrettanto vero che un ruolo importante è quello dei genitori, che non devono esitare nel chiedere aiuto ma rivolgersi a un esperto dedicato all’insorgenza di un iniziale sintomo o in presenza di difficoltà in età evolutiva, per evitare l’evoluzione verso una conclamata patologia."
In altri termini, terra terra: se provi disagio, sofferenza, paura, depressione, per aver vissuto 3 inverni tra didattica a distanza e mascherina a scuola, per non aver più potuto giocare con i tuoi pari o festeggiare un compleanno, se non hai più potuto raggiungere la scuola o andare al cinema senza lasciapassare, se non hai più potuto vedere i nonni perché sei un possibile untore, se stai subendo anche un clima familiare e sociale di stress, di ipocondria o apartheid, se la tua famiglia sta affrontando le drammatiche conseguenze della gestione pandemica a livello psicologico e socioeconomico e adesso guarda con terrore la futuro di un'economia di guerra....
allora sei potenzialmente un adulto malato psichiatrico e conviene non perdere tempo, bisogna imbottirti di psicofarmaci "adatti alla tua età"...
Ci avviciniamo sempre più velocemente e incoscientemente al modello sociale statunitense, dove un bambino vivace è curato con la diagnosi di iperattività, dove chi fallisce rispetto all'obiettivo del successo è colpevole, disadattato, non omologabile, da emarginare, pericoloso sintomo di un modo di sentire non conforme.
E proprio dagli USA oggi ci arriva la notizia di un bambino di 10 anni, arrestato con le manette e messo alla gogna da un video girato e diffuso in rete dalle stesse forze dell'ordine.
Il bambino aveva inoltrato degli SMS alla scuola minacciando di effettuare una strage. Come riporta oggi Skytg24, "la minaccia segue la strage alla scuola elementare di Uvalde in Texas, dove un diciottenne ha aperto il fuoco e ucciso 21 persone. E' stato lo stesso sceriffo a pubblicare sui social ufficiali della stazione di polizia il video dell'arresto del bambino. Nel filmato si vede un agente portare il bimbo ammanettato all'interno dell'auto della polizia. "Il comportamento di questo studente è disgustoso, soprattutto dopo la recente tragedia di Uvalde, in Texas. "Assicurarsi che i nostri figli siano al sicuro è fondamentale. Avremo legge e ordine nelle nostre scuole! Il mio team non ha esitato un secondo", ha scritto su Facebook Marceno.
Ma porsi il dubbio che il vero colpevole sia proprio questo modello sociale, che vorrebbe anche essere d'esempio al mondo, è così difficile o si incappa nello stigma "novax- putiniano"?