Migranti, la doppia faccia del capitalismo

In Italia, si bloccano i migranti in mare, eppure, da destra come dal “centro-sinistra”, ci s'indigna per “l'emergenza umanitaria” provocata dal flusso di migranti venezuelani alle frontiere

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Migranti, la doppia faccia del capitalismo



di Geraldina Colotti
 

"Maduro es una bestia". Testuale. A esprimersi con tanta “finezza” contro un capo di stato è l'ex sindaco di Lima Ricardo Belmonte, che si ricandida a governare la capitale peruviana con l'appoggio di Perù Libre: un partito di orientamento socialista, affiliato al Forum di San Paolo che si dichiara internazionalista...


A incalzarlo sull'”emergenza” dei migranti venezuelani è la signora Milagros Leiva, che conduce il programma di Atv noticias, Edicion Matinal. Una Patricia Poleo in sedicesimo formato peruviano, che non fa il benché minimo sforzo per apparire credibile nel suo mestiere.


Qualche giorno prima di essere invitato in televisione, Belmonte era stato preso a mal partito da un “rifugiato” venezuelano, che lo aveva accusato di xenofobia: per aver dichiarato che in Perù non mancano di certo i poveri, i senza casa e i malnutriti a cui prestare attenzione, prima di dedicarsi anima e corpo a chi sbarca nel paese con le scarpe di marca.


“Che si difendano da soli”, ha fatto in tempo a dire il candidato sindaco, senza poter argomentare neanche una delle sue poche e assai confuse idee sulla questione, e sul perché – allora – non si dovessero soccorrere anche “i negritos”.


“Come puoi reagire così? Quelle persone fuggono da una sanguinaria dittatura!”, ha abbaiato Leiva, spingendolo l'ex sindaco ad esprimere il suo giudizio sul presidente venezuelano.


I grandi media peruviani accusano Belmonte di essere “finanziato da Maduro” e, come d'abitudine, il socialismo bolivariano viene usato come spauracchio per tenere lontani gli elettori da un voto veramente alternativo al disastro provocato dai governi capitalisti.


Anche a Lima come negli altri paesi neoliberisti dell'America Latina, la vicenda dei “profughi” venezuelani ha almeno due obiettivi: distrarre le classi popolari dai problemi interni, dalle devastanti politiche imposte dai governi del cosiddetto “gruppo di Lima”, e stringere il cerchio – anche militare - intorno al Venezuela.


Per chi volesse accedere a fonti dirette, basta visionare in rete i programmi della succitata Atv, non certo la sola a diffondere una vergognosa propaganda contro il governo bolivariano. Alle trasmissioni vengono invitate schiere di lacrimosi e laccati fuoriusciti che raccontano storie di “torture” e di miseria e decantano le meraviglie dell'accoglienza peruviana, colombiana o brasiliana. Un parterre di prezzolati, che trasuda menzogne da ogni gesto. C'è naturalmente l'imprenditore, c'è l'oppositore “torturato”, c'è il giovane professionista che vanta il suo curriculum dimenticando che ha studiato gratis grazie alla rivoluzione bolivariana, e c'è l'immancabile soubrette in cerca di palcoscenico.


Un modello che da tempo vediamo dilagare anche in Italia, da ultimo nella persona di una tal signorina Rodriguez “modella e showgirl”. Dopo aver mostrato le sue doti posando per il calendario allegato a For Men, tra una comparsata e un'altra, ha deciso di dimostrare che ha “anche le palle oltre alle tette”. E così, eccola trasformata in “giornalista” nel programma tv delle Iene, trasmesso “dall'inferno venezuelano”, dove la famiglia di Rodriguez vive tranquilla, e a quanto pare piuttosto indispettita per le sortite della figliola, essendo in maggioranza chavista. Nella politica-spettacolo, va bene tutto.


Chi farebbe entrare un immigrato senza passaporto? Nessuno, di certo, in Europa, e tanto meno con l'aria che tira. Chi è disposto a erogare fondi per aiutare i migranti? Ben pochi. Tanto meno Trump, che preferisce spenderli per costruire muri anche se non bada a spese quando si tratta di finanziare i “diritti umani” a Cuba, in Venezuela, in Nicaragua o in Bolivia.


In Italia, si bloccano i migranti in mare, eppure, da destra come dal “centro-sinistra”, ci s'indigna per “l'emergenza umanitaria” provocata dal flusso di migranti venezuelani alle frontiere. Si considera normale che entrino senza passaporto, e persino al di fuori delle norme previste dalla Comunità Andina. Si considera normale che in paesi come il Perù, dove il traffico di minori è una piaga riconosciuta, entrino bambini senza documenti.


A chiederlo sono ong finanziate da Washington e dirette da personaggi di opposizione in fuga dal proprio paese. A dirigere la ong Union Venezolana in Perù, c'è per l'appunto il ricercato Oscar Pérez. Gli dà una mano anche la Plataforma Somos Diaspora, che fornisce la sua parte di spazzatura per alimentare i media occidentali.


“Il ritorno dei venezuelani è parte di uno show ben orchestrato da Nicolas Maduro”, ha dichiarato Oscar Pérez. Si riferiva al ritorno in patria di oltre un centinaio di venezuelani, prevalentemente di classe media, che il governo bolivariano ha riportato in Venezuela con un apposito aereo. Persone che ne hanno avuto abbastanza del “sogno capitalista”, e che hanno dichiarato di essere state abbagliate dalla propaganda, per poi ritrovarsi in un paese in cui i diritti del lavoro vengono calpestati e dove si fatica dal mattino alla sera per pochi dollari.


La realtà che si vive nei paesi capitalisti, dove la questione dei migranti viene agitata per nascondere il fallimento di un modello che rapina e distrugge per il profitto di pochi. Un modello fallito in entrambe le sue ricette, sia in salsa conservatrice che in salsa liberal. Un modello che, dopo la crisi del 2008 – una crisi non solo finanziaria, ma sistemica – mostra la lotta tra squali dei vari settori capitalisti di fronte al fallimento.


In Italia, una sinistra disincarnata e subalterna al grande capitale internazionale, non ha saputo approfittare della crisi, preferendo compiere prodezze per salvare il denaro dei banchieri. Ha lasciato così covare pulsioni primarie, cavalcate dalla destra xenofoba, e favorito l'insorgere di proteste corporative senza direzione di classe, ora sedute in un governo che non mette in discussione niente di sostanziale. Da allora a oggi, continua a essere come nel gioco delle tre carte, in cui a vincere è sempre lo stesso: il possessore del mazzo.


Ora, quello stesso campo liberal di ispirazione “obamista”, che fugge come la peste la lotta di classe e che ha portato al fallimento, cerca di cavalcare un fronte contro la xenofobia: in nome della difesa dei “diritti civili”, e del buonismo verso i migranti. Da una parte il tentativo xenofobo di “legalizzare il fascismo”, dall'altro quello di legalizzare l'ipocrisia?


La crisi di un capitalismo non riformabile si evidenzia nella crisi profonda della democrazia borghese: che è rappresentativa solo di nome e verticale nei fatti, pronta a disattendere le decisioni del “popolo sovrano” quando vanno contro gli interessi del “sistema”.


In Venezuela, la crisi della democrazia rappresentativa - che ha governato il paese per quarant'anni -, ha prodotto la vittoria di Hugo Chavez: ovvero quella di un'alleanza bolivariana che, rivendicando con forza il socialismo, ha messo fortemente in causa i rapporti di proprietà. Un punto inaggirabile per tornare a esercitare egemonia.

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