Migrazioni. Per un dibattito oltre la "destra xenofoba" e la "sinistra neo-liberal"
Da un articolo del NYT sulle migrazioni: dubbi, perplessità e riflessioni eterodosse per l’apertura di un dibattito serio sul tema delle migrazioni
di Enzo Brandi
Roma, 4 gennaio 2025
Un caro amico con cui ho condiviso lotte passate mi ha inviato un articolo del NYT (noto giornale “liberal”) a firma di Lydia Polgreen, in cui si analizza il moderno fenomeno delle migrazioni dandone sostanzialmente un giudizio molto positivo e considerandolo un fenomeno necessario.
In realtà, leggendolo, mi sono venuti in mente molti dubbi e perplessità e la convinzione che questo fenomeno vada affrontato con obiettività senza cadere nella retorica e nella demagogia né della “destra” xenofoba, né della “sinistra neo-liberale” paladina a chiacchiere dei “diritti umani”, e nemmeno di quella presunta “estrema sinistra” (alla Casarini, tanto per intenderci) che organizza ONG e si fa finanziare i suoi interventi in mare.
Respingendo ovviamente qualsiasi demagogia razzista e qualsiasi tentativo di deportazione “spettacolare” dei migranti in Messico, Albania o Rwanda, mi chiedo però cosa ci sia di tanto “progressista” nel fatto che milioni di persone provenienti dai paesi “poveri”- affidandosi a loschi trafficanti e correndo enormi pericoli - vengano sostanzialmente ad implorare di poter essere sfruttati nei paesi “ricchi” neo-colonialisti ed imperialisti. Non è in sostanza un moderno commercio di schiavi favorito anche dal falso mito dell’Occidente paese di Bengodi?
La “sinistra neo liberale” (o come la chiama la nuova leader della sinistra tedesca Sarah Wagenknecht, “sinistra alla moda”) - dopo aver abbandonato sostanzialmente la lotta per la giustizia sociale, la pace e la liberazione dei popoli oppressi sostituendola con la retorica dei “diritti umani” a favore di migranti, minoranze, di persone presunte “gender fluid”, ecc. - considera l’accoglienza indiscriminata come un dovere morale non accorgendosi della sottile vena neo-colonialista di questo atteggiamento nascosta sotto il velo “umanitarista”. Ovvero, noi siamo i ricchi e i padroni buoni che accolgono, paternalisticamente, i poveracci imploranti. L’altro aspetto del fenomeno che viene spesso sottolineato è che noi abbiamo bisogno di nuovi apporti demografici perché siamo una popolazione “vecchia” e c’è sempre bisogno di carne fresca (per lo sviluppo del nostro capitalismo). Quelli che muoiono per strada, o che sono schiavizzati, o che restano emarginati in sacche di delinquenza o mendicità sono un danno collaterale.
Per quanto riguarda gli immigrati più qualificati (ad esempio i medici siriani che lo stato laico siriano ha fatto studiare in passato gratuitamente con grandi spese), o comunque persone con maggiori capacità lavorative, venendo qui non indeboliscono forse le capacità di sviluppo autonomo ed indipendente dei loro paesi mettendosi al servizio dei “ricchi”? Francamente apprezzo di più quegli Africani o Medio-orientali che restano a combattere per la loro terra, come quei Congolesi che hanno dato l’assalto alle ambasciate dei paesi occidentali che hanno mosso loro una guerra per procura dal Rwanda, o i Palestinesi che tornano ostinatamente alle loro case distrutte invece di accettare trasferimenti in altri luoghi.
Un altro discorso che viene fatto giustamente è quello che molte volte i migranti si muovono da paesi in guerra o oppressi da feroci sfruttamenti neo-coloniali. In questo caso però il discorso da fare è a monte dell’intervento “umanitario”. I veri democratici occidentali dovrebbero opporsi con più determinazione a quelle guerre e colpi di stato (in Siria, in Libia, Iraq, Sudan, Congo, Costa d’Avorio, ecc.) che hanno spesso portato all’imposizione di governi fantoccio di comodo, protetti sia da governi occidentali sia di “destra” che di “sinistra” (come ad esempio il governo di Tripoli di cui fa parte il criminale Al Masri). Ci si dovrebbe battere per la fine dello sfruttamento neo-coloniale, come ad esempio quello esercitato dalla Francia in Africa Occidentale, per rapporti paritari tra stati che favoriscano lo sviluppo, e per percorsi di accoglienza non demagogici, e dimensionati su decisioni che obbediscano a visioni equilibrate e razionali che tengano conto di tutti gli aspetti e dei diversi interessi.
Infatti, per quanto riguarda i lavoratori dei paesi ricchi, è forse strano che molti ormai votino a “destra” anche per il pericolo di vedersi ridotti salari e diritti a causa della presenza di questa massa di manovra che Marx chiamava “esercito industriale di riserva” disponibile ad accontentarsi di salari minimi. spesso in nero, e di condizioni di vita precarie? In realtà le avanzate e i successi del Front National in Francia, delle destre in Italia, e la prossima prevista avanzata del partito di estrema destra AFD nelle prossime elezioni tedesche non prefigurano un vero pericolo fascista -come tende a sottolineare la “sinistra neo-liberal”- ma piuttosto indicano una profonda frustrazione e incazzatura da parte di settori popolari di proletari e classi medio-basse (che una volta votavano a sinistra) per la mancanza di strategia, ed anche di buon senso, da parte della presunta “sinistra” politica.
Con queste considerazioni - che certamente incontreranno anche molte critiche e pareri opposti - chiudo invitando tutti i sinceri democratici ad aprire un dibattito serio e non strumentale su questi importanti argomenti.